Doretta ha vinto l'inferno di Claudio Cerasuolo

E' LA RAGAZZA KILLER L'assassina di Vercelli è ad un passo dalla semilibertà Doretta ha vinto l'inferno Uccise i genitori, i nonni e il fratello Voleva dividere l'eredità con ilfidanzato E' TORINO a un passo dalla semilibertà Doretta Graneris, la protagonista di una delle pagine più terribili della cronaca. Nella notte tra il 13 e il 14 novembre del '75, a Vercelli, assieme al fidanzato Guido Badini, massacrò i genitori, i nonni e il fratellino Paolo. Doretta è una donna di 36 anni, il suo viso si è fatto un po' più tondo, il fisico si è appesantito rispetto a quello della ragazza di 18 anni protagonista della strage. Questa mattina si presenterà al tribunale di sorveglianza, in via Bologna. Ha fatto domanda per ottenere il beneficio previsto per i condannati all'ergastolo che hanno già scontato 20 anni di carcere. Con gli sconti di pena che spettano a chi tiene un buon comportamento il termine può scendere fino a quindici anni. In realtà, dietro le sbarre delle Nuove, dove è sempre stata detenuta, Doretta ne ha passati poco più di diciassette. Gli anni che mancano sono le ferie maturate (tre mesi all'anno), spettanti al detenuto che tiene in carcere una buona condotta. Due anni fa Doretta ha ottenuto i benefici dell'articolo 21 previsti dalla riforma carceraria, il lavoro esterno. Di notte deve tornare a dormire alle Nuove ma tutti i giorni esce per andare a lavorare al Gruppo Abele di Don Ciotti. Ha ripreso a studiare, si è iscritta ad architettura e ha dato molti esami frequentando i corsi universitari in carcere. Si è messa a dipingere: i suoi quadri raffigurano cieli azzurri con filo spinato in primo piano, oppure paesaggi nei quali ricorre il motivo dello sbarramento di tetri muri. Collabora a riviste firmando i dipinti e i testi con lo pseudonimo «Il gabbiano». Dopo essere entrata in contatto con il gruppo di ispirazione cattolica «Sermig» (Servizio missionario giovanile), che si occupa in particolare del problema dei carcerati, ha cominciato a lavorare per il Gruppo Abele di Don Ciotti. Ha detto ieri il presidente del tribunale di sorveglianza Pietro Fornace: «Il suo comportamento in carcere è stato sempre buono. Ma occorrerà valutare se, dopo i benefici del lavoro esterno, è pronta per affrontare la responsabilità che comporta la concessione della semilibertà. Il fatto che siano trascorsi gli anni di carcerazione previsti dalla legge non comporta automaticamente la concessione della semilib g r*t à à) L'11 febbraio dell'83 la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso di Doretta e dell'ex fidanzato Guido Badini contro la condanna all'ergastolo, consegnò la vicenda giudiziaria all'archivio ma non all'oblio. Perché la loro è una storia destinata, per il suo carico di scelleratezza, incoscienza e assurdità, ad essere rievocata ogni qualvolta la cronaca riproporrà vicende criminali di grande sgomento. Pochi giorni prima di farsi trascinare da Guido Badini nello sterminio dei suoi cari, gli scrisse una lettera: «Potranno passare anche secoli ma tu non potrai mai dimenticarmi. Come si fa a dimenticare una pazza come me?». Parole che lasciano intuire l'abisso in cui Doretta era sprofondata. I periti stabilirono che la giovane Doretta era stata succube del fidanzato, che era «immatura, incostante ma non pazza». Anche se le sequenze dell'eccidio nella villetta di via Caduti dei Lager a Vercelli paiono ispirate dalla follia. La sera del 13 novembre di 18 anni fa, quando Doretta entrò nella propria casa, in salotto seduti davanti alla televisione c'erano tutti i suoi congiunti: la madre Irma, il padre Sergio, il nonno materno Romolo, la nonna paterna Margherita e il fratellino Paolo. L'accolsero con il solito affetto e salutarono chi l'accompagnava: il fidanzato Guido Badini e un amico, Antonio d'Elia. Il terzetto aveva uno scopo preciso, feroce, diabolico: fare una strage, annientare la famiglia dalla quale poi Doretta e Guido avrebbero ereditato tutti gli averi: duecento milioni. Spararono senza pietà, gli uomini freddati con colpi alla nuca, la madre e la nonna raggiunte dalle pallottole quando erano già impietrite dall'orrore di quanto stava accadendo sotto i loro occhi. L'ultimo a cadere fu il fratellino, raggiunto dai proiettili sotto il tavolo doveva aveva cercato scampo. La trafila giudiziaria fu lunga ma a senso unico: condanna all'ergastolo per i fidanzati, a 24 anni di reclusione per il complice D'Elia, nella primavera del '78; conferma in appello nel giugno '80; sentenza definitiva in Cassazione nel febbraio '83. Badini e Doretta non si sono mai scritti, né cercati. Ma le loro storie carcerarie sono state differenti. Sei anni fa Badini si è giocato la possibilità dei benefici di uno sconto di condanna. Nel giugno dell'87 la Guardia di Finanza intercettò un suo messaggio di morte, inviato dal carcere di Alessandria, ad un commerciante, suo parente alla lontana: «Mi servono due Browning e una calibro 38. Vai a Biella e procuratele, non costano molto. Custodiscile per quando esco di prigione, perché ho dei conti in sospeso da regolare a Novara». Nel comportamento del detenuto fino a quel giorno non c'era stato nulla che lasciasse sospettare simili intenzioni: mai una grana con gli agenti di custodia, anch'egli aveva ripreso a studiare in cella e teneva parte della contabilità dello spaccio. Fini a Porto Azzurro e per lui le porte del carcere non si riapriranno tanto presto. Claudio Cerasuolo Condannata all'ergastolo ha già scontato diciassette anni. In cella dipinge e collabora col Gruppo Abele Nella foto grande Doretta Graneris DI fianco e in basso i genitori uccisi dalla ragazza a Vercelli

Luoghi citati: Alessandria, Biella, Novara, Porto Azzurro, Torino, Vercelli