« E non è ancora finita » di Alberto Gaino
« « E non è ancora finita » Aveva previsto mille arresti «Date tempo ai giudici, vedrete» Appoggiato ad una parete del quinto piano della procura, Mario Alberto Zamorani potrebbe sembrare un cittadino di passaggio per una normale pratica. Non fosse per quei tre carabinieri che gli stanno attorno conversando amichevolmente con lui. Un giornale sotto il braccio. Giacca e cravatta sotto l'husky verde. Riposato. Eppure da domenica notte dorme alle Vallette. Lei aveva già provato la galera a San Vittore. Come si trova nel carcere di Torino? «Meglio. Lo trovo più ordinato e organizzato. Poi, qui, sono in cella da solo». Si aspettava questo nuovo arresto? «Sono sincero. Sì. E avevo già deciso di costituirmi giovedì scorso. Ma ero impegnato con i giudici di Milano. Venerdì ho saputo che mi cercavano. Ho mandato un fax e mi hanno fatto sapere di presentarmi domenica alle 18,30». Così ha trascorso il week end a casa anziché in cella. «D'accordo, ma non so se è stato meglio. Sono stati due giorni d'angoscia, chiuso in un alloggio, senza vedere la tv. In carcere quella c'è». Poi si è presentato a Torino senza bagaglio, forse pensava di andarsene subito. Non è così? «Hanno già revocato l'ordine di custodia cautelare. Ma devo rimanere ancora qualche giorno». Lei è ottimista per natura. E' stato appena interrogato dal sostituto Marini che indaga sull'autostrada del Fréjus. Gli è stato utile? «Come a tutti i magistrati delle altre procure dove sono stato». Questa è un'autostrada da tremila miliardi. Per i grandi appalti non si pagava soltanto a Roma, alle segreterie di certi partiti? «Si pagava a tutti i livelli. E non solo per avere gli appalti. Si pagava anche dopo, perché tutto filasse Uscio. E' dal 1989-'90 che il sistema dei partiti è diventato questa cosa». Adesso si paga ancora? E' emerso dalle inchieste che sino a qualche tempo fa circolavano ancora tangenti. «Forse erano le ultime rate. Ora credo ci sia un'altra coscienza». Lei cosa fa, a parte il carcere in questi giorni? «Ho appena finito di scrivere un libro tecnico sulla riforma degli appalti. Troppe imprese in Italia. E tutte che si rivolgevano ai politici, accrescendone il peso a dismisura. Da questa storia si dovrebbe uscire con una decina di grandi gruppi e gli altri che si specializzano in interventi particolari. Come all'estero». Uscendo da San Vittore lei aveva previsto mille arresti. Tiene sempre il conto? «Scrupolosamente. Siamo a buon punto, ma è tutt'altro che finita. Anche a Milano. Certi grandi gruppi sono rimasti fuori, ma solo perché i magistrati non hanno ancora avuto tempo di indagare. Tutto il sistema funzionava così». Alberto Gaino «Certi grandi gruppi sono rimasti fuori Ma tutto il sistema funzionava così» Mario Alberto Zamorani, ex vicedirettore dell'Iri-Italstat, inquisito e accusatore per le tangenti
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