«Noi, le vittime dei boss» di Fulvio Milone

«Noi, le vittime dei boss» «Noi, le vittime dei boss» Gava, Vito e Pomicino in coro «Quel camorrista dice il falso» NAPOLI. Il day after della de napoletana si consuma in un Venerdì Santo assolato e pigro: sarà per l'incombente clima festivo, o più probabilmente perché la città è abituata ad assorbire tragedie e scandali politici. Parlano solo loro, le vittime della «bomba Galasso», i 5 politici che il pentito della camorra dipinge còme complici e soci in affari di una delle holding criminali più potenti d'Italia, quella del boss Carmine Alfieri. Gava. L'ex ministro dell'Interno, indicato' nell'autorizzazione a procedere come «il principale ma non unico referente attivo della camorra nolana e vesuviana», non se la prende tanto con i giudici, quanto con i giornali. «Ho esaminato le motivazioni della richiesta - dice - e attendo di controbattere punto per punto, nelle sedi opportune, le dichiarazioni false di Galasso, che non ho mai conosciuto. Prendo atto che la stessa magistratura qualifica come mere ipotesi quelle avanzate da Galasso: sono accuse basate sul nulla. Ma devo purtroppo constatare che parte della stampa ha fornito un'informazione distorta e scorretta». Che colpa hanno i giornali? «Mi attribuiscono con tracotanza e gratuita sicurezza qualifiche infamanti che non trovano alcuna ragione nei documenti che, ripeto, affacciano solo delle ipotesi». Imbestialito per i titoli in prima pagina, Antonio Gava rincara la dose: «Le dichiarazioni di Pasquale Galasso sono state assemblate in modo distorto per dare supporto al tentativo di colpire chi, per impegno personale e come esponente della de, ha sempre combattuto la mafia e la camorra». Pomicino. Galasso dice di averlo incontrato all'alba nella stazione' ferroviaria di Mergellina a Napoli, e di avergli presentato il boss Carmine Alfieri. L'ex ministro del Bilancio azzarda una battuta: «E' pura follia pensare che io possa alzarmi dal letto alle 5,45 del mattino. Non l'ho fatto neanche quando ero neurochirurgo». Ma poi sL fa serio, e la sua voce assume un tono preoccupato mentre, attraverso il cellulare, assicura che «quelle carte sono allucinanti, un castello di farneticazioni che non tengono neanche conto della mia posizione nel partito all'epoca dei fatti di cui parla Galasso». Proviamo a tradurre: se il pentito dice che il punto di riferimento politico del clan Alfieri era Gava, che c'entro io che sono da sempre andreottiano? Meo. Nella richiesta di autorizzazione a procedere per associazione mafiosa c'è il testo integrale di una conversazione telefonica intercettata fra il senatore Vincenzo Meo e il boss Carmine Alfieri. «Secondo Galasso - scrivono i magistrati - Meo giunge a richiedere ad Alfieri di organizzare un finto attentato contro il proprio studio professionale». Ma il «colonnello» di Antonio Gava nega tutto, e grida al complotto: «Questa storia è frutto di un perverso gioco politico. Molte delle cose scritte sono parte di un dossier preparato dal pds del Comune di Nola (il paese natale di Alfieri, ndr), ripreso in un'interrogazione del deputato della Rete Gambale». Vito. Di Alfredo Vito, il deputato gavianeo che davanti ai giudici di Tangentopoli non ha esitato ad accusare di corruzione se stesso e mezza de, il pentito Galasso offre una descrizione inquietante: «La cosa che mi fece quasi ridere fu che, sentendo i discorsi che venivano fatti dal futuro parlamentare, udii Vito parlare di lotta alla camorra. Sapevo che di lì a poco lo avrei incontrato, pur essendo latitante». Ma l'onorevole non ci sta, e puntualizza: «L'accusa nei miei confronti riguarda la raccolta dei voti, ma posso dimostrare che nei centri dove la malavita è più fòrte non sono stato certo il primo degli eletti. Nel Comune di Poggiomarino, dove Galasso dice di avermi procurato oltre mille voti, ho ottenuto solo 488 preferenze». Il pentito della camorra, però, ha parlato anche di un intervento del deputato presso giudici «amici». «Mi sento lontanissimo da quest'accusa, e confido nella magistratura», è la secca replica di Vito. Mastrantuono. Raffaele Mastrantuono è l'unico deputato socialista coinvolto in questa brutta storia di tangenti, voti, politica e malavita. Secondo Pasquale Galasso, l'ex vice presidente della commissione Giustizia della Ca mera chiese un appoggio elettore le al clan in cambio di pesanti interventi sulla magistratura che si occupava di Alfieri e dei suoi uomini. Questa circostanza è stata confermata ufficialmente da due giudici. Mastrantuono si difende attaccando e preannuncia «rivela zioni clamorose»: «Convocherò una conferenza stampa dopo aver consultato il mio avvocato». Fulvio Milone Paolo Cirino Pomicino

Luoghi citati: Comune Di Nola, Comune Di Poggiomarino, Italia, Napoli, Vito