E oggi come dipingerebbe il mondo alla fine del millennio di Mirella Appiotti

E oggi, come dipingerebbe il mondo alla fine del millennio? NEL MISTERO E oggi, come dipingerebbe il mondo alla fine del millennio? LLORA, se Picasso oggi fosse qui, come dipingerebbe? E come interpreterebbe, artista tra i più liberi e insieme più «coinvolti» del Novecento, le grandi rivoluzioni avvenute in Europa alla fine degli Ottanta, il crollo delle fedi, la tragedia delle nuove guerre, lo spaventoso crescere del sopruso, della violenza? Un orrore che raramente, sulla tela, è stato rappresentato con più disperazione che dall'autore di Guernica. Domanda davvero possibile? Forse sì, per paradosso, per eccesso, o forse soltanto per capire di più un genio. Rispondono Enrico Baj, Emilio Tadini e Francis Haskell: tre studiosi, i primi due artisti, che non hanno mai smesso di indagare sul mistero dell'arte, sul «mistero» Picasso. ENRICO BAJ «Non sarebbe un concettuale» «C'è una frase nel catalogo della mostra veneziana di Duchamp che recita più o meno così: "Vent'anni fa tutti avrebbero detto che Picasso è il più grande pittore del secolo, oggi si dimostra che il più grande è Duchamp...". Una frase che ha poco senso». Enrico Baj, pittore «patafisico», grande animatore dell'irrazionalismo italiano, è come sempre polemico. «Duchamp è un non pittore, lo avvicino paradossalmente a Leonardo, il loro è prima di tutto un mondo di concetti. Picasso invece è sempre stato legato al dramma dell'uomo. Che farebbe oggi? L'opposto di quello che adesso fanno i pittori; non avrebbe nulla da spartire con concettualismo o arte povera. Dire che cosa inventerebbe è più difficile. Picasso è stato perennemente mobile. A 26 anni ha compiuto con le Demoiselles una rivoluzione epocale; cinque anni dopo, inventando il cubismo analitico, ha precorso largamente la teoria dei frattali; a 90 anni ha saputo ancora esprimere un erotismo sfacciato. Copre un arco completo, dal classico sino al mostruoso. Sono comunque certo che resterebbe fedele al disegno, al colore. E so anche che sarebbe mortificato nel suo impegno civile: oggi non voterebbe per nessuno». EMILIO TADINI «Chiedetelo a lui, è vivo» «Picasso, l'ùnprevedibile - dice da Parigi Emilio Tadini, all'apparenza poco picassiano, pittore di immagini «fredde», estremamente filtrate, ora molto legato alla letteratura (da Einaudi esce tra pochi giorni il suo romanzo La tempesta) -. Non c'è una logica in quello che il più grande pittore del secolo ha fatto. Con altri forse è possibile individuare un "sistema"; riuscirei persino a scommettere su un Braque di oggi. Picasso mi sfugge. Nella sua lunga "carriera"non ci ha mai mostrato "passi avanti»", ci ha messi di fronte a continue, inaspettate "svolte". Sino all'ultimo. Penso all'autoritratto di pochi mesi prima della morte, a quello sguardo che ci dice come il mondo dell'artista fosse di nuovo improvvisamente mutato: per la prima volta Picasso aveva voluto comunicare, attraverso gli occhi, un dramma, la infinita malinconia del distacco... So per certo una sola cosa: che, immerso com'era nella contemporaneità, ne avrebbe assorbito certi influssi. E' sbagliato chiedersi "che cosa farebbe, oggi, Picasso". Più giusto chiedersi «che cosa fa oggi, Picasso". Morto da vent'anni, è morto meno di tutti. Il giorno dopo la sua morte "è ripartito"...». FRANCIS HASKELL «L'ultima rivoluzione» Francis Haskell, l'autore di Metamorfosi del Gusto, affascinante «bastian contrario» britannico, di una sola cosa è sicuro: «Oggi Picasso sarebbe, come è stato, un grande antifascista». Il che significherebbe continuare a «opporsi», non solo nella vita, anche nell'arte. Quanto a scelte specifiche, secondo Haskell è invece impossibile azzardare ipotesi: «E non per la grandezza del pittore. All'opposto, per i suoi limiti. Che erano proprio nel voler fare sempre tutto diverso da ciò che ci si aspettava da lui. In questo senso Matisse è un pittore molto più bello: la sua linea è limpida, si può intravederne gh' sviluppi, non tiene conto del pubblico. Picasso vuole "épater les bourgeois". Lo giudico magnifico soltanto sino all'anteguerra. Per me non è un grandissimo pittore. Credo però sia un grandissimo artista. Voleva cambiare il mondo. Così è avvenuto. Continuerebbe... Devo ammettere che se il mio amatissimo Joyce non fosse nato, nulla in letteratura sarebbe mutato. Dopo Picasso, tutto nell'arte è diverso». A CURA DI Mirella Appiotti

Luoghi citati: Europa, Guernica, Parigi