Il pavé di Fiandra affascina Cipollini
Oggi si corre la prima classica del Nord CICLISMO Oggi si corre la prima classica del Nord Il pavé di Fiandra affascina Cipollini SINT NIKLAAS DAL NOSTRO INVIATO Il Giro delle Fiandre è una non comune vicenda ciclistica. Come in nessun'altra corsa vi si rimescolano l'antico e il nuovo, il gusto per il tormento e l'ultima scientifica trovata per trasformare il pavé in una gommapiuma; le mucche che dai grassi prati assistono al passaggio di Van Hooydonck e il re che puntualmente ad ogni vigilia chiede notizie di Eddy Merckx. Nessuna corsa ha le ossute nevrasteniche salite del Giro delle Fiandre (che cosa sono se non scatti d'ira i celebri muri che spezzano le illusioni non solo ai velocisti); nessuna corsa ha la sua gente. Una totale inimicizia per le comodità, fa sì che il pubblico del Fiandre non soltanto adori questa elettrica ronda, ma la consideri fatica somma per capire se un campione è un campione. Davanti alle sedici rampe che imbottiscono di dolori questa corsa, Fondriest e Cipollini alzano alte le loro bandiere. Il vincitore della Milano-Sanremo, ha per le Fiandre una struggente passione, è in queste terre che nei giorni dell'esilio belga ha ritrovato il piacere di battersi e ha imparato a far lavorare il cervello oltre alle gambe. Qui Fondriest cerca la prova definitiva della propria resurrezione. A Cipollini urge una classica e siccome non è tipo che s'accontenta, ha scelto la più affascinante. Se regge sul muro di Grammont e sul Bosberg che si drizzano a 16 e a 12 km dal traguardo, può gettare i suoi dadi. Museeuw gli è compagno di squadra. Affratellati sin qui nell'annientamento della concorrenza veloce, si sono per l'occasione consensualmente divisi, promettendosi mazzate. Arride a Fondriest e a Cipollini una forma dirompente, che li pone una spanna sopra gli altri italiani, Argentin, Ballerini, Bartoli, Bontempi, Bugno, Leoni. Ma basta l'ottima forma per vincere un Giro delle Fiandre? «Filavo a meraviglia l'altr'anno dice Fondriest -, e a che cosa è servito? A perdere. Dal primo muro, il Tiegemberg, all'ultimo è un volo nei rischi, una scommessa replicata cento volte. Se dici ah come mi sento bene e ti butti, va a finire che scoppi. Se risparmi e ti fermi a pensare, capita che precipiti in cantina. Museeuw è un favorito, però nel Giro delle Fiandre i favoriti pedalano sui chiodi. Guarda te stesso, non appiccicarti agli altri». «A me di come si comportano gli altri è sempre importato poco, anzi me ne importa niente - dice Bugno -, tiro fuori quello che posso, quello che mi consente la mia condizione che è buona, non straordinaria. Arrivo agli ultimi chilometri e decido». Argentin che, con Magni e Zandegù, è il solo italiano ad aver messo per primo la ruota su questo traguardo (1990) offre vaghe informazioni. Non si sa mai con precisione come stia e che cosa gli frulli per la mente. Se il ginocchio che gli ha rovinato la Sanremo è guarito, lo sapremo oggi. Bontempi e Ballerini hanno il peso giusto per questo genere di gare, Leoni è uno sprinter puro e gli sprinter puri nelle Fiandre hanno poca fortuna. Il giovane Bartoli è una brava recluta. Soerensen, Ludwig, Vanderaerder, Nijdam, Maassen, Van Hooydonck, Tchmile e Jalabert compongono con Museeuw la pattuglia straniera: assi di Paesi che ciclisticamente tirano la cinghia contro - parrà uno scherzo - i ricchi italiani. Gianni Ranieri
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