Successo a Torino di Osvaldo Guerrieri
Successo a Torino Successo a Torino C#è tutto Benni «Nel bar sotto il moie» TORINO. E poi dicono che il teatro piange. L'altra sera una impressionante folla di giovani ha preso d'assalto l'Adua, dove l'Archivolto di Genova rappresentava «Il bar sotto il mare», tritacarne comico-grottesco di Stefano Benni. Che cosa ha provocato questa adunata festosamente caotica? Certamente Benni, il cui richiamo è ormai irresistibile come il formaggio per il topo; certamente il libro Feltrinelli da cui è tratto lo spettacolo, un volume di racconti e poesie venduto in 200 mila copie; e certamente i giovani dell'Archivolto, che dopo anni di caparbio lavoro intorno a un teatro in delicato equilibrio tra prosa, musical e parodia, hanno ottenuto una larga popolarità con la partecipazione alla contropubbhcità di «Avanzi». E così, battezzato da un affetto popolare fondato sulla fiducia, «Il bar sotto il mare» ci offre la finzione di quattro naufraghi che, irretiti da una sirena, sono costretti a raccontare ciascuno una propria storia. La prima avventura ha per protagonisti Pronto Soccorso e Beauty Case. Lui è un drago della moto, già a sei anni s'era costruito un triciclo azionato da un frullatore: faceva venti chilometri con un litro di frappé. Ora guida bolidi senza freni, fascinoso come un angelo metropolitano. Beauty Case è una micro-parrucchiera. Da una cravatta di papà riesce a ricavare 3 minigonne. Quando lecca un gelato provoca un vero ingorgo di sguardi e di desideri. Inevitabile che tra loro si scateni l'amore, e che amore: baci lunghi dalle due alle tre ore, nozze. Quindi ascoltiamo la poesia «Le piccole cose che amo di te», molto cara anche a Lucia Poli. Una lei elenca le cose di lui che le sono più preziose, compreso il profumo della pipa. La prima volta lo fa con tenerezza, poi il tono diventa più secco, più acido: vedete come l'abitudine trasforma il profumo in puzza. Bello il brano dell'attore fallito che viene a rendere omaggio alla tomba di un collega più illustre di lui. Tra il nero del cielo e il bianco di una neve cecoviana, l'attorastro parla delle proprie sfortune e quando comincia a recitare «La cavalla storna», dal cielo cade una pioggia di pomodori. Si cambia tono e colore con la California. Villa miliardaria con doppia piscina, vecchi che muoiono nell'assoluta indifferenza dei giovani, madri che si sono bevute il cervello, figli e amici dei figli che tirano cocaina come pazzi: «E' per dimenticare il Vietnam», «Ma tu sei stato alle Maldive». E che dire di Cappuccetto nero? Siamo fra le più bieche devianze giovanili. Cappuccetto non porta alla nonna le focacce, la rifornisce di coca e il lupo cattivo, che qui si chiama Lonesome Woolf perché è un maledetto solitario, le propone: facciamo fuori la vecchia e ci dividiamo il malloppo. C'è tutto Benni in questi paradossi, in questi stravolgimenti mitologici e sentimentali. E' stato bravo Gallione a fonderli in una forma teatrale che fa il verso al dramma metropolitano, alla soapopera californiana, all'espressionismo più caricato. Il suo spettacolo è intelligente e divertente; anche un po' ruffiano, soprattutto negli inserti musicali, con quelle citazioni di Rascel, di Conte, di Buscaglione («Non partir, non partir, tu sei chiusa nel mio cuor lo sento...»). E bravissimi sono Ugo Dighero, il diafano Marcello Cesena, Maurizio Crozza e Mauro Pirovano irresistibili anche «en travesti», Carla Signoris, cui è affidata la nota sgargiante del sex appeal. Raccontano, ballano e cantano con abnegazione, trascinando nell'entusiasmo la platea. Si replica fino a martedì. Osvaldo Guerrieri
Luoghi citati: California, Genova, Maldive, Torino, Vietnam
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