ITALIANI CONTRO LA MALITALIA di Giorgio Bocca
Ifamigliari «Siamo contro» ITALIANI CONTRO LA MALITALIA CARO direttore, leggo quanto si scrive sul Partito d'azione con un interesse personale in cui prevale la curiosità: capire, cinquanta anni dopo, perché e in quali modi fui azionista, colpito anche io da quella elezione mai veramente accettata dagli italiani, da molti considerata in qualche modo perfida: «il perfido Schiavetti» scriveva Giannini sull'Uomo qualunque, «i perfidi azionisti». La prima memoria irrisolta di quella mia esperienza è che non sono mai riuscito a identificare quella che era la mia grande lucida passione civile, Giustizia e Libertà, il movimento, per noi il movimento armato della Resistenza, con il partito. Del partito, della sua storia nell'antifascismo sapevamo poco, la sua politica a Italia liberata sembrò anche a noi astrusa e comunque minore rispetto a quella grande fiammata di dignità civile che fu il movimento, che fu Giustizia e Libertà. La scelta di Giustizia e Libertà per quelli della mia età e della mia formazione era quasi obbigata: non potevamo, anche se cattolici, unirci a formazioni, a partiti legati alla Chiesa, perché la nostra cultura era laica e risorgimentale e buona parte del nostro consenso giovanile al fascismo veniva proprio dalla sua laicità. Non potevamo essere comunisti per la stessa ragione, perché come laici non potevamo accettare una nuova chiesa, perché il nostro dissenso dal fascismo negli anni del suo declino stava proprio nel rapporto fra individuo e dogma autoritario. Ah, la indimenticabile riunione nella mia città a guerra di Grecia appena iniziata e già persa in cui il federale Glarey ci ripeteva stancamente la propaganda mussoliniana di «adesso viene il bello» e nessuno nel teatro ci credeva, e io non trovavo il coraggio di> gridargli: no Glarey, non è vero, ma non potevo, in qualche modo, magari automatico, avevo accettato quella sottomissione dell'individuo al partito. Ma ora a fascismo caduto basta, mai più plagiato da un partito. I monarchici no, la monarchia era finita nella fuga e nella Giorgio Bocca CONTINUA A PAG. 4 PRIMA COLONNA ■
Persone citate: Giannini, Glarey, Schiavetti
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