«Un'alleanza mondiale per Eltsin»

Si è aperto il summit di Vancouver, il leader russo: non chiediamo troppo, ma il giusto Si è aperto il summit di Vancouver, il leader russo: non chiediamo troppo, ma il giusto «Un'alleanza mondiale per Eltsin» Clinton: da soli non ce la facciamo VANCOUVER DAL NOSTRO INVIATO Quattro ore a colloquiò con il pirotecnico e pericolante Boris Eltsin hanno costituito ieri il debutto sulla grande scena internazionale di Bill Clinton in questa scenografica baia del Pacifico invasa da battaglioni di agenti di sicurezza e pattugliata dall'incrociatore «Maxim Gorky». Clinton vi è arrivato con una linea decisa, e secondo alcuni spericolata, a totale sostegno di Eltsin, facendosi precedere da un messaggio via radio agli americani in cui ha invocato la necessità di una coalizione planetaria per salvare «la pace e le riforme in Russia» come quella costituita per vincere la guerra del Golfo. Eltsin si è presentato assicurando che, «finché al potere in Russia ci sarà Boris Nicolayevic Eltsin il cammino verso la democrazia procederà deciso» e dopo aver mandato a Clinton un messaggio da lontano che, sostanzialmente, significa: più soldi e meno condizioni. «Non chiediamo né poco né troppo, chiediamo il giusto». Così è cominciato questo vertice cruciale, costato 2 milioni di dollari, in gran parte stanziati dagli sponsor ufficiali, Philip Morris Tobacco Company e McDonalds, hamburger, tra un Presidente che non fuma e uno che preferisce i liquidi ai cibi solidi. Oggi, nel corso della conferenza-stampa conclusiva, se ne conosceranno i risultati. Sbarcato dall'aereo ieri mattina verso le 9, Eltsin è stato ricevuto dall'ormai declinante primo ministro canadese Brian Mulroney. La cerimonia si è ripetuta qualche ora dopo per Clinton. L'anfitrione Mulroney ha invitato i due Presidenti a pranzo e poi li ha lasciati soli nella Norman MacKenzie House, la residenza spagnolesca del presidente dell'Università della British Columbia. Accompagnati dai rispettivi collaboratori, Clinton e Eltsin hanno poi cenato insieme al «Seasons in the Park», pasta di granchi, salmone, torta di mirtilli e vini americani. Prima di partire per il Canada, Eltsin aveva tradito la sua preoccupazione per la situazione interna russa, quando aveva sentito il bisogno di rassicurare il mondo sul suo pieno controllo. «Ho un telefono - ha detto -. Non abbandono certo la maniglia del governo. E' come il bottone nucleare, viaggia sempre con me». Quando gli hanno chiesto se il milione di dollari promessigli da Clinton siano sufficienti, ha dichiarato: «Vi ricordo che la Germania, per liberarsi del mostro comunista, ha avuto bisogno di 100 miliardi di dollari». Ma poi ha rettificato dicendo: «Troppo poco non va bene, ma anche troppo può essere dannoso: l'opposizione potrebbe dire che ci siamo fatti incatenare dall'Occidente». Nessuno deve, d'altra parte, avere dubbi sul suo incrollabile impegno^ a costruire una Russia democràtica, perché, ha detto, «fare le riforme è come andare in bicicletta: se ti fermi cadi». Ma, sul suo modo di pedalare, sono in parecchi, negli Stati Uniti, a nutrire preoccupazioni. Clinton, se le ha, ha deciso di tenerle per sé. «Voglio che l'America agisca - ha detto ieri, parlando alla radio. - Ma l'America non può e non deve agire sola. Così come abbiamo mobilitato il mondo per la guerra del Golfo, così adesso dobbiamo mobilitare il mondo per la pace e le riforme in Russia». Il Presidente americano ha avvertito più volte Eltsin che il suo sostegno è condizionato al mantenimento di una rotta deci¬ sa verso la democrazia. Ma, nello stesso tempo, continua a legare il destino delle riforme democratiche in Russia alla sopravvivenza di Eltsin. E' proprio questo che ieri, sul «New York Times», il sovietologo del Mit Stephen Mayer ha definito «pericolosamente esagerato». Anche l'ex segretario di Stato Henry Kissinger giudica la posizione di Clinton imprevidente al limite dell'irresponsabilità. «Da Eltsin - ha detto Kissinger a un giornale tedesco - sappiamo cosa possiamo aspettarci: la nascita di un potere dittatoriale». Clinton risponde a queste obiezioni, sostenendo di non voler passare alla storia come uno che ha tentennato in un momento critico, così come Henry Truman venne accusato di «aver perso la Cina» per troppa indecisione. Nella notte di venerdì, la grande baia scoperta da capitan Vancouver è stata illuminata da 100 mila dollari di fuochi d'artificio. E' stata una cerimonia pagana offerta da una marca di sigarette, ma è sembrato anche un rito propiziatorio, scaramantico, volto ad esorcizzare altri fuochi e altri scoppi, quelli che potrebbero esplodere in Russia se Eltsin venisse travolto. Paolo Passarmi