Voci dall'inferno dei bambini

A Sarajevo i cecchini hanno sparato ieri su madri e figli Emir: «Un boato Il mio fratellino era insanguinato Perché è morto?» Voci dall'inferno dei bambini Piccoli bosniaci narrano l'orrore senza età LA SPORCA GUERRA DEI BALCANI ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO «C'è stato quel terribile boato, e poi il buio assoluto. Per alcuni secondi sono rimasto accecato. Ho sentito mio fratello Fadil lanciare un urlo, poi più nulla. Ho riaperto gli occhi. Era tutto coperto di sangue... Ho cercato di tirarlo su ma non si muoveva. La mamma gridava aiutateci, ma Fadil era già morto». Stringe gli occhi Emir mentre ricorda la terribile morte del fratellino, ucciso da una granata esplosa nell'improvvisato rifugio della loro casa a Sarajevo. Cerca di non piangere perché, a 13 anni, è oramai lui l'uomo di casa e deve occuparsi della madre e della sorellina mentre il papà è al fronte. «Ai primi colpi di cannone siamo scesi in cantina. Avevamo molta paura perché i serbi bombardavano il nostro quartiere senza tregua. Molte case dei nostri vicini erano già state colpite, bruciate. Fadil era terrorizzato dal fuoco. Di notte non riusciva A dormire. Cercavo di giocare con lui per fargli passare gli incubi. Ma perché doveva morire proprio lui, così piccolo?». Non riesce più a trattenersi Emir, e le lacrime adesso rigano le sue guance smunte, mentre la voce si spezza nella gola. Nell'esplosione della granata Emir è rimasto ferito al braccio destro che ha tuttora difficoltà a muovere. La sua mamma e la sorellina hanno riportato ferite più leggere, ma la donna è ancora sotto choc per la perdita del figlio minore. Emir è soltanto uno tra le migliaia di piccole vittime della guerra in Bosnia. Anche ieri, mentre tentavano una fuga disperata da Sarajevo, un gruppo di donne e bambini è stato preso di mira dai cecchini stazionati sulle colline intorno all'aeroporto della capitale. Sulla pista sonò' !rirriasti 1 quattro mòrti, mentre sette persone sono rimaste ferite. A un anno di distanza dall'inizio del sanguinoso conflitto l'Unicef ha presentato in questi giorni un bilancio agghiacciante dei bambini uccisi o feriti nel corso degli scontri. Nella sola Sarajevo sono morti 3000 bambini, mentre più di 8000 sono rimasti feriti. Centinaia hanno avuto braccia e gambe amputate. Ma la tragedia della guerra è stata vissuta giorno per giorno da tutta la popolazione infantile che rimarrà segnata a vita dai traumi subiti. Un'indagine del l'Unicef condotta recentemente sui bambini della capitale bosniaca mostra infatti che l'81 per cento si è trovato in situazioni in cui credeva di poter morire. Il 40 per cento dei pie coli è stato direttamente espo sto al fuoco dei cecchini. Più della metà dei bambini di Sarajevo ha visto uccidere qualcuno e ha avuto un genitore o un pa rente ucciso. Il 72 per cento ha avuto la casa bombardata, mentre il 90 per cento vive da più di sei mesi in rifugi e canti ne sotterranei. Inoltre il 19 per cento dei piccoli è stato testimone di mostruosi massacri. Se a questo si aggiunge il dato che più della metà dei bambini di Sarajevo sono stati costretti a lasciare le loro case e adesso vivono da profughi in altri Paesi, il dramma dell'infanzia bosniaca assume dimensioni sconvolgenti. Secondo le indagini dell'Unicef tutti i bambini di questa Repubblica dell'ex Jugoslavia sono stati esposti al trauma della guerra che il 90 per cento di loro ha vissuto in prima persona. Quasi tutti mostrano dei sintomi di disagio come l'apatia, l'aggressività e la presenza costante di incubi durante il sonno. Nei loro racconti la paura più grande è collegata alle granate, ovvero allsuono terrorizzante degli ordigni che esplodono e alle schegge metalliche che si conficcano nella carne.H «Sono uscita con le mie amichette davanti al cortile di casa dove mia mamma stava parlando con la vicina. Di colpo c'è stata un'esplosione. Ho visto una luce fortissima. Poi è diventato tutto nero. Anche la mia mamma è stata ferita, ma è riuscita lo stesso a portarmi all'ospedale» ricorda la dodicenne Sejla ferita a Sarajevo da una granata. «Questa guerra è terribile e non capisco perché è scoppiata. Tutti dicono che finirà presto, ma io non ci credo. Non rispettano mai le tregue e continuano a sparare ai bambini. Non vorrei che fossero feriti i loro figli, però...». Dal suo letto di ospedale Sejla continua a parlare dell'ingiustizia che colpisce soprattutto i piccoli. Accanto a lei la piccola Arnela gravemente ferita al viso da una scheggia non riesce più a parlare. Con la testa completamente fasciata è immobilizzata da più di due mesi. Il minimo raffreddore le procura sofferenze terribili: il liquido che avvolge il