Altri giudici nel mirino

Altri giudici nel mirino Altri giudici nel mirino // Csm indaga su Barreca e Conti PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dopo il giudice della Cassazione Corrado Carnevale, altri magistrati sono sospettati di rapporti con la mafia. Un sospetto infamante. Li accusano i pentiti. C'è il rischio che si alzi un nuovo enorme polverone. Ma esiste anche un margine di dubbio che getta altre ombre inquietanti sul palazzo di giustizia di Palermo. Il caso è al vaglio del Csm. Tre consiglieri della componente «Movimenti riuniti» formata dalle disciolte correnti «Proposta '88» e «Verdi» hanno chiesto al presidente della I commissione il trasferimento per incompatibilità ambientale di Pasquale Barreca, presidente di sezione della Corte d'Assise e d'Appello, già al centro di roventi polemiche due anni fa. Secondo i tre consiglieri del Csm, che avrebbero deciso il loro passo dopo aver appreso delle contestazioni rivolte al magistrato da al¬ cuni pentiti, Barreca avrebbe avuto contatti diretti con esponenti di Cosa Nostra, forse con lo stesso Totò Riina quando il boss dei boss era latitante. Un'accusa che ha dell'incredibile. E mentre circolavano le prime notizie sull'evoluzione della vicenda a Palazzo dei marescialli, sempre ieri è rimbalzato tra Roma e Palermo anche un altro nome prestigioso della magistratura palermitana, quello di Carmelo Conti, andato recentemente in pensione e per anni presidente della locale Corte d'Appello, cioè il numero uno dei giudici dell'intero distretto che comprende Palermo, Agrigento e Trapani. Prima ancora di lasciare definitivamente il suo alto ufficio, Conti, in passato anche membro del Csm, fu nominato dal governo regionale siciliano commissario dell'Eas, l'Ente acquedotti siciliani, carica nella quale è stato da poco sostituito dal geologo del pds Vincenzo Liguori. Ma perché mai il Csm, ora che Conti non è più in servizio, dovrebbe occuparsi di lui? Tutto fa pensare che possa trattarsi di un «ballon d'essai», insomma di un siluro sparato con l'ex capo del distretto giudiziario più scottante d'Italia. E Barreca, grandi baffi di taglio austroungarico, una lunga carriera come giudice progressista (fu sua la prima sentenza di divorzio a Palermo), una fama di presidente comprensivo ma incorruttibile? Quando nell'ottobre del 1991 il boss Pietro Vernengo, ora all'ergastolo, evase dal centro tumori «Maurizio Ascoli» dove era stato assegnato agli arresti ospedalieri proprio dalla sezione presieduta da Barreca scoppiò il finimondo. Claudio Martelli, allora ministro della Giustizia, chiese la rimozione di Barreca che si difese sostenendo di aver soltanto applicato la legge che difatti il governo Andreotti si affrettò a modificare sull'onda dello sconcerto suscitato dalla fuga del pericoloso boss. Barreca non fu sottopo¬ sto al richiesto procedimento disciplinare e polemizzò: «Io debbo solo far applicare la legge che loro, i politici, possono modificare o abrogare». Vernengo fu catturato quattro mesi dopo. Si nascondeva nella sua villa in riva al mare con un motoscafo alla fonda pronto ad assicurargli la fuga che però non gli riuscì. La procura della Repubblica di Caltanissetta competente dopo la remissione degli atti da Palermo, intanto sulla base delle confidenze dei pentiti soprattutto Gaspare Mutolo e Giuseppe Marchese sta proseguendo gli accertamenti su Barreca e, sembra, anche su Carmelo Conti e Domenico Signorino espressamente citati dai collaboratori della giustizia. Ma un'eventuale azione nei confronti di Signorino è impensabile: il giudice, dopo le prime accuse, si suicidò con un colpo di pistola il 3 dicembre scorso. Antonio Pavida