Gava chiesta l'autorizzazione di Fulvio Milone

I giudici di Napoli inviano al Parlamento il fascicolò sull'ex ministro dell'Interno I giudici di Napoli inviano al Parlamento il fascicolò sull'ex ministro dell'Interno Gava, chiesta l'autorizzazione Insieme con Cirino Pomicino, Meo, Vito e Mastrantuono avrebbe stretto un patto con il clan camorrista di Galasso NAPOLI. Una lunga «requisitoria» scritta al computer, e poi stampata su quasi duecento pagine. In quei fogli cinque sostituti della procura della Repubblica di Napoli e della Direzione nazionale antimafia raccontano una storia da brividi, e chiedono al Parlamento l'autorizzazione a procedere nei confronti di tre deputati e due senatori della Repubblica sospettati di aver stretto un patto d'acciaio con la camorra. I senatori sono Antonio Gava, ministro dell'Interno negli Anni Ottanta, e un suo «colonnello», Vincenzo Meo. I tre deputati sono i democristiani Paolo Cirino Pomicino, ex ministro del Bilancio, e Alfredo Vito, altro fedelissimo di Gava, e il socialista Raffaele Mastrantuono, ex vicepresidente della commissione Giustizia della Camera. Il clan camorristico è quello del boss miliardario Cannine Alfieri e del suo pupillo Pasquale Galasso, una sorta di direttore amministrativo della holding criminale. La richiesta di autorizzazione a procedere, che segue di undici giorni l'emissione di cinque avvisi di garanzia per concorso in associazione a delinquere di stampo mafioso, è stata inviata a Roma ieri mattina. E' stato Galasso a raccontare ai giudici l'intrigo che ha per protagonisti i politici e gli uomini della mala vesuviana. Per mesi l'imprenditore-camorrista pentito ha svelato i segreti del clan, con un'inquietante premessa: «Gava, Pomicino, Meo, Vito e Mastrantuono erano dalla nostra parte. Li ho incontrati personalmente, qualcuno di loro ha parlato anche con Alfieri, che all'epoca era latitante. Di cosa discutevamo? Di affari». La storia narrata da Galasso è una miscela esplosiva di accordi segreti, tangenti e interessi politici. Soprattutto di voti estorti in decine di città della Campania. «Alle elezioni del '92 uscimmo pazzi prima di convincere Vito a cedere parte delle preferenze de ai socialisti», ha confidato il pentito ai giudici. Secondo il supertestimone tutto comincia negli anni immediatamente successivi al terremoto dell'80. Galasso racconta che il sodalizio con Gava, Pomicino e gli altri parlamentari coincise con un omicidio, quello di Vincenzo Casillo, luogotenente di Raffaele Cutolo. Il vicere della Nuova camorra organizzata sapeva tutto sulle trattative intercorse fra il suo capo, i servizi segreti, esponenti della de e i terroristi delle br che avevano portato alla liberazione dell'ex assessore regionale de Ciro Cirillo, uomo di provata fede gavianea. Casillo, dice il pentito, fu ucciso proprio perché de¬ positario di quei segreti, che voleva vendere a caro prezzo. Da allora, continua Galasso, Alfieri divenne l'interlocutore privilegiato dei politici: un sodalizio lungo dieci anni, durante i quali gli ex ministri si sarebbero serviti della malavita come di una formidabile macchina elettorale, disponendo di appalti miliardari per la ricostruzione del dopo-terremoto. Un meccanismo bene oliato, nei cui ingranaggi sarebbero finite intere giungte comunali (undici, tutte della provincia di Napoli), magistrati (almeno sette), funzionari di ministeri, avvocati, addirittura qualche generale in pensio- ne. I grandi lavori al centro dell'inchiesta sono almeno quattro: la costruzione di Monteruscello, la cittadina nata alle porte del Comune di Pozzuoli sconvolto dal bradisismo; la realizzazione del Cis, un colossale centro per la vendita all'ingrosso di capi di abbigliamento nei pressi di Nola, il paese natale di Carmine Alfieri; l'allargamento delle corsie dell'autostrada Napoli-Roma; la nascita di un grande parco residenziale nel Comune di Pompei. Galasso racconta ai magistrati di avere avuto più di un incontro con i cinque politici inquisiti: summit segreti, avvenuti in anonimi alberghi della provincia napoletana e a Roma. Ma tra gli atti allegati alla richiesta di autorizzazione a procedere vi sarebbero anche i testi di alcune intercettazioni telefoniche. In una di queste, il senatore Meo sarebbe stato sorpreso mentre discuteva con il boss su una variante da inserire nel piano regolatore approvato dal Comune di Nola. L'obiettivo sarebbe stato quello di consentire a un'impresa edilizia legata a Carmine Alfieri di portare a termine una speculazione edilizia. Fulvio Milone I politici si sarebbero serviti della malavita come di una potente macchina elettorale sfruttando i miliardi del dopo-terremoto Fra gli atti anche intercettazioni telefoniche L'Italia dei ladri in una vignetta del «Guardian» Qui accanto Antonio Gava e Paolo Cirino Pomicino