Caniggia gioca o no? E la Roma si è divisa

Sempre più isolato dopo l'accusa di doping Sempre più isolato dopo l'accusa di doping Caniggia gioca o no? E la Roma si è divisa ROMA. Quella di ieri è stata sicuramente la vigilia più lunga per Claudio Paul Caniggia. Dopo l'amarezza dei giorni scorsi, un sabato accompagnato dal dubbio e trascorso nella solitudine di chi poco può attendersi dagli altri, di chi non può neanche cercare lo sfogo della confessione con gli amici. E probabilmente Caniggia, a Roma, non ha neanche molti amici. Ha sempre vissuto da isolato nell'eremo di Fregene, un paese che d'inverno ha la tristezza piena di languori di tutti i luoghi di villeggiatura, battuti dal vento, scossi dalle mareggiate. Un esilio, più che una solitudine. Pochi amici e pochi ammiratori: d'altra parte le sue prestazioni nella squadra giallorossa non sono mai state caratterizzate dalla generosità; e il primo slancio d'amore gli giunse dalla curva soltanto ima ventina di giorni fa quando recise, con il secondo gol, l'ultimo filo di speranza che sosteneva i tifosi del Milan. Ieri, ad assistere da lontano alla partitella della Roma, otto contro otto, giocata ovviamente a porte chiuse a Trigoria, c'era una ventina di tifosi, gli irriducibili. I quali hanno sostenuto l'argentino con grida d'incitamento. Ma sono una mino¬ ranza veramente esigua di fronte alla massiccia disapprovazione che oggi potrebbe piovere su Caniggia dalle gradinate dell'Olimpico al completo. L'attaccante ha giocato con molto impegno. Sembrava volersi liberare da tanti incubi, ha anche segnato un gol. Si è mosso con la disperazione di chi sa di essere forse giunto all'ultimo allenamento della sua vita; di un atleta che martedì potrebbe essere costretto a lasciare lo sport; di un campione che presto potrebbe ridursi a vivere di ricordi. Senza contare il dilemma che è maturato nelle ultime ore: farlo giocare con la Fiorentina o no? In seno alla Roma si sono registrate due opposte prese di posizione: da una parte i dirigenti, dall'altra Boskov. I primi pensano al danno d'immagine che la società subirebbe se Caniggia scendesse in campo e due giorni dopo (controanalisi martedì alle ore 10 per accertare se c'è stato, da parte del giocatore, l'uso di cocaina) dovesse risultare definitivamente colpevole e si ritrovasse con il minimo di un anno di squalifica da scontare. Per i fautori del no, Caniggia non solo non deve giocare ma non gli si deve neanche far po¬ sto in panchina nonostante il vicepresidente Malagò abbia affermato che, in definitiva, la decisione spetta solo al tecnico. Quest'ultimo, invece, è fermamente convinto che Caniggia debba scendere in campo. Non solo perché la Roma ha perso contemporaneamente due punte (Carnevale, per tre giornate di squalifica, e Muzzi, infortunato, che ieri non s'è neanche allenato), ma perché, a quanto ha lasciato intendere l'allenatore, la rinuncia all'apporto dell'argentino sarebbe un'automatica ammissione di colpevolezza. Al momento, infatti, il sudamericano amico di Maradona, è ancora ufficialmente innocente. Difficile ipotizzare quale sarà la soluzione: è certo, per altro, che tanti sono convinti (e magari hanno motivi concreti per esserlo) che Caniggia sia veramente entrato nel vicolo cieco del doping, strada da cui è difficile tornare. E l'opportunità, se non addirittura l'opportunismo, potrebbe alla fine prevalere su ogni altra considerazione. Se così fosse, per Caniggia i giochi sarebbero già fatti. Anche se la decisione ufficiale verrà presa soltanto questa mattina. Vanni Loriga Aspettando il verdetto di martedì i dirigenti non lo vorrebbero neanche in panchina mentre Boskov insiste per avere l'argentino in campo con i viola Claudio Paul Caniggia è nato a Henderson il 9 gennaio 1967; ha giocato nel River Piate, nel Verona e nell'Atalanta

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