«Operai, basta con l'anti-capitalismo» di Raffaella Silipo

«Operai basta con Ponti-capitalismo» Salvati suU'«Unità» indica il nuovo nemico della sinistra: i politicanti «Operai basta con Ponti-capitalismo» Garattini e Canfora: no, i princìpi non si rinnegano ROMA. «Quando riusciremo a capire che non ha senso un partito di sinistra tenuto insieme dal collante dell'anticapitalismo?» E' la domanda che si pone Michele Salvati sull'Unità, domanda che fa e farà discutere a lungo la malconcia sinistra italiana. Idea di fondo: per la sinistra si è aperta una difficile fase di ridefinizionc di obiettivi «e il conflitto destra-sinistra non è più equivalente al conflitto capitale-lavoro: nella sinistra del futuro ci saranno lavoratori e capitalisti, e così nella destra». Lavoratori, smettete di accanirvi contro gli imprenditori, incita Salvati: il nuovo nemico è il politico vecchia maniera. Un'idea rivoluzionaria? «Macché. E' vecchissima - commenta lo storico Luciano Canfora -, tipica del pensiero sociale cristiano. Posizione rispettabile ma assai poco legata alla realtà. Perché i rapporti di forza fra lavoratori e imprenditori, se sono cambiati, lo sono in peggio». Secondo Canfora «la sovranità di Parlamenti e Governi ha ceduto il passo all'oligarchia imprenditoriale internazionale, e dunque i veri potenti, sebbene anonimi e non eletti, sono proprio i grandi investitori». Non che Salvati ne sia inconsapevole, scrive infatti che «uno Stato nazionale di piccola-media grandezza non è più sovrano sulle principali scelte macroeconomiche». «Sì, è vero, ne è cosciente. Ma si rassegna alla situazione. Io no, anche perché siamo in un periodo di grandi movimenti storici e tutto può davvero cambiare. Prenda l'emigrazione: è il grande correttivo che darà una scossa al sistema. Bisogna farlo capire ai lavoratori, scoprire una nuova solidarietà con gli extraco- munitali. Altro che arrendersi alle misere meccaniche del profitto». E' critico anche il direttore del Tg3 Alessandro Curzi. Quello di Salvati «è uno scenario affascinante ma pericoloso. Siamo d'accordo, i nostri ideali dopo l'89 sono stati rimessi in discussione, abbiamo sbagliato per molti anni a dimenticare i dubbi. Ciò non vuol dire che ora si debbano dimenticare i principi: liquidare il pensiero di Marx in due colonnine è semplicistico, come è eccessivo ritenere il profitto e il mercato immutabili e imprescindibili. Al centro sono ancora i diritti dell'uomo». Secondo Salvati, il problema principale oggi in Italia è «quello di sconvolgere l'assetto dei vecchi partiti». Quindi sì a un'alleanza con Mario Segni o Aldo Fumagalli, presidente dei giovani imprenditori, che hanno questo stesso sco¬ po. «E' proprio qui - dice Curzi che Salvati inciampa: la sua analisi è strumentale a uno scopo di "piccola politica", spingere D pds nelle braccia di Segni. Un po' limitativo, .non le pare?». La proposta di Salvati, proprio nella sua limitatezza che «ha il pregio della concretezza» piace invece al filosofo Lucio Colletti, che ritiene fondamentale «porsi in un'ottica di economia di mercato e abbandonare i vecchi miti. Certo, il mercato ha pregi e difetti, vantaggi e svantaggi. Ma è reale, mentre il pensiero di tanta sinistra italiana si limita a un volontarismo astratto. E così per esempio Occhetto può chiedere "un governo senza licenziamenti" senza pensare alle disastrose conseguenze che l'assistenzialismo avrebbe sulla finanza pubblica. In questo, ahimé, affiancato da certo mondo cattolico, come Rosy Bindi». La nuova sinistra, secondo Colletti, deve accettare l'esistente e intervenire con riforme, «ma non lo farà mai». Paga il fatto di non aver mai avuto un'esperienza concreta di governo? «Macché. Pagano il fatto di non aver mai letto un libro dall'inizio alla fine». La scelta per il lavoro e i lavoratori «è imprescindibile» secondo l'on. Garavini di Rifondazione Comunista. «La posizione di Salvati è rispettabilissima, però definirla di sinistra mi pare ridicolo. E' liberale, e allora lo chiami con il suo nome». Dunque il nemico sono sempre i capitalisti, non i partiti? «Distinguere fra capitalisti e politici è assurdo. I manager Fiat sono in carcere con le stesse accuse di Craxi e Citaristi, o sbaglio?». Raffaella Silipo Giulio Garavini, di Rifondazione

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