Greta Garbo prigioniera nel deserto di Mario Ciriello

Greta Garbo prigioniera nel deserto All'asta a Londra le lettere scritte in 40 anni dalla «divina». Rivelano una donna cupa e infelice Greta Garbo prigioniera nel deserto Forzata della solitudine: «Non ho desideri, non viene un'anima a trovarmi» LONDRA ERCO' solitudine, per tutta la vita, la bramava, la implorava, la esigeva. Non è certo un miquesto anelito di Greta stero, Garbo, "la cui frase «I want to be alone», voglio restare sola, pronunciata con la sua voce profonda e la sua cadenza scandinava, divenne col tempo il motto dell'attrice: uno slogan, quasi, ripetuto con ironia dai comici sulle scene e sugli schermi d'America e d'Inghilterra. Ma che cosa trovava la «divina» in questo eremitaggio tenacemente difeso? Forse la felicità, la serenità? No, tutt'al- tro. Aveva innalzato un muro che la proteggeva dal mondo, ma dietro quel muro non splendeva il sole. Il cielo era triste e cupo, non c'era pace per Greta Garbo. E' questo il deprimente ritratto che emerge dalle lettere scritte dalla «divina» tra il 1932 e il 1973, ben quarantanni, quasi 120 pagine che Sotheby's metterà all'asta a Londra 18 giugno e che, preannunciano gli esperti, saranno vendute per circa 30 mila sterline, 70 milioni di lire. Sono lettere a amici cari e fidati, soprattutto all'attrice tedesca Salka Viertel, madre dello scrittore Peter Viertel, marito della star inglese Deborah Kerr. Salka Viertel, morta nel 1978 a 89 anni, viveva a Hollywood e, incoraggiata da Ernst Lubitsch, collaborò alla sceneggiatura di vari film di Greta Garbo, fra i quali La regina Cristina (1933), Anna Karenina (1935), Maria Walewska (1937). La corrispondenza è stata catalogata e analizzata da Peter Beai, un bibliofilo, che ieri ne ha così compendiato il leitmotiv. «Ci sono due temi quasi costanti, depressione e infelicità. Si ha l'impressione che Greta Garbo tentasse ogni giorno di trovare una ragion d'essere, di dare un qualche significato alla sua esistenza, ma che ogni suo sforzo restasse vano, sterile». Viaggiava incessantemente, viveva nel lusso, ma «ovunque fosse, non riusciva ad essere lieta». Greta Garbo è morta nell'aprile 1990, aveva 84 anni. Sette mesi dopo, in novembre, un'asta di quasi tutti i suoi beni nell'appartamento di New York fruttò circa 30 miliardi di lire. Sola, solissima dunque, ma infelice, spesso disperata. «Ho cercato rifugio nel deserto scriveva -. Ma ne sono ora prigioniera». Poi: «Vivo nel terro¬ re e nella tristezza più profonda...». Oppure: «Proprio coloro che più mi sono vicini, mi opprimono maggiormente». E' angosciata da mille paure: «Non ho amanti, ma tuttavia sono piena di problemi. Forse, ho trattato male il mio povero corpo». Era ricchissima, poteva avere tutto - già negli Anni Venti riceveva 250 mila dollari per film - ma era smarrita, sgomenta, non sapeva come passare il tempo. Scriveva: «Mi dò da fare nel mio appartamento di New York, ma non so perché. Non viene un'anima a trovarmi». Col passare degli anni tale è la sua misantropia che si muove soltanto di appartamento in appartamento. «Morirei se dovessi mettere piede in un albergo». Una delle ultime lettere, nel '73, è rivelatrice: «Sono sempre stanca. Chissà, forse è l'effetto di questa mia vita così monotona, della mia assenza di desideri». Greta Garbo viveva in un gelido esilio che lei stessa s'era imposto, un esilio che divenne sempre più crudele. Alla fine, reclusa nella sua fastosa «prigione» sulla 52a Strada Est a Manhattan, cercava conforto nell'alcol, nel fumo e nei ricordi. Mario Ciriello Greta Garbo in una scena di «La regina Cristina», alla cui sceneggiatura collaborò Salka Vietici, destinataria di molte lettere della divina

Luoghi citati: America, Hollywood, Inghilterra, Londra, Manhattan, New York