Napoli il pds nella bufera di Fulvio Milone

Napoli, il pds nella bufera Napoli, il pds nella bufera Segretario provinciale arrestato e rilasciato NAPOLI. L'ultima bomba della Tangentopoli vesuviana è scoppiata nel primo pomeriggio, quando i carabinieri si sono presentati in un appartamento sulla collina del Vomere Cercavano Benito Visca, 57 anni, da otto mesi segretario provinciale del pds. Vicino alle posizioni di Occhetto, è però sempre stato considerato estraneo ai giochi di potere che per lungo tempo hanno dilaniato la federazione napoletana: un uomo rispettato e apprezzato anche fuori dal partito. Eppure il suo nome compariva in un ordine di custodia cautelare firmato dal giudice per le indagini preliminari Gennaro Costagliola. Visca, dimesso la sera precedente dall'ospedale dove ha subito un intervento chirurgico al cuore, ha letto in silenzio i capi d'accusa: concorso in corruzione e abuso d'ufficio, all'epoca in cui era presidente della Lega delle cooperative in Campania. Il giudice, che gli ha concesso gli arresti domiciliari, è andato ad ascoltarlo nel tardo pomeriggio. E' stato un interrogatorio drammatico, conclusosi con un clamoroso colpo di scena: Benito Visca, accusato di essere stato il trait-d'union fra alcuni politici e un gruppo di imprenditori per il pagamento di una tangente da 200 milioni in cambio di un appalto per il servizio di nettezza urbana, si è difeso accusando. Il ruolo che i giudici gli attribuiscono, ha detto, in realtà fu ricoperto da un suo compagno di partito, il deputato pidiessino Berardo Impegno, già inquisito. Fu lui, avrebbe concluso Visca, il «portaordini» dei tangentomani. Al termine dell'interrogatorio, l'ordine di arresto è stato revocato. Una storia complessa quella al centro dell'indagine, che ha inizio nel 1989. Sono anni difficili per la Lega campana, travolta nell'87 da uno scandalo che ha portato all'arresto del suo presidente, Nicola Miraglia. L'organizzazione ha bisogno di un dirigente che ne rilanci l'immagine, e la scelta è caduta su un uomo, Visca, che dopo una lunga esperienza come giornalista dell'Unità ha ricoperto incarichi importanti nell'amministrazione di sinistra guidata da Maurizio Valenzi. Ma l'89 è anche l'anno in cui il Comune di Napoli, governato da una giunta pentapartito, si prepara a varare una serie di progetti destinati a cambiare il volto della città. Il più discusso è l'affidamento alle ditte private della raccolta dei rifiuti: un appalto da 350 miliardi, voluto dall'ex assessore socialista Antonio Ciglia- no, e che le imprese sono pronte ad accaparrarsi ad ogni costo. Ouel che realmente accade allora lo si saprà solo dopo 4 anni, grazie a decine di testimonianze rese davanti ai sostituti procuratori che indagano su un giro impressionante di bustarelle. Tra i protagonisti che rivelano i segreti della Tangentopoli napoletana c'è anche un certo Renato Santi, amministratore della «Scarl», azienda emiliana capofila del «Consorzio Nazionale Servizi», che si è aggiudicato uno dei dieci lotti deU'appalto della nettezza urbana. Arrestato tre giorni fa, ha confermato ciò che i magistrati avrebbero già saputo da altri imputati. Parla di un comitato di affari composto da politici di rilievo nazionale, che nell'89 impone tangenti e assunzioni agli imprenditori che vogliono lavo¬ rare. Al sistema, dice Santi, non sfugge neanche il «Consorzio Nazionale Servizi», che fa capo alla Lega. Aporre le condizioni al presidente Visca sarebbe un politico. Il messaggio è chiaro: «Se volete il lavoro dovete inserire un'impresa amica nel consorzio e pagare duecento milioni in contanti». E Visca, sostiene l'accusa, avrebbe accettato, come tanti altri imprenditori che operano a Napoli : il «Cns» ottiene l'appalto dopo avere cooptato nei suoi ranghi la società «La Perla» di Nicola D'Abundo, imprenditore vicino ai socialisti. Paga anche la bustarella milionaria: la somma, consegnata allo stesso D'Abundo, sarebbe poi stata «girata» a Di Donato. Nella notte fra giovedì e venerdì è stato ascoltato dai giudici un altro imputato eccellente in una delle inchieste sulle tangenti a Napoli. E' Mario Aitali, amministratore delegato della Sme arrestato e rilasciato dopo un interrogatorio di 7 ore. Il responsabile del gruppo agro-alimentare che fa capo all'Iri, accusato di aver violato la legge sul finanziamento dei partiti, si sarebbe difeso dicendo di avere effettuato pagamenti del tutto regolari per inserti pubblicitari su alcuni volumi e per l'apertura di uno stand durante il 46° congresso nazionale del psi, tenutosi a Bari. Dalle casse della Sme sarebbero usciti complessivamente 132 milioni: 82 li avrebbe incassati la «Nea», una società che fa capo al psi, oltre che per lo stand congressuale, perla pubblicità apparsa nella rivista «Mondo Operaio» e in un volume sul centerario della nascita del partito; 20 li avrebbe ottenuti la democristiana «Edit» che ha pubblicato un volume intitolato: «Idea e Forma del partito»; 30 sarebbero andati alla «Sop», editrice di un almanacco del partito repubblicano e di un catalogo su «Impresa e futuro». Fulvio Milone Visca accusa il collega di partito Impegno per una mazzetta da 200 milioni Benito Visca, segretario pds a Napoli, è accusato di concorso in corruzione e abuso d'ufficio

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