Bacon, pittura e percosse

Sta per uscire a Londra una scabrosa biografia scritta dall'amico Daniel Farson, ed è già scandalo Sta per uscire a Londra una scabrosa biografia scritta dall'amico Daniel Farson, ed è già scandalo Bacon, pittura e percosse Vita maledetta fra arte e delinquenti Adorava essere picchiato Era di casa nei quartieri malfamati PLONDRA ESTO e dolente, Francis Bacon si trascinava per le stradicciole dell'angiporto 1 di Tangeri. Come d'abitudine, era andato a cercar grane nella casbah, dove i suoi amati furfanti gli avevano somministrato una feroce dose di legnate. Quei lividi gli macchiavano troppo spesso la pelle e finirono per muovere a compassione il console britannico, che intervenne presso il capo della polizia. Si sentì rispondere, con imbarazzo: «Ma il pittore adora essere picchiato!». E' uno dei tanti aneddoti che punteggiano il nuovo libro di Daniel Farson, amico intimo dell'artista per quarant'anni, che Century pubblicherà in Inghilterra alla fine di aprile. «Francis Bacon: vita dorata sul bordo della strada» è già stato marchiato a fuoco da almeno un paio degli altri cinque biografi scatenati a spartirsi le spoglie del pittore: lo hanno definito sensazionalista, scandaloso, guardone. «Non si mettono i giganti in candeggina», replica Farson. E poi perché tacere, quando lo stesso Bacon non aveva mai fatto mistero della propria omosessualità, al tempo in cui era ancora perseguibile per legge? «Mi aveva chiesto di non scrivere di lui finché era in vita - spiega - ma non gliene importava un accidente di quello che sarebbe stato detto dopo la sua morte». Il mistero del masochismo di Bacon si nascondeva nella sua infanzia tormentata. «Perversamente, benché non si amassero affatto, trovava suo padre sessualmente attraente», scrive Farson. L'austero genitore lo scaraventò a calci fuori di casa quando lo scoprì abbigliato coi vestiti della madre. Raggiunto il successo, il pittore dichiarava che papà lo faceva «regolarmente e malvagiamente frustare dai suoi stallieri irlandesi»: era una fantasia, ma la dice lunga sui traumi del piccolo Francis. Amò le percosse, con passione. Una volta rivelò ad Alien Ginsberg, poeta simbolo della beat generation, che a Tangeri aveva accettato di partecipare a un atroce gioco d'azzardo: per ogni frustata a sangue, riceveva una manciata di soldi in più dai suoi torturatori. «Quando sarò morto, mettimi in un sacco di plastica e buttami lungo il bordo della strada»: così Bacon esortava l'amico Daniel Farson. E in effetti, lungo il marciapiede pericoloso dell'esistenza ci viveva: lo si poteva trovare tanto lì quanto all'Hotel Ritz: ed era di casa da ambo le parti. Al Ritz londinese andava a cenare per davvero, sebbene, giovane e povero in canna, non avesse neanche i soldi per pagarsi la camera. «Aveva trovato un lavoretto come "gentiluomo di compagnia" e si era dato il nomignolo di Piedeleggero, dal sopranno- me della sua adorata nanny. Fu licenziato in tronco quando il padrone lo sorprese a mangiare al tavolo accanto, una delle sue sere libere». Il successo lo fulminò nel 1962: «Mi portò a spasso per la sua prima grande mostra alla Tate Gallery - rievoca Farson - e sapeva di avere raggiunto un risultato formidabile». Bacon era stato coinvolto all'ultimo momento e benché il suo «amico più intimo» stesse malissimo a Tangeri, aveva dovuto posticipare il viaggio. Alla vernice, tra un tele- gramma di congratulazioni e l'altro, ricevette il più temuto: il suo adorato era morto quella notte stessa. Quella tragedia lo scosse violentemente all'acme del trionfo. Dieci anni dopo avrebbe dovuto subirne un'altra. La maestosa retrospettiva di Bacon al Grand Palais si sarebbe aperta di lì a poco. Il pittore assaporava i fasti parigini in compagnia di George Dyer, suo amante e modello, «un difficile ma amabile piccolo criminale che aveva combinato un sacco di guai». Ma il tempestoso amico di Bacon si suicidò qualche ora prima dell'inaugurazione. Devastato, «Francis non si curò più né della fama né dei soldi». Viaggiava coi mezzi pubblici e viveva in una casetta che pareva sempre ancora da arredare. Disprezzava la celebrità e gli onori, «cordone che ci separa dall'esistenza». Quando Daniel gli chiese se gli faceva piacere aver influenzato tanto la pittura di questo secolo, gli rispose: «Piantala di dire scemenze». Conservò fino alla fine un robusto senso dell'umorismo. Era particolarmente spassoso nel raccontare \e proprie avventuro coi ragazzi di vita rimorchiati in giro. A Parigi si portò a casa un marocchino. A scanso di furti, nascose sotto il tappeto il proprio costoso orologio. Quando quel compagno di una notte se ne fu andato, Bacon scese dal letto con un balzo euforico. L'o¬ rologio gli si frantumò sotto i piedi. La vecchiaia placò un poco i suoi vagabondaggi urbani, ma non gli appetiti per i bei ragazzi mori: a ottant'anni si invaghì di un giovane spagnolo ed ebbe con lui un'appassionata relazione. L'irriverenza verso l'autorità solleticava in Bacon il gusto delle birichinate. Deliziato, raccontò a Farson che Margaret Thatcher aveva detto di lui: «Quell'uomo terribile che dipinge quegli orrendi quadri!». L'amico, mosso da zelo, verificò di persona. La signora di ferro rispose: «Non ricordo assolutamente di avere mai detto una cosa del genere su Francis Bacon. Sono una grande ammiratrice delle sue opere». Ci sono cento verità su Francis Bacon, ammette l'autore. E nel primo anniversario della morte, diventano oggetto di pubblica contesa. Andrew Sinclair, che pubblicherà la sua biografia in settembre, denigra il libro di Farson: «Soltanto il mio volume - ha detto al Sunday Times - è un lavoro di qualità». «Ah sì? - replica il rivale - Io ho intervistato tutti i conoscenti di Bacon, Sinclair quasi nessuno. E Francis lo detestava». I litiganti arricciano concordi il naso davanti alla terza «Vita di Bacon», che Paul Bailey, biografo di professione, pubblicherà nel '96: «Costui non ha mai conosciuto Francis», protestano. Un quarto scrittore, Michael Peppiatt, assicura che sta scrivendo con la collaborazione degli esecutori testamentari dell'artista. «Sciocchezze», commenta Bailey. Sono in pista anche Bruce Bernard (il cui libro è congelato da tre anni perché Bacon ci ripensò e gli proibì di pubblicarlo), e uno studioso canadese,. Barry Joule, che dice di vantare una lunga amicizia con il pittore. Quale parte di Bacon è quella giusta? «Non era l'uomo più grande che io abbia conosciuto è l'epitaffio di Daniel Farson -. Ma era senz'altro il più incredibile» Maria Chiara Bonazzi L'autore ha battuto in volata altri cinque scrittori che sono al lavoro sulla storia del maestro: furiose accuse di sensazionalismo II «Pope II», particolare, del 1951 A sinistra particolare del «ritratto di Isabel Rawsthorne» Sopra, Bacon nel suo studio di Londra. A chi gli ricordava di avere influenzato molto la pittura di questo secolo, rispondeva: «Piantala di dire scemenze»

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