La seconda vita di Renato Curcio di Giovanni Bianconi

L'ex br alla cooperativa editoriale: «Mi occuperò di razzismo e voglio spiegare ai ragazzi cosa fu il terrorismo» L'ex br alla cooperativa editoriale: «Mi occuperò di razzismo e voglio spiegare ai ragazzi cosa fu il terrorismo» La seconda vita di Renalo Curdo Tra lavoro, solidarietà e affetti ritrovati ROMA. Non dorme da due notti, Renato Curdo. L'altra sera è rientrato in cella alle 22, ma non è riuscito a chiudere occhio per la tensione accumulata nel primo giorno fuori dal carcere e dentro l'assedio di giornalisti, fotografi e telecamere. Anche la notte precedente non aveva dormito per l'emozione, e adesso è qui - sveglio ma ancora frastornato - sul posto di lavoro, finalmente lontano da flash e riflettori. Sul suo tavolo un'agenda che continua a riempirsi ogni minuto che passa, le lettere che arrivano senza sosta, le bozze di un libro che la cooperativa editoriale diretta da Curcio pubblicherà nei prossimi giorni. Su un'altra scrivania il computer Macintosh che s'è portato da Rebibbia; lì dentro c'è tutta la vita del fondatore delle Brigate rosse vissuta dietro le sbarre: corrispondenza, scritti pubblici e privati, ricerche, appunti, archivi. «Oggi è davvero il primo giorno, si comincia», dice Curcio con gli occhiali a mezza luna che gli scivolano sul naso. Anche stamane sono andati a prenderlo in carcere, è arrivato a Testaccio con un po' d'anticipo e prima di salire in ufficio s'è concesso un giro per il mercato. Per un attimo gli odori e i rumori del rione hanno avuto il sopravvento, ci sono voluti la sosta al bar ed un caffè per vincere il frastuono e l'emozione a cui l'ex brigatista non è ancora abituato. Adesso, nella stanza luminosa e arredata con qualche pianta, va molto meglio. Gli amici vengono in pellegrinaggio, il telefono squilla in continuazione. Anche questa è un'abitudine da riprendere; finora i rapporti con l'esterno di Renato Curcio erano soprattutto di carta, adesso è tornato il tempo del dialogo diretto. «Ma non posso smettere di scrivere lettere - dice l'ex brigatista -, c'è gente che aspetta e che non posso deludere». Nel computer di Curcio sono immagazzinati circa seicento indirizzi, e con trecento di questi il fondatore delle Br ha una corrispondenza regolare. In molti casi si tratta di persone disperate: «Devo rispondere a due malati di Aids in fase terminale e ad una ragazza che sta morendo di eroina, che si buca da quando aveva 13 anni. Per molte di queste persone sono rimasto l'unico contatto con il mondo». Una delle ultime lettere è di un carcerato rinchiuso in cella da 18 anni, che ha scritto 300 pagine di memorie e chiede a Curcio se possono interessare per la pubblicazione. «Il fatto è - spiega il fondatore delle Br nei panni dell'editore che ci troviamo a dover rallentare l'attività per gestirla bene. Siamo una piccolissima casa editrice e dobbiamo organizzarci per raccogliere i frutti del nostro lavoro». Il prossimo libro sarà la «Critica del giudizio psichiatrico», scritto dal professor Giorgio Antonucci; un altro progetto riguarda le storie dei figli degli immigrati extracomunitari, bambini che frequentano le scuole italiane con tutti i problemi che ne derivano. «La questione del razzismo nasce lì - dice Curcio -, bisogna approfondire e analizzare. Mi hanno raccontato la storia di un bambino che vorrebbe diventare bianco, una vicenda straordinaria». Ci sono anche molti «negri» fra coloro che scrivono al fondatore delle Br; e poi ragazzi che non hanno ancora 18 anni, spuntati dal nulla dopo il video realizzato da Curcio con il cantautore Francesco Baccini: «Raccontano che sono nati quando io ero già in carcere, chiedono che gli parli della nostra storia. Dicono che a scuola l'argomento non viene affrontato, e in casa i genitori ex sessantottini preferiscono sorvolare». Ma fuori da questa stanza non ci sono solo quei ragazzi, il pescivendolo del mercato che ha accolto Curcio con grande cordialità o il commerciante che gli grida: «Comprati un paio di scarpe nuove, che devi camminare molto!». C'è Gallinari che chiede una sospensione temporanea della pena per potersi curare fuori dal carcere e c'è l'eco delle polemiche per questa semilibertà tanto sospirata ma an¬ che tanto discussa, sollevate dai parenti delle vittime, giornali e forze politiche. Protestano per il clamore del giorno prima, del quale in venta Curcio stesso avrebbe fatto volentieri a meno. Lui si stringe nelle spalle e rimanda a quello che ha già detto: «Rispetto le opinioni e il dolore di tutti, ma io sono qui perché esistono delle leggi. Che altro devo dire?». Al telefono si susseguono le richieste di interviste, ma la maggior parte degli inviti vengono gentilmente declinati. Arriva il direttore del Giorno Liguori, l'amico Vincenzo Sparagna, il gior- nalista Scialoja che ha curato il libro-intervista appena uscito sulla storia del fondatore delle Br. Il lavoro di Curcio deve aspettare ancora, dalla strada sale una signora del quartiere che offre una pianta in segno di benvenuto. Ed ecco Paola Cecchi, l'amica di Firenze che da qualche anno è «l'istitutrice legale» del fondatore dell'ex brigatista: un bacio e la richiesta di un po' di tempo per loro due. «Ieri non sono venuta per scaramanzia - dice la donna -, oggi sono davvero felice». Giovanni Bianconi A fianco Renato Curcio nella casa editrice, sotto una sua immagine in tribunale, a fianco il suo ex compagno nelle file delle Br, Prospero Gallinari

Luoghi citati: Firenze, Roma