Penne aguzzine per Mino «faccia da requiem»

E gli autoconvocati sfidano Martinazzoli: facciamo il congresso IL PALAZZO Penne aguzzine per Mino «faccia da requiem» CRIVE: Mino Martinazz..., pardon «Becchinazzoli». Scrive d'altro, di varia umanità, ma sempre lì sembra portarlo la penna: «Agonia Martinazzoli». Oppure: «Cordoglio Martinazzoli», «Salmino Martinazzoli», detto «Coma Profondo»? «Catafalco» o «Fuoco Fatuo». L'ultimo tormentone, dunque. Con il suo illustre tormentato, appunto il segretario della de,, che fa finta di nulla, e un altrettanto sagace e caparbio tormentatore, il direttore dell'Indipendente Vittorio Feltri, che insiste. Avvinghiati ormai in una pariglia ripetitiva di batti e ribatti. L'ultimo ossessivo cortocircuito che i misteri della politica dedicano agli appassionati della coazione nella vita pubblica. Un classico, e anche un bel duello solo agli inizi. Lo schema è grosso modo quello tradizionale, irruenza giocosa contro indifferenza sdegnosa, e infatti tanto più Martinazzoli non raccoglie, anzi ostenta distacco, tantoFeltrj slaccaniscè", e tuttavia a parte qualche accenno intermittente alla faccia addolorata (.«.poli; ter calcolosi?»)* senzà''Òltrépassare i confini della denigrazione a sfondo mortuario. Perciò «Cipresso» lo chiama, «Crisantemino», o «Mino faccia da requiem», «custode del cimitero democristiano», «pastore di zombie», «segretario di un partito trapassato». E così dopo il Piro-Pomicino, il Cossiga-Rodotà e l'Intini-Togliatti, si merita una segnalazione anche quest'altro paradossale matrimonio alla rovescia, il Feltri-Martinazzoli, controconnubio indissolubile nella sua ostinazione gioiosamente lugubre: il segretàrio de che «è bravo sì, nel suo campo, che è il camposanto», «fa la sua figura, come feretro» e «il prossimo congresso lo farà al Musocco, o al Verano o a Staglieno». Un segretario assillato da tanti guai, certo, ma anche da un giornalista aguzzino, virtuosamente divertito e un po' sperimentalista che gli dà di «sepolcro I bipede», «loculo verticale», I «colombario da passeggio». ras Martinazzoli: «elegante come una lapide», «inflessibile come un cippo funerario». Scontro unilaterale personale e decisamente irreale. L'ultimo dei tormentoni, appunto, con improperi gettati al vento, senza replica, senza modificazioni di sostanza. Quasi a riempire il vuoto, a risarcire la carica di monotonia postuma che sprigionava la coppia Ugo Intini-Palmiro Togliatti. Tanto replicata da essersi dissolta, alla fine, in un unico bizzarro ed inerte individuo a nome Ugo Palmiro Intuii che di Togliatti ha smesso anche di parlare male. A riprova che, 43{& e jJet a gli, lo scontro troppo *ravvit cinato, rischia di rompere l'incantesimo, &)me_Mc,ca-™ duto, in fondo? aTiro dopò W urla, le minacce («Gli strappo il cuore se ha il coraggio di guardarmi in faccia!»), il bastone levato in aria e quel minuzioso background di documentazione raccolto su Cirino Pomicino: infanzia, salute, famiglia, amicizie, interessi. Poi, di schianto, il silenzio: e ora per Piro quel personaggio è svanito. Divorzio all'inverso. Cossiga, per dire, che non attacca più Rodotà. Eppure faceva impressione la naturalezza, l'inconsapevole ardore con cui lo tirava in ballo, su qualunque argomento, in qualunque circostanza. Addirittura quando dovette piantare un alberello in una landa desolata dell'Islanda. «C'è acqua, qui sotto?» si informava e, ottenuta la risposta, coglieva l'attimo per borbottare qualcosa contro quel suo personalissimo nemico, e forse era anche un mòdo per sentirsi meno solò. Filippo Ceccarell

Luoghi citati: Islanda