«Noi omosessuali italiani prigionieri del Medio Evo»

«E molti politici o manager preferiscono nascondersi» ILJ'ACCUSE DEL LEADER DEI GAY Grillini: «Violenza e stupidità ci impediscono di uscire dalle catacombe» «Noi, omosessuali italiani prigionieri del Medio Evo» Lg MILANO arcipelago omosessuale galleggia sull'asfalto di via Sammartini, stazione Centrale, tra la scritta «Gay Street» (in forma di targa) e «Froci andate via» (in forma di spray). Franco Grillini, 38 anni, bolognese, presidente nazionale dell'Arci Gay, ci sta in mezzo (alle scritte), guarda, sorride: «L'altra notte sono venuti i nazi... Ce lo aspettavamo. La tolleranza è una meta che si conquista poco alla volta: gli omosessuali in Italia hanno fatto passi da gigante, ma il Medio Evo spunta ovunque, in forma di stupidità o di violenza. Anche qui a Milano, dove i gay hanno smesso da tempo di vivere nelle catacombe, non tutti, magari, ma sempre di più, pensandosi interi, smettendo di soffrire per una identità che la cultura cattolica ha negato e ci nega». Per chiacchierare, qui in via Sammartini, abbiamo a disposizione la libreria Babele, la redazione di «Maschio» e «Supermaschio», il locale privato «Hot Line», il sex shop «Europa», il «Leather Shop», l'«After Line», il nuovo bar notturno. visibili e felici. E' uno slogan facile da dire, ma lento da conquistare, quello di cui parla Franco Grillini che guida i 15 mila soci dell'Arci Gay in rappresentanza, dei 3 milioni di omosessuali italiani, secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. «Calcolo per difetto - dice Grillini - che non tiene conto dei bisessuali e di quelli che vorrebbero, ma non se la sentono». Un dato clamoroso che fa degli omosessuali «la più importante delle minoranze». Oggi, contro il silenzio di ieri, il movimento usa e si lascia usare dai media, crea eventi, diventa visibile e provocatorio, magari con la distribuzione dei preservativi alla fragola (a Bologna), magari con i matrimoni in piazza (qui a Milano), magari con la taglia di 5 miliardi per il «serial killer» degli omosessuali (a Roma). «Sì, sono tutti gesti simbolici, tutti giochi di comunicazione». Grillini, voi volete diventare una lobby? «No, non ci interessa. Vogliamo rivendicare la nostra esistenza, la nostra cultura, il nostro diritto alla felicità. Vogliamo contare in quanto omosessuali, voghamo traghettare il vecchio verso il nuovo». Sarebbe a dire? «Portare gli omosessuali dal silenzio, dal senso di colpa, dalla vergogna, alla piena visibilità. Prendiamo due nomi: Pier Paolo Pasolini e Aldo Busi. Il primo ha vissuto imploso, negandosi, e la sua morte tragica, fa parte di quella vecchia cultura omosessuale che nega la propria identità. Il secondo è l'opposto: è affermazione di sé, con tutti gli eccessi, con tutto lo scandalo e i clamori necessari per rompere il silenzio». Voi vi considerate un movimento politico? «Siamo un movimento politico». Definibile come? «Laico, progressista, tollerante, non violento, pacifista. Una mi- noranza attiva». Ristretta a una rivendicazione di identità? «Se fosse solo questo, non sarebbe comunque poco. Ma il nostro contributo è molto più cruciale: una società dove le minoranze sono rappresentate è una società libera. Noi siamo un test di questa Italia in trasformazione: la nostra cittadinanza è direttamente proporzionale al grado di libertà che la società saprà esprimere». In questi anni siete cresciuti come soggetto politico, come ci siete riusciti? «Credo che molto abbia contri¬ buito il paradosso Aids. La chiesa cattolica ha provato a buttarci addosso la croce del contagio. Si ricorda il cardinale Siri che diceva: la malattia è un segno di Dio? E si ricorda il ministro della Sanità Donat-Cattin: prende l'Aids solo chi se lo va a cercare? Ebbene, gli omosessuali, le nostre organizzazioni, si sono mosse in anticipo su tutti con le campagne di prevenzione, di informazione. Oggi siamo dentro alla consulta nazionale, siamo uno dei cardini della battaglia contro l'Aids». Voi rivendicate l'orgoglio omosessuale, ma è raro che dentro ai partiti, dentro le aziende, gli omosessuali si dichiarino apertamente, perché?. «Perché il vecchio è sempre duro a morire». Negli Stati Uniti il movimento ha praticato il cosiddetto outing, cioè lo svelamento forzato degli omosessuali.. «Sono contrario. Credo che ognuno di noi abbia il diritto alla privacy e se il manager di una azienda, oppure un ministro della Repubblica non vuole dichiararsi, ha il diritto di essere rispettato». Lei è il leader riconosciuto degli omosessuali... «Così dicono, in realtà il movi¬ mento è molto frammentato, ci sono collettivi a Milano, Roma, Torino, Bologna, che sono fuori dall'Arci e va benissimo così» Qual è la sua storia politica? «Ho 38 anni, faccio p olitica da 23 : fgci, pei, Manifesto, pdup. Oggi ho due tessere, quella radicale e quella del pds. Sono un ex comunista non pentito. Non ho abiurato i libri di Marx, anche se oggi preferisco il "Saggio sulla Ubertà" di Mill». Il vostro rapporto con la politica e i politici? «Molto buono con tutti i partiti laici, ottimo con il pds, i verdi e naturalmente i radicali». I missini hanno radiato un dirigente che si è dichiarato gay e il segretàrio Fini lo ha reintegrato. Siete in sintonia anche con loro? «La scelta di Fini ci ha fatto molto piacere. Dentro al movimento non c'è preclusione per la destra, anche se ci sentiamo poco in sintonia con la loro cultura». E con la Lega di Bossi? «Miglio ha detto che gli omosessuali sono malati di mente. Bossi, bontà sua, lo ha smentito. Ne prendiamo atto». Pino Corrias «E molti politici o manager preferiscono nascondersi» A fianco le scritte anti-gay a Milano, sopra il presidente dell'Arci-gay Franco Grillini