«Meglio la public company» Parla Cassietti: l'Ina privata non spaventa noi di Assitalia

«Meglio la public company» «Meglio la public company» Parla Cassietti: l'Ina privata non spaventa noi diAssitalia Pierluigi CassiTORINO. «Public company: per me è questa la soluzione preferibile. Una privatizzazione dell'Ina, la nostra controllante, mediante una larga diffusione delle azioni sul mercato borsistico e la partecipazione incentivata dei dipendenti, degli agenti e degli assicurati sarebbe la formula migliore». Pierluigi Cassietti, presidente dell'Assitalia - la compagnia d'assicurazioni controllata dall'Ina e specializzata nei rami danni - è alla guida di una società ad azionariato diffuso poiché, se il 50% è saldamente nelle mani dell'Ina, la minoranza appartiene a ben 45 mila piccoli azionisti. Ed ora che, con il nuovo piano governativo per le privatizzazioni, la vendita dell'Ina ai privati sembra uscire dal mondo delle pure ipotesi e diventare un obiettivo raggiungibile, ha pieno titolo per valutare le conseguenze che questo passo senza precedenti potrà avere sull'intero gruppo. Perché, secondo lei, la public company è meglio? «Adottare anche per l'Ina la formula della "public company" coinvolgendo dipendenti, agenti e assicurati accrescerebbe la comunanza di interessi ed il consenso nella gestione e nei rapporti, con prospettive di performance positive in termini di produttività e di redditività». Ma quali cambiamenti com: porterà, per l'Assitalia, il ritrovarsi controllata da un gruppo anch'esso privato? «Assitalia è sempre stata una società di diritto privato e da anni è anche quotata in Borsa. La metà del capitale, a tutt'oggi, azioni è posseduto dall'Ina, ma gli azionisti privati sono oltre 45 mila: siamo abituati, insomma, ad agire nel mondo privato, in ottica privatistica». Ma l'Ina potrebbe rivedere le sue strategie sulle proprie controllate, per esempio vendere Assitalia... «Dopo la privatizzazione sarà certamente l'Ina Spa a decidere se vendere in parte il suo pacchetto azionario Assitalia. Ma ritengo che in questa decisione peserà comunque l'opportunità di salvaguardare il sinergismo che esiste tra il settore vita ed il settore danni». Il vostro gruppo opera nel ramo-danni, oggi senz'altro il più difficile: com'è andato il 1992? «E' proseguita la notevole crescita degli ultimi anni raggiungendo nel lavoro diretto italiano i 2500 miliardi di premi, con un incremento sul 1991 attorno al 17%. Ancora più importante, a mio giudizio, è l'ottenuto miglioramento di due punti e mezzo nel ti rapporto sinistri a premi di esercizio che, come è noto, è attualmente la nota dolente di tutte le compagnie di assicurazione. Crescita notevole, superiore alla media, e constestuale miglioramento del rapporto sinistri a premi sono risultati in positiva controtendenza rispetto alle medie del mercato». E il risultato d'esercizio? «Non posso anticipare nulla di preciso, ma il risultato sarà soddisfacente, tenuto conto della eccezionalità del momento attraversato dal nostro sistema economico. E i primi dati del 1993 consentono di prevedere una positiva conferma del buon andamento». Allora la riforma della re auto non era poi così indispensabile: altrimenti, come fareste ad andare così bene? «Invece no, la riforma è più che mai necessaria: è urgente. Serve una normativa chiara e ben definita che determini una maggiore equità negli oneri derivanti dalla gestione di questo fondamentale comparto del mercato assicurativo, consentendo alle compagnie di far pagare a ciascun assicurato solo il giusto premio e di poter operare responsabilmente senza timori per la propria stabilità patrimoniale». Già: ma quali devono essere i criteri guida per questa travagliatissima riforma? «Il passaggio dal regime a tariffa amministrata, vigente in Italia dall'introduzione dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità dei veicoli a motore, a quello a tariffa libera, ormai vigente nel resto d'Europa, ha sinora incontrato varie difficoltà di percorso legislativo. Attualmente solo i cosiddetti «grandi rischi» sono sottoposti anche in Italia al regime della libertà tariffaria, mentre i cosiddetti «rischi di massa», cioè quelli che riguardano la generalità dei cittadini, lo saranno con il 1° luglio 1994 quando entrerà in vigore la direttiva europea 92/49. Il mutamento di regime tariffario, che non è solo imposto dalla normativa europea, ma è necessario perché il settore Rea rientri in equilibrio tecnico, deve avvenire nel rispetto dei diritti degli assicurati attraverso una più corretta personalizzazione della tariffa, utilizzando nuovi dati che determinino con maggior precisione i diversi livelli di rischiosità connessi alla utilizzazione dei singoli veicoli e valorizzino le caratteristiche individuali dell'assicurato/proprietario e possibilmente del conducente». Sergio Luciano Pierluigi Cassietti

Persone citate: Cassietti, Pierluigi Cassietti, Public, Sergio Luciano

Luoghi citati: Europa, Italia