Il verdetto della satira condanna Marramao

Il verdetto della satira condanna Marramao Vignette e corsivi dalla parte della scrittrice che lo accusa Il verdetto della satira condanna Marramao ROMA. Era stato il solo quotidiano a non parlarne, eccezione in un coro di titoli in prima, aperture, commenti schierati un po' per lei un po' per lui, cronache del dice questo e dice quello. Ieri, dopo il silenzio, ha detto tutto in cinque righe il «Contro corrente» del Giornale di Indro Montanelli: «Accusato da una giovane scrittrice di averla sessualmente molestata, il filosofo marxista Giacomo Marramao ha risposto che si tratta di una "montatura". Ma non ci sembra una smentita». Essenziale, dubitativo. Una specie di epitaffio sulla tomba di una storia che adesso passerà in archivio fino alla prossima novità clamorosa, forse fino a) processo, se denuncia di lei e querela di lui arriveranno alla fine dell'iter. Ma la storia del professor Marramao-M'arrapao, come affettuosamente ironici lo chiamano gli amici di Capalbio, e della giovane scrittrice Angela Scarparo in archivio ci andrà con gli onori della satira. Ha incominciato Blob l'altra sera col gioco del Pomicino e pomicione, coi fotogrammi di «Cavalli si nasce» alternati alla faccia del filosofo, con gli equilibrismi verbali («dadaismo involontario» dice Ghezzi) di Emilio Fede «si chiama Scàrparo, no, Scàrpero». Ieri Ellekappa ha proseguito sull'Unità: «Per certi filosofi di sinistra il crollo del muro di Berlino è stato fatale. Insieme all'ideologia gli è morta anche la mano». E domani, non lunedì, perché a Pasquetta nessun giornale esce, arriva «Cuore». Il paginone centrale, quello delle inchieste, è dedicato a: «Le armi della critica, editori e intellettuali intervengono sul caso Marramao». Titolone: «Il volume non è tutto, conta anche la durata». Tra i pareri, ci sarà anche quello del Papa: «Dopo una recensione non si può abortire». Chi la satira la fa spiega che le «presunte molestie» del grande professore alla piccola scrittrice sono «acchiappabili» da ogni lato. Giannelli dice che soltanto il cognome Marramao suscita mille idee: viste poi le circostanze, non c'è accoppiata più felice. E perché non l'ha fat- ta quella vignetta, allora? «Perché il mio contratto con il Corriere prevede vignette per i commenti, per lo più di politica. Il filosofo non ha allungato le mani abbastanza da meritarsi un fondo». Lei, Giannelli, con chi si schiera, Scarparo o Marramao? «Difficile dire, non ho prove. Ma mi ricordo quel libro di Adele Grisenti, "Giù le mani". Credo che le molestie siano cosa frequentissima, e sommersa». E Vauro? Da che parte sta? «Dalla parte di Scarparo, però, conoscendo Marramao, con le spalle al muro. Dev'essere un vizio di quelli del pds: Serra con me ci prova sempre, e io non ho mai ceduto. Comunque sia, sì: credo a lei. Pare che sia brava, se se la fosse inventata sarebbe una pessima scrittrice». Dovendola raccontare, che disegna? «Non parto dal cognome, quello non è colpa sua. Parto dal fatto che si considera un pensatore, dal narcisismo, dalla conferma del potere, cosa penosa e squallida tipica di certi intellettuali che hanno sempre bisogno di alibi. I politici sono più spicci». Con Scarparo si schiera anche Enrico Ghezzi. Dice: «E' una mia inclinazione stare a priori dalla parte del più debole, e troppe volte mi è parso che più debole sia la donna. Anche se invece magari gioca - pausa ghezziana -. In effetti, "filosoficamente" si potrebbe/dovrebbe vedere bene chi tra quei due è più debole». [e. fer.l Da Vauro a Giannelli «Stiamo con lei» Paginone di Cuore sulle molestie Tra le battute «Il Papa: niente aborto dopo la recensione» A fianco la vignetta di Ellekappa sul caso Marramao-Scarparo apparsa sull'Unità, sotto il filosofo accusato di molestie sessuali dalla scrittrice

Luoghi citati: Berlino, Capalbio, Roma