Europa com'è brutta la città

20 discussioni. Contro le «geometrie» del '900 nostalgia dei centri storici Europa, com'è brutta la città LI A città europea del nostro tempo è brutta. Il giudizio sommario è molto diffuso; altrettanto diffusa _ I l'ammirazione delle città e i quartieri ereditati dal Medio Evo in poi. E' facilissimo incontrare innamorati di Siena, di Gand, di Praga, di Place des Vosges o della Piazza di Vigevano ma è raro incontrare chi vada a Parigi per la Défense, a Milano per il Centro direzionale, a Londra per il Barbican. «Quasi tutti condividono queste opinioni, perché le parti di città costruite nel Novecento, e tanto più nella seconda metà, non sono lontanamente comparabili ai centri storici. La nostra generazione di urbanisti e architetti ha badato soprattutto alle funzioni e alle strutture, non alla bellezza», dice Marco Romano, autore del saggio L'estetica della città europea uscito in questi giorni da Einaudi. Marco Romano, ordinario di architettura, già responsabile della rivista Urbanistica, ammette senza reticenze: «Era quasi vergognoso parlare di bellezza. Nessun sindaco avrebbe chiesto a un urbanista: mi disegni una bella città. Si era arrivati a dire che era doveroso conservare i centri storici non per ragioni estetiche ma come testimonianze, come raccolte di memorie». La tendenza sta cambiando, si apre un nuovo ciclo culturale. «Anche nei secoli passati si erano avuti cicli diversi. Nella prima metà del '600 si prestava più attenzione alle infrastrutture che alla bellezza della città. Nel '700 si ritorna alla ricerca dei valori estetici trascurati. Voltaire scriveva: quanto è brutta Parigi, proprio brutta». Romano ricostruisce e codifica le regole, la grammatica, gli stili, della trasformazione delle città europee dal Mille in avanti e lo fa senza nostalgie, a tratti in polemica con i conservazionisti. Ricorda che in ogni età si ebbero episodi traumatizzanti. «Giovanni Rucellai che affida all'Alberti il proprio palazzo fiorentino non fu forse più dirompente, nel paesaggio della tradizione gotica locale, del progetto di Kenzo Tange per il centro direzionale di Napoli?». Altra citazione polemica: «Le chiese gotiche e le PÌaces Royales che gli Illuministi volevano cancellare dal volto di Parigi ora sono il vanto della città. I canoni e gli indirizzi mutarono nei di- versi cicli storici. La Parigi dell'800 puntò sulla grandiosità. L'asse Tuileries-Etoile è il massimo esempio, ma privo di dimensione umana. Stendhal, infatti, preferiva camminare a Milano». La difficoltà di riconoscere il bello contemporaneo non è solo di oggi. «Nei secoli passati le discussioni non erano meno feroci. basti ricordare quanto durò la polemica sul progetto del Duomo di Milano, quanto furono aspre le contese a Firenze sulla cupola del Brunelleschi». La città moderna mostra però una profonda rottura col passato, favorita dalle nuove tecnologie e dai nuovi materiali. Il ce¬ mento armato ha fortemente influenzato le geometrie degli architetti, mentre cambiava la domanda e cambiavano i committenti. Dalla Roma di Paolo III e di Sisto V, dalla Urbino dei Montefeltro, dalle cattedrali e dai palazzi dei principi siamo arrivati al grattacielo per uffici e al Uno studioso accusa gli architetti «Si vergognavano a parlare di estetica» Invece il 700 amava il bello, e Voltaire inorridiva per Parigi Oggi i sindaci schiavi del cemento ma lottizzavano anche nel '500 WBfa DoaN Due immagini di periferie orribili e degradate, a Roma e (a destra) Napoli. Nella foto in basso Kenzo Tange supermercato con parcheggio. Romano è polemico anche con i protagonisti dell'urbanistica rinascimentale: «Lo splendido principe evocato dagli storici dell'architettura non è mai esistito. I potenti facevano le loro brave lottizzazioni. Vedi nel '500'600 la Via Aurea a Genova, con i suoi splendidi palazzi. Furono criticati aspramente dai genovesi per lo spreco di denaro nelle case dei ricchi. Ma ci fu una certa continuità, si adottavano regole e temi rimasti gli stessi per secoli: la Loggia dei Mercanti a Genova come a Bologna e a Salamanca, le piazze porticate». L'insieme urbano che abbiamo ereditato può apparire più bello anche per l'«aura» del passato. Romano è meno poetico: «Gli edifici, le piazze, i quartieri vengono apprezzati dai cittadini quando si sono esaurite le polemiche sui loro progetti e sulla loro costruzione. Oggi i milanesi sono orgogliosi del grattacielo di Gio Ponti». Amante del paradosso, si spinge oltre: «Tra una o due generazioni, le élites potrebbero sentirsi orgogliose degli edifici oggi condannati, degli altiforni e delle centrali elettriche, persino di qualche villaggio balneare». Provocatore: non può avere dubbi sulla mancanza di qualità urbana, noni solo sulla bruttezza, di tanti quartieri costruiti nell'ultimo mezzo secolo. Li dobbiamo alle ultime tre o quattro generazioni di urbanisti e di architetti. Ad essi è forse mancata quella passione di cui scriveva Filarete in una pagina citata da Romano: «Non è altro l'edificare che un piacere voluntario, come quando l'uomo è innamorato». Mario Fazio

Persone citate: Brunelleschi, Einaudi, Gio Ponti, Giovanni Rucellai, Kenzo Tange, Marco Romano, Mario Fazio, Sisto V