cervello scende dal naso e le causa un'infiammazione meningitica. Il faccino di Arnela, dicono i dottori, rimarrà deturpato per sempre. Malgrado il dolore acuto, Senada, 9 anni, sorride: non ha alcun dubbio che i medici rimetteranno a posto la sua gamba destra. Ma la profonda ferita causata da una granata non promette nulla di buono. I dottori temono che sarà necessaria un'amputazione sopra il ginocchio. «Ero con mia cugina davanti alla scuola quando la bomba è caduta su di noi» racconta Senada. «Mi ricordo soltanto la polvere e mia cugina che piangeva. Un uomo ci ha caricate su un'automobile e ci ha portate all'ospedale. I bambini del coro sono venuti a trovarmi e adesso mi sento molto più felice». Senada cantava e ballava in un gruppo di bambini noti con il nome di «Pollicini». Il suo sogno è di ritornare al più presto tra di loro. Decine di migliaia di bambini bosniaci sono sistemati nei campi profughi in Croazia. Hanno perso per sempre la casa, i loro amici, la scuola. Molti sono rimasti senza genitori. Non sanno cosa faranno né dove andranno. Sfuggiti all'inferno della guerra, non riescono a scordare quello che hanno vissuto. «Dopo che ci hanno ordinato di uscire dalla casa i soldati le hanno immediatamente dato fuoco. L'ho vista bruciare. Poi ci hanno portati al treno. Lì hanno dato ordine agli uomini di stendersi per terra. Ne hanno scelti alcuni da uccidere. Hanno scelto anche mio zio e un vicino di casa e gli hanno sparato con una mitragliatrice. Dopo hanno fatto salire le donne nella parte anteriore del treno e gli uomini in fondo. Ma quando il treno si è mosso hanno staccato le ultime carrozze e hanno portato via gli uomini nei campi di concentramento. Da allora non riesco più a dormire. Cerco di dimenticare, ma non ce la faccio» racconta con le lacrime agli occhi il tredicenne Alik. La sua esperienza è simile a quella del suo coetaneo Kazimir, che insieme alla mamma e al fratellino di 10 anni e a un cugino vive in un campo profughi di Zagabria. Per Kazimir la paura più grande è stata quando una granata è caduta nel loro rifugio a Sarajevo. «Quando siamo finalmente riusciti a uscire e a scappare abbiamo dovuto scavalcare decine di cadaveri, mentre i cecchini continuavano a spararci addosso. Mio papà è rimasto ferito e l'hanno portato all'ospedale. Da allora non l'abbiamo più visto, ma spero che sia prigioniero in uno di quei campi di detenzione di cui abbiamo sentito parlare e che abbiamo visto in televisione» dice il ragazzino, spiegando che almeno così il suo papà sarebbe ancora vivo. Su di un materasso per terra un bimbo di appena 5 anni continua a dondolarsi e a ripetere con una vocina debole: «Voglio tornare a casa, voglio tornare a casa». Interrogato da uno psicologo il piccolo Nedim racconta di come ha visto alcuni uomini bruciare la sua casa. «Avevo un triciclo nuovo, rosso e giallo. Pensi che abbiano bruciato anche quello?» chiede infine al suo interlocutore. Poco più lontano un bambino e una bambina di 6 e 7 anni infagottati nei cappottini malgrado il caldo della stanza rimangono immobili e silenziosi. Un vicino spiega che il piccolo ha visto i soldati tagliare la gola al suo papà. Agghiacciato dalla paura, da allora sente il bisogno di essere sempre ben coperto e vestito. La sorellina non lo lascia un attimo. Sono rimasti soli. E' stata una vicina di casa a salvarli e portarli con sé nella disperata marcia verso il campo profughi. Non parlano più, ma i loro occhi lanciano un disperato grido di aiuto per tutti i bambini della Bosnia che da un anno vengono uccisi sotto lo sguardo inefiffe rente del mondo. Ingrid Badurina A Sarajevo i cecchini hanno sparato ieri su madri e figli Emir: «Un boato Il mio fratellino era insanguinato Perché è morto?» MESSAGGIO AGLI ADULTI Adulti, perché mai ci dev'essere la guerra? Perché così tante famiglie devono lasciare le loro case? Perché noi bambini non abbiamo la pace, almeno adesso che siamo piccoli? Adulti diteci perché? Ivana, 11 anni. Quanta gente è stata uccisa? Quante case sono state distrutte? Quanti bambini sono rimasti senza genitori? Perché? Perché mai è dovuta cominciare questa terribile guerra? A tutti gli ambasciatori, ai presidenti, a tutti quelli che possono fermare la guerra. Fate qualcosa, mandate questa guerra lontano, lontano da noi. Marina, 10 anni. Una famiglia musulmana a Sarajevo piange accanto al cadavere di Emina, nove anni, uccisa da una bomba // rapporto dellVnicefha alzato il velo Per l'odio etnico nessuno è innocente I primi soccorsi a Sanela Memic un bambino ferito a Sarajevo dall'esplosione di una granata E' una delle ottomila piccole vittime di una guerra che non risparmia nessuno

Persone citate: Ingrid Badurina, Pollicini