Chiese unite ma attenti alle mode

In un libro il sovrano ricorda i pugni con i compagni perle calunnie del dittatore L'anziano teologo luterano ha ricevuto ieri a Milano il Premio Paolo VI Chiese unite, ma attenti alle mode Cullmann contro le «scuole»: sono troppe MILANO A voluto parlare per ultimo, ieri, il cardinale Martini, alla cerimonia Iper la premiazione di Oscar Cullmann, il più grande teorico vivente di fede protestante, a cui ha consegnato il Premio Paolo VI. E lo ha fatto, in modo stringato e molto partecipativo («Anche questo momento che viviamo appartiene all'opera di Dio, lo diciamo con qualche trepidazione, in qualche maniera appartiene alla storia della salvezza»), dopo che il prof. Giuseppe Colombo, preside della Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale, si era espresso con parole durissime contro la teologia non accademica, o «non teologia tout court» che professa la «mostruosa» dissociazione tra carità e verità, «forse funzionale ai timidi, se non meschini, progetti degli uomini, ma assolutamente aliena dalla profonda e santissi¬ ma volontà di Dio». E come antidoto alla corruzione della teologia non accademica, che cede alle lusinghe della vanità e del successo mondano, e ritiene si debbano cancellare le diverse caratterizzazioni confessionali, la Chiesa ha chiaramente proposto ieri la figura austera dì questo studioso luterano di Basilea, ultranovantenne, autore prolificissimo, che si è diviso tra la cattedra laica di Scienza comparata delle religioni a Parigi, e la cattedra confessionale di Teologia a Basilea. Il quale si batte per l'unità dei cristiani, ma nel rispetto della diversità delle loro confessioni, e deplora che oggi si parli tanto di regressione dell'ecumenismo dopo gli entusiasmi di trentanni fa, e si ricorra allo slogan del «tanto non cambierà mai nulla»: «Certi atteggiamenti antiecumenici che sono emersi in alcuni hanno frenato i progressi. Ma sono convinto che, a torto, se ne esageri la portata e si parli troppo di regressione. E questo non può che essere nocivo per il riavvicinamento dei cristiani». Come si può aiutare allora l'ecumenismo che era tanto caro a Paolo VI, oltre che con, gesti simbolici e importanti, come l'esempio che ha dato Giovanni Paolo II andando a predicare in occasione di un Giubileo di Lutero nella piccola chiesa luterana di Roma? Soprattutto con la discussione teorica, ritiene Cullmann, che si è dedicato prevalentemente all'esegesi biblica e alla Storia della Salvezza: «Quando ero giovane professore a Strasburgo negli Anni Trenta, ho cominciato ad avere conversazioni con teologi cattolici, per esempio con il giovane padre Congar. Allora incontri di tal genere erano piuttosto rari. Questo m'induce a sottolineare il ruolo della teologia per l'unità dei cristiani. E' stato rimproverato ai teologi di essere i grandi responsabili della separazione dei cristiani. Riconosco che è in parte vero per quanto riguarda i secoli passati. La famosa rabies theologorum, il loro spirito polemico ha fatto molto male. Non presumo che sia scomparso del tutto tra noi, ma devo ricordare che, a partire dal nostro tempo, l'ecumenismo ha cominciato a svilupparsi proprio con i dialoghi tra esegeti della Bibbia». Il pericolo di cercare l'unità senza occuparsi a fondo dei problemi teologici, insiste Cullmann, porterebbe a «un'unità fittizia e priva di fondamento». Come del resto sosteneva il suo vecchio amico Paolo VI. «Tuttavia bisogna anche cercare di non mettere al servizio dell'ecumenismo le nostre mode teologiche. Nella mia lunga vita, ne ho viste comparire e scomparire in gran numero. Mi limito a ricordare il barthismo, il bultmannismo fino all'applicazione della psicoanalisi alla religione. Alla base c'è sempre una verità autentica, ma oscurata... l'angustia accecante delle mode è un ostacolo alla ricerca degli elementi di verità nella Chiesa sorella». Livia Manera Il teologo svizzero Oscar Cullmann insieme al cardinal Martini ieri a Milano

Luoghi citati: Basilea, Italia, Milano, Parigi, Roma, Strasburgo