Indagine sulla dc siciliana e i deputati si ribellano

Interno Palermo, la direzione antimafia chiede gli atti del congresso che vide la sconfitta di Ciancimino Indagine sulla de siciliana e i deputati si ribellano ROMA. Gli uomini del raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Palermo, su disposizione della direzione distrettuale antimafia, hanno chiesto, ieri, alla de siciliana l'acquisizione degli atti del congresso regionale del partito svoltosi ad Agrigento nel febbraio 1983. La notizia si era diffusa a tarda sera alla Camera è a molti è sembrato un pesce d'aprile anticipato. Invece il comando generale dei carabinieri ha confermato l'autenticità del documento del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Palermo con cui si chiedevano gli atti dell'assemblea di partito «per urgenti indagini di polizia giudiziaria, delegate dalla direzione distrettuale Antimafia della procura della Repubblica di Palermo». Ed è scattata la rivolta dei deputati democristiani. Gli esponenti democristiani si sono, infatti, infervorati soprattutto per la richiesta dell'atto: «per urgenti indagini di polizia giudiziaria, delegate dalla direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Palermo, pregasi voler consegnare ai latori della presente, copia riassuntiva degli esiti del congresso regionale svoltosi ad Agrigento nel 1983». «Bisogna capire cosa sta succendo in Italia. E' un problema delicato, potere legislativo e po- tere esecutivo devono convivere ma qui sembra di essere di fronte ormai a una guerra senza regole. Cosa vogliono sapere dagli atti del congresso, quaii opinioni politiche sono state espresse in quell'occasione? Se Ciancimino stava ancora con Andreotti o no? Se in quell'occasione è stato emarginato?» dice il deputato de, Alberto Alessi, che ha in mano le fotocopie della richiesta. Alessi racconta di averla ricevuta via fax, dalla democrazia cristiana palermitana e di essersi messo subito in contatto con il segretario nazionale Mino Martinazzoli. L'ora è tarda. Il dubbio coglie alcuni deputati, che non si esprimono. Franco Marini, segretario organizzativo della de, preferisce tacere e dice di voler capire, altri invece dicono la loro. Il più duro è Pierferdinando Casini, membro della Direzione: «Se si vuole fare pulizia siamo a disposizione; se invece si vuole stabilire l'equazione "la de uguale associazione di stampo mafioso" reagiremo molto duramente». E' un invito al'unità interna che molti accolgono. C'è chi rinserra le fila: «Bisogna avere il coraggio di assumere responsabilità politiche per evitare processi sommari», tuona Baccari- ni. E Silvia Costa aggiunge: «Cosa vogliono sapere? E' reato forse assumere in un congresso questa o quella linea politica? Quasi si prefigura che sia reato l'attività di voto di un delega- to». Le perplessità circolano anche negli altri partiti. Il deputato liberale Vittorio Sgarbi è convinto che «il documento ben si inquadra nella prassi folle di voler mettere sotto inchiesta fatti politici». Ma c'è anche chi non si stupisce troppo: «Non conosco le ragioni della richiesta - dice il liberale Alfonso Martucci, vicepresidente della Commissione giustizia - ma se vengono spiegate le finalità, una richiesta di atti può essere anche legittima». Il congresso regionale della de del 1983 sancì l'isolamento politico dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino all'interno del partito. Tutte le correnti presero le distanze da Ciancimino, che rappresentava il 3 per cento del partito su scala regionale e il 17 per cento della de palermitana, sostenendo che le sue tessere non erano politicamente spendibili. Questa inagibilità fu riferita genericamente a una «questione morale». Gli uomini vicini all' ex sindaco di palermo, non potendo confluire nè all'interno della maggioranza nè all'opposizione, ufficializzarono in quella sede la nascita della corrente dei «cianciminiani». Scoppierà un nuovo caso? Un nuovo conflitto fra le istituzioni come quello di alcuni mesi mesi fa tra la procura di Milano, titolare dell'inchiesta Mani Pulite e la Camera? Difficile dirlo. Quel giorno si presentarono a Montecitorio agenti della guardia di Finanza per acquisire i bilanci dei partiti. Immediata la reazione dei parlamentari e del loro presidente, Giorgio Napolitano, che ebbe parole dure nei confronti di quello che considerava un modo di fare inammissibile. Per calmare le acque intervenne il capo del pool di Mani Pulite, Borrelli, giudicando l'iniziativa «fuori luogo». [r. i.] «Dobbiamo evitare i processi sommari» A fianco, Vito Ciancimino Sopra, Casini In basso Franco Marini

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