Piccole donne dalle nere voci
Piccole donne dalle nere voci I DISCHI Piccole donne dalle nere voci LLUSI e disorien, tati, o peggio, dalle sirene sanremesi i germogli della canzone italiana continuano a restare prodotti da serra. In continua incertezza tra i canoni del passato glorioso e romantico e un mercato molto difficile. I giovani autori a cantanti si trovano anche incerti tra la strada tracciata dai grandi nomi della canzone d'autore e i modelli anglosassoni che sanno rinnovarsi nei suoni e nelle idee. Sicuramente non è facile emergere, ma nemmeno impossibile. E ogni anno nomi nuovi salgono sulla scena nazionale. Il vero problema della canzone è uscire dai nostri confini. Ci riescono le firme della moda e gli industriali, ma non il nostro stile musicale. Qualche idea del perché esiste questa situazione è possibile farsela ascoltando alcuni dischi di giovani autori e artisti. Una conferma da Angela Baraldi con «Mi vuoi bene o no?» (Bmg, 1 Cd). Grande grinta nella voce e nelle proposte. Nell'atteggiamento ricorda Gianna Nannini. Le sue canzoni sono espressione di un carattere forte, sono affondi contro tutto ciò che è apparenza e non sostanza, nell'amore come nella vita sociale. Un disco piacevole per quello stile da concerto, in cui sono quasi assenti le elaborazioni da studio. Dieci brani d'impronta moderna. Sulla stessa strada sembra avviata Antonella Bucci, esordiente con «Il mare delle nuvole» (DDD, 1 Cd). Una voce nera, potente, ma da affinare nei passaggi tra bassi e alti. L'esuberanza e la voglia di mettere in mostra le proprie qualità vocali, notevoli, la portano a squilibrii e stridori interpretativi. Undici canzoni tra il melodico e il rock. Grazia Di Michèle è già un'interprete matura. Ha grande dolcezza, sensibilità, eleganza nel porgere la sua bella voce, i suoi testi mai tirati via. In «Confini» (Wea, 1 Cd) conferma e migliora la sua proposta di donna che sa toccare i sentimenti più profondi dell'animo femminile. Sa scegliere gli arrangiamenti giusti per questo suo mondo musicale ricco di attenzioni ed equilibrio. Presenta un disco di dodici canzoni, un bell'affresco con colori pastello. C'è l'intelligente canzone sanremese («Gli amori diversi») con la Casale e altri episodi in cui ha cercato partner adeguati (Eugenio Finardi in «Cosa sarà di me» e Cristiano De André in «Non aggiungere legna»). Belle sono «Dove si incontrano i venti» e «Volevo comandare i treni». Per Massimo Biva le premesse erano buone: una collaborazione con Vasco Rossi e leader della Steve Rogers Band. Ma «Matti come tutti» (Psycho/Bmg, 1 Cd) non confer ma del tutto le aspettative. Co. me si poteva immaginare il suo è rock ruspante, teso ed energico. Però si sente che non è metabolizzato. Sa troppo di «già visto». E poi scivola nello scur- . rile. Le parolacce non sono solo un fatto di galateo, ma vanno dette, sparate al momento giusto, nella situazione rabbiosa che lo richiede. Altrimenti si è solo sboccati e fastidiosi. Le qualità non mancano, il lavoro ancora da fare nemmeno. Anche Erminio Sinni è nella stessa situazione. In «Ossigeno» (Bmg, 1 Cd) presenta nove canzoni e si vede chiaramente a chi si ispira: Cocciante. Ma lo ricalca troppo. Cocciante è produttore e pure in piccola parte coautore. Ma è troppo, sembra una clonazione. Sinni di qualità ne ha, ma i suoi testi - pur con buona freschezza e originalità risultano troppo verbosi. Però la sua personalità non è così spiccata come quella del suo modello, per cui la sensazione di pesantezza alla fine è netta. Una curiosa e positiva prova discografica ci viene presentata da Nino, giovane napoletana conosciuta a Sanremo. Il suo album omonimo (Wea, 1 Cd) è ricco di curiosità. Siamo in piena tradizione della canzone napoletana, ma con un vestito moderno. Melodie, tammuriate, saltarelli come da storia antica ma presentate con tessuti elettronici brillanti, basati molto su ritmo di batteria, briosità di strumenti tradizionali. Tale profusione di carica pimpante influisce anche sui testi. Quindi nessuna rivoluzione ma tanto piacere d'ascolto. Un'operazione facile si direbbe, ma di buon effetto. E non è poco. Ninè ha buoni studi musicali, una bella voce e soprattutto una ricca esperienza internazionale che sa mettere a frutto. Ecco, forse è proprio questo di cui avrebbe bisogno la canzone italiana. E' inutile restare a crogiolarsi nelle solite formule melodiche con qualche accelerazione di ritmo, ad osservare quello che si fa Oltremanica e Oltreoceano. Si mettano i produttori a modernizzare con spiccata personalità i nostri prodotti. Scopiazzare, anche se con gusto e stile, non serve molto. Serve infondere coraggio ai molti giovani che si affacciano sul mondo della nostra canzone e ai quali non farebbe male viaggiare e fare esperienza. I frutti matureranno. Alessandro Rosa >sa^J
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