Un cimitero di donne sotto casa Beria di Cesare Martinetti

Lavori stradali portano alla luce le giovani vittime del capo della polizia politica di Stalin Lavori stradali portano alla luce le giovani vittime del capo della polizia politica di Stalin Un cimitero di donne sotto casa Beria Ogni sera uno stupro per il macellaio della Lubianka Il ricatto alle ragazze: tuo padre al Gulag se non cedi MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quattro assi di legno coprono un piccolo cimitero degli orrori spuntato per caso dalle viscere dei misteri di Mosca, in un angolo famoso del centro, tra via Kacialova e vicolo Vspolni, a pochi metri dalla casa che fu la residenza di Laurentij Beria, il feroce capo della polizia politica ai tempi di Stalin, l'architetto del terrore negli anni più duri delle repressioni sovietiche. Alcuni scheletri sono stali scoperti durante i lavori stradali: sembrano resti di donne, potrebbero essere alcune vittime della perversione privata di Beria. La scoperta è stata fatta venerdì. Ieri abbiamo visto la fossa. E' un piccolo scavo sulla strada, a pochi metri dal muro di cinta della villa. A due metri di profondità, vediamo i resti: femori, tibie, altre ossa ancora conficcate nella terra, un teschio. La gente passa e si ferma a guardare giù. I bambini ci giocano intorno. Dice uno: «Ieri c'erano sei teschi, li ho visti io». Una bambina: «E uno aveva il foro di un proiettile». Adesso ne resta uno solo, gli altri sono stati presi dai periti, le analisi diranno se davvero quelle povere ossa potrebbero aver avuto che fare con Beria o se si tratta di un altro mistero russo. Le leggende su Laurentij Beria sono infinite, negli Anni 40-50, alle ragazze di Mosca i genitori erano abituati a dare una raccomandazione: «Non camminate sul bordo del marciapiede, altrimenti passa la macchina nera di Beria e vi porta via...». Si sapeva della segreta passione del sanguinario signore della Lubianka: ogni sera una ragazza nuova, molte volte presa per strada, da una squadra di suoi uomini addetti solo a questo compito. A tutte veniva fatto lo stesso ricatto: o ci stai o finisci in carcere. Stesse leggende circolavano su quella villa in stile neoclassico che oggi è sede dell'ambasciata tunisina. Si diceva che nei sotterranei vi fossero camere delle torture, celle per i prigioneri, cunicoli e vie di fuga. Forse anche fos¬ se per sepolture che non dovevano lasciare tracce. Gli scheletri trovati venerdì sono lungo la direzione di una di queste vie di fuga, davvero quei corpi potrebbero essere di ragazze che qualche ora prima di morire sono entrate ignare dal portone principale di vicolo Vspolni. Chi ha visitato la casa e si suoi sotterranei racconta di un labirintico e sofisticato intrico di stanze e stanzette sotterranee. L'accesso a questo reparto segreto è una porticina blindata, spessa una decina di centimetri, alta un metro e 45, larga sessanta. Dietro questa piccola porta una successione di piccoli locali, collegati fra loro da un cunicolo alto un metro e 44 centimetri, largo sessanta, percorso da un tubo che arrivava fino all'ultima stanzetta. Il tubo era collegato con la rete cittadina del gas e forse quell'ultimo antro era una camera della morte. C'era anche una grande stanza, dodici metri per otto, senza riscaldamento, chiusa anch'essa da una porta blindata. Beria uscì per l'ultima volta da questa casa un giorno di giugno del '53, tre mesi dopo la morte di Stalin. Fu arrestato, processato, condannato, fucilato. E le accuse che pesarono di più contro di lui non furono quelle dei suoi perseguitati politici, ma quelle delle donne. Centinaia di lettere arrivate ai dirigenti del pcus che raccontavano notti di orrori in quella casa di via Kacialova. Cesare Martinetti Laurentij Beria, il «macellaio» di Stalin, e la casa di Mosca teatro dei suoi crimini sessuali

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