Loredana e Guevara musica guerrigliero

Le materie scelte per seconda prova scritta e colloquio orale Berte musa ispiratrice del «Manifesto» Loredana e Guevara musica guerrigliero Piace ai nostalgici: «Finalmente si cantano cose serie, Cuba e ribelli» ROMA DALLA REDAZIONE Possibile che Loredana Berte sia diventata la musa ispiratrice della sinistra più a sinistra, quella dei comunisti che non mollano, dell'internazionalismo che non s'arrende, del Che eterno mito di eroismo guerrigliero? Possibilissimo. «Il manifesto» di ieri ha piazzato la sua foto nella controcopertina: minigonna mozzafiato, capello selvaggio, t-shirt slabbrata, broncio duro e forte. Occasione per questo inedito omaggio è la pubblicazione di una lettera, con tanto di commento dell'esperto musicale Alberto Piccinini, di una sua «ammiratrice», o meglio di una che più che essere una «fan» della Berte è una «fan» di un certo modo, ormai passato, di far canzone e politica. Una nostalgica, e lo ammette anche lei nelle sue poche righe, di quando anche con la musica «si parlava di cose serie, tra ribellione, solitudine, Che Guevara, comunismi, Cuba. Cose che un tempo erano nell'aria tutti i giorni». Cantante pop ribelle e anarchica, amica per la pelle di Renato Zero e dei ragazzi del Piper, ma certo poco cara ai sessantottini che le preferivano De André, Guccini, e perfino Dalla e De Gregori, Loredana Berte in questi ultimi anni s'è invece avvicinata proprio a ciò che rimane della sinistra: un terzomondismo che vorrebbe coniugare uguaglianza e sviluppo, un anti-americanismo che nasce dal sogno di una pace universale, un bisogno di tutelare le minoranze, qualunque minoranza sia, che si esprime adesso nella battaglia per il No al referendum sulla maggioritaria. Una svolta improvvisa? Una manovra pubblicitaria? Un irrefrenabile bisogno di identificazione? Niente di tutto questo, spiega chi la conosce bene. Più semplicemente è che Loredana Berte, uscita a pezzi dal matrimonio con Bjorn Borg, una volta tornata a vivere in Italia non riusciva a riconoscere più né se stessa né il paese. Ad aiutarla a tirarsi fuori dalla crisi depressiva esplosa nel tentato suicidio, sembra sia stato proprio «il manifesto». La lettura attenta del quotidiano intrapresa nei giorni della Guerra del Golfo, le ha regalato una coscienza politica che non sapeva di avere. E' nata un'amicizia tra lei e il giornale. Un'amicizia che la Berte, ragazza inquieta di quarant'anni, ha espresso tempestando la redazione di fax. Fax di lodi per questo o quel pezzo, fax per commentare questo o quel giornalista, fax di consenso o dissenso su questa o quella iniziativa. Intanto si è informata, ha raccolto documenti, ha cominciato a fare militanza: è cambiata. E' nato così il suo ultimo disco in cui, oltre a una canzone intitolata «Comandante Che», i cui diritti d'autore sono stati devoluti a Cuba, compaiono anche «Kabul», «Dormitorio pubblico», «Ufficialmente dispersi», testi impostati a una denuncia senza mezzi termini. Che conquistano i nostalgici!. * Loredana Berte

Luoghi citati: Cuba, Italia, Kabul, Roma