I giudici ci fidiamo del nuovo Curcio di Giovanni Bianconi

10 In quattro pagine le motivazioni della sentenza con cui il tribunale di Roma ha deciso la semilibertà per il fondatore delle Br I giudici: ci fidiamo del nuovo Curcio «Ilpentimento non era necessario, è un altro uomo» ROMA. Renato Curcio è una persona diversa da quella che è entrata in carcere nel 1976 (dopo un primo arresto e un'evasione) come leader delle Brigate rosse. Oggi è un uomo nuovo che appare pienamente recuperato «a valori socialmente apprezzati», ed è a lui che i magistrati hanno concesso il permesso di uscire al mattino dal carcere per lavorare fuori e rientrare la sera, «fino al compimento della pena» fissato nell'anno 2004. Nelle quattro pagine di motivazione della sentenza con la quale il tribunale di sorveglianza di Roma ha concesso a Curcio la semilibertà, le due fasi della vita del fondatore delle Br vengono scandagliate e analizzate. La prima arriva «fino alla perpetrazione, nel 1981, degli ultimi episodi criminosi», commessi anche in carcere; la seconda, dopo una gestazione interna e silenziosa durata quasi cinque anni, «si manifesta intorno al 1986»: è allora che, secondo il linguaggio burocratico dei giudici, comincia «l'evoluzione positiva della personalità dell'istante». Sono le relazioni del personale carcerario ad attestare il cambiamento del «detenuto Curcio Renato», sancito con il trasferimento dalle carceri speciali al penitenziario romano di Rebibbia. L'ufficialità del passaggio alla nuova vita avviene nel 1987, dice una delle ultime relazioni, «con la determinazione di ritenere conclusa l'esperienza della lotta armata e di sciogliere le Brigate rosse». In quel momento, invece, altri brigatisti detenuti continuavano a rivendicare e ad assumersi la responsabilità delle azioni terroristiche che ancora venivano messe a segno dai resti delle Br. Cominciò così il «confronto fino ad allora rifiutato con le istituzioni, e quindi anche con quella penitenziaria». E non si trattò solo di mutamenti ideologici o strategici interni alle logiche dei terroristi. Dalla riflessione politica infatti, «il percorso del Curcio è approdato alla personale assunzione di modelli comportamentali obbiettivamente valutabili quali non equivoci indici di una positiva risposta alle opportunità trattamentali offerte dall'istituzione penitenziaria, quando nel detenuto è sorta la disponibilità ad avvalersene». Il fondatore delle Br, sfruttando queste opportunità, è diventato animatore di iniziative e ricerche puntate principalmente sui problemi degli emarginati. Con l'apporto determinante di Curcio e di altri detenuti ex terroristi è nata la cooperativa editoriale «Sensibili alle foglie», dove l'ex brigatista andrà a lavorare, che studia «le realtà di quanti si trovano in stato di disagio socia¬ le». Inoltre Curcio ha messo a disposizione della Caritas romana la sua esperienza nel campo della ricerca informatica (acquisita attraverso i corsi in carcere) per studiare e approfondire la condizione degli immigrati extracomunitari. Da tutto questo si evince che esistono «le condizioni per un positivo inserimento dell'interessato all'esterno», confermate anche dall'ultimo encomio ricevuto da Curcio dalla direzione di Rebibbia per la solidarietà mostrata nei confronti degli altri detenuti. Curcio non si è mai pentito né dissociato, ma per i magistrati questo non è un problema: la scelta del fondatore delle Br, infatti, può avere «il dichiarato significato di allontanare da sé il sospetto di atteggiamenti strumentali»; ormai è certo che l'ex terrorista «ha aderito ai valori socialmente apprezzati che di per sé escludono il ricorso a mezzi violenti». L'uomo nuovo Curcio quindi è pronto per vivere la sua vita anche fuori dal carcere. Giovanni Bianconi «L'evoluzione positiva del detenuto è cominciata sette anni fa» Renato Curcio, fondatore delle Br: la sua condanna scadrà nel 2004

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