«Caro Garzanti sto nel Pasticcione» di Bruno Quaranta

«Caro Garzanti sto nel Pasticcione» «Caro Garzanti sto nel Pasticcione» 11 faccia dare il Pasticciacrio, è un capolavoro», aveva m| suggerito Emilio Cecchi a I | Livio Garzanti all'inizio dehZj gli Anni 50. «Come mai non me l'ha consigliato prima?», aveva chiesto Garzanti al critico. «Non volevo met- reggiati, affaticati o delusi. La follia è ascrivibile, per me e per tutti, agli antenati o progenitori che l'hanno trasmessa e all'orrore di eventi che l'hanno secondata e portata al suo climax. Sarò molto lieto di poterla incontrare mentre Lei fosse ancora in travaglio per la Tesi, cioè in tempo a me utile per tentare medicazione o semplice inlinimento alle ferite inflitte al suo buon discernere e mi glior sentire dalle riprovevoli scritture di C.E.G.: gradito, se e quando possibile, un colloquio aperto con lei. Se qualche buon libro non mio Le riuscisse dono accetto o qualche pessimo e indubbia mente mio le sembrasse trista mente necessario alla Tesi, sarò contento nel primo e contrito nel secondo caso di porgere l'u no e l'altro. CE. Gadda deli. E di Roncalli: a cui devono la sopravvivenza gli ebrei bulgari». Disincantato come un verso di Solmi («Tutto m'è uguale, nulla ha più sapore»), Vigevani ammette che «è esaurita la stagione delle opinioni politiche. Fatta salva l'inimicizia per la dittatura e i fascisti. Versare una goccia di sangue che è una per un'idea politica è assurdo. La politica è, dev'essere, buona amministrazione, la qualità del buon padre di famiglia». Con «la famiglia, la parola data, la tradizione, l'onorabilità», il buongoverno è fra i va- a r o a , r e e i e o n o ò o a tricheco»: pare che avesse risposto proprio così Cecchi, con un bel po' di malignità nei confronti del Gran Lombardo che pure ammirava moltissimo. Seguendo il suggerimento di Cecchi, Garzanti chiede a Gadda il Pasticciaccio, uscito a puntate su Letteratura. Lo sostiene finanziariamente per cinque anni, lo costringe alla revisione e pubblicazione in volume: una corsa contro il tempo e anche una lotta senza quartiere per vincere le resistenze psicologiche di Gadda, sia timoroso che ribelle nei confronti del «potere» editoriale. Fiero Gelli, che durante il suo lavoro editoriale alla Garzanti aiutò Gadda a «ripescare» tra gli inediti La Meccanica, ricorda che una volta, vedendo in casa sua, sul tavolo da pranzo, un bellissimo cesto di frutta, gli chiese chi glielo aveva mandato. E la risposta secca fu: «Garzanti, per avvelenarmi». Ed eccolo, dunque, nella parte della vittima nell'epistolario ricco di sorprese, tenuto tra il '52 e il '68, con Garzanti, finora mai raccolto in volume e solo in parte reso pubblico. «Illustrissimo Dottore», scrive Gadda da via Blumensthil a Monte Mario. Solo dopo alcuni mesi passa al «Caro Dottore». E' ossequioso in modo persino eccessivo, tenuto conto che si trattava di un autore già noto e attempato e di un editore poco più che trentenne. Gadda si amareggia in continuazione, si umilia, cerca conforto. Come uno scolaretto sul banco di scuola, si scusa di tutto: di essere stato poco ..J bene,-di.aver perso tempo, della, qualità di quello che ha scritto: «Mi è parso che lei non ne volesse più sapere: d'altronde io non posso scrivere un altro Pasticcio». E poi, quando il lavoro procede, un po' più rincuorato afferma: «Per giudizio comune dei "benpensanti" il racconto ha preso corpo: non sarà l'ideale, ma non sarà nemmeno peggio di tanti altri... che si proclamano romanzieri venticinque volte al giorno. Io in ogni modo vi ho posto diligenza, fatica, amore (platonico), scrupolo, sia oggettivo che linguistico». E nella chiusura della lettera invoca addirittura: «Dio non mi aiuta. Mi dica qualche cosa, La prego, non mi lasci a questo punto» Ripete ad ogni pie sospinto che non vuole altro denaro oltre quello già ricevuto, promette di. restituirlo ogni volta che non si sente all'altezza del compito che gli è stato affidato, un «peso che gli toglie la salute». Una delle formule più usate è: «La scongiuro». Si offre di pagare il costo della correzione delle bozze se l'editore giudica eccessivi i suoi interventi. Nemmeno la pubblicazione riuscirà a placare le sue ansie: «Se avessi un tantino di giudizio mi dovrei preparare a quel ri stagno definitivo della lingua, vo glio dire della penna, che è nell'ardore dei miei voti, a quel silenzio, che farà la migliore delle mie opere», [m, s.] Neil antico baule una luna di miele degli Anni Trenta ed dramma del lager lori della borghesia, l'alveo del confrère milanese di Mattioli («mi affidò la direzione dei classici Ricciardi»), Luigi Ei naudi, Vanoni, De Gasperi. Volti e tempi remoti. L'Italia civile contrapposta all'Italia sfasciata di oggi. Vigevani nella scettica attesa che rina sca, affila un romanzo intitolato come il primo disco di Louis Armstrong apparso nel nostro Paese (Sent Louis blues) e legge. Lo confortano Campa nella, Galileo, Leopardi. E so prattutto Saint-Simon, la sua verità: «I malvagi, che in que sto mondo hanno già tanti vantaggi sui buoni, ne avreb bero un altro ben strano su di loro se non fosse concesso ai buoni di scoprirli, riconoscer li, e di conseguenza scansar li...». Bruno Quaranta

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