SARAJEVO

SARAJEVO SARAJEVO «Fermate questa guerra di banditi» breve romanzo, Pratiche d'amore (Garzanti, trad. di Branka Nicija, pp. 132, L. 18.000), iniziato trent'anni fa e rimasto in gestazione fino al '90. Racconta con garbo, umorismo, saggezza, storie quotidiane di commerci sessuali. Desideri e sentimenti allontanati di millenni dalla furia guerresca di oggi, dalla bestialità degli stupri. Ci sono mariti che bevono e buttano al vento la propria vita, mentre le mogli fanno le prostitute part-time; clienti che oscillano tra acerbe fanciulle bosniache e poliziotti annoiati; giudici comprensivi e alcove improvvisate che odorano di cucina; biancheria intima da terzo mondo e ciocche di capelli mal tinti. Un universo dimesso, quotidiano, da casermone di periferia est-europeo, dove impera la voglia bonaria di qualche tenerezza e qualche spicciolo in più. «Sono tutte storie vere - dice Tisma -. Il mondo di queste ragazze mi attraeva molto. Ho cercato di conoscerlo attraverso lunghi incontri. Il materiale è rimasto a decantare negli anni, ogni tanto battevo a macchina qualche foglio, correggevo e ricorreggevo, perché l'anima del libro era diversa da quella delle LVIENNA A religione, le etnie, le lingue c'entrano poco. Questa è una guerra di banditi. Combattuta da bestie selvagge che hanno in spregio la bellezza, la civiltà, l'onore dell'uomo». Aleksandar Tisma, 69 anni, è uno degli scrittori più importanti della ex Jugoslavia. Nato a Novi Sad, nella Vojvodina, ex contea ungherese ai tempi dell'impero asburgico, oggi è cittadino serbo. Per sfuggire agli orrori ha deciso di vivere da zingaro della cultura lontano dal suo Paese. Attualmente è ospite di Vienna, passerà qualche mese in Francia, dopo si affiderà agli inviti di parenti, ministeri, università, meravigliato «che ci sia così tanta gente pronta ad aiutarmi». Dalla sua casa di Vienna osserva attonito il «macello» che sta avvenendo nei Balcani e avverte i cittadini d'Europa a non demonizzare i serbi. Non serve per costruire la pace. Laggiù, in quell'inferno, «peggiore di quanto si possa mai immaginare», la colpa è di tutti. In Italia è appena uscito un suo Referendum tuttolibri - BABELE ■■■■■ LA COPPIA PIÙ' BELLA Con un po' di fantasia (e di spregiudicatezza) proviamo a rimescolare le coppie della letteratura. Ecco il gioco-referendum che Tuttolibri, insieme a Babele, propone ai lettori. Scegliere il lui e la lei preferiti, nei romanzi di ogni epoca e Paese, e immaginare il loro incontro, spiegando il perché. Tuttolibri pubblicherà ogni sabato le scelte più originali. Babele, ogni domenica sera in tv, Rai 3, ne leggerà alcune e inviterà ogni mese due lettori, per presentare la loro coppia. Rizzoli raccoglierà in volume gli «incontri» più interessanti. LEI LUI DAL ROMANZO DAL ROMANZO DI 1)1 PERCHE' NOME COGNOME ETÀ' P/tOFESSIONE CITTA' , INDIRIZZO Ritagliare e spedire a: «I -a coppia più bella» - Tuttolibri-I^a Stampa, via Marenc Unafoto di Tono D'Amico. A sinistra lo scrittore se reggere l'immagine «cattiva» che i mass-media occidentali costruiscono della Serbia. «I serbi non sono i colpevoli di quanto accade. L'Occidente esagera. La Serbia si è trovata all'improvviso in una situazione drammatica. E' la repubblica più influente, più grande, ma è anche poco sviluppata culturalmente. La forza non poteva bastarle per governare. I serbi vivono da secoli sparsi su tutto il territorio. Da un giorno all'altro si sono ritrovati stranieri nelle proprie case. Privi di diritti, obbligati a rinunciare alla loro storia, lingua, tradizioni. La costituzione croata dice che la Croazia è dei croati, cancella del tutto i serbi che vivono entro i suoi confini. In Bosnia dilaga il fondamentalismo islamico, si stampa Khomeini, si sogna l'Iran, La minoranza serba non si sente più tutelata. I serbi lontano da Belgrado hanno paura, e appoggiano Milosevic. Stupri, campi di concentramento, violenze, ci sono da ogni parte, perché i regimi sono uguali: tutti figli del comunismo». Tisma, figlio di madre ebrea ungherese, ha vissuto a Novi Sad, dove popoli, lingue e religioni si sono sissimo. Questa guerra è frutto dell'ignoranza. Il comunismo ha soffocato per anni il progresso, la cultura, le arti. Ha creato un Paese spiritualmente corrotto. Quando la colla del totalitarismo si è sciolta le tensioni sonò esplose. Invece di cominciare una nuova vita, invece di accettare la civilizzazione europea, ci si è precipitati nel medioevo. Questa è una guerra di banditi, non di eserciti. Lo si vede anche dal numero dei morti, molto più basso di ogni vera guerra. Cannoni e carri armati sparano a casaccio, sbagliano gli obiettivi. Questi finti soldati non uccidono in battaglia, sanno ammazzare solo con il coltello, arrivano nei villaggi e sgozzano donne, bambini, gente disarmata. E' gente che esce dalle caverne, arriva dalle campagne. Per questo si accaniscono a distruggere le città, simbolo del benessere che non hanno mai avuto e hanno sempre invidiato. Per questo non sopportano la bellezza di gioielli come Vukovar, Mostar, Dubrovnik e le riducono a cumuli di macerie». Ora, vivendo all'estero, Tisma può vedere la guerra con una prospettiva più distaccata. Vuole cor¬ altre mie opere. Ho sempre scritto storie drammatiche di guerre e sofferenze. Due anni fa ho deciso di pubblicarlo, forse per inalare una boccata di leggerezza visto quanto accadeva intorno». Pratiche d'amore è uscito a Sarajevo, da un editore simbolo di un mondo frantumato. «Il direttore era serbo - dice Tisma -. Il capo editor un croato, la redazione composta di bosniaci. Non ho più notizie di loro da due mesi, ma sono sicuro che le persone di quella casa editrice non accettano la guerra. Le bombe li costringono su fronti diversi, però loro restano amici tra i nemici». Tisma, per molto tempo inviso al regime di Tito, ha raccontato con grande crudezza la storia del suo Paese (in Italia erano già usciti i racconti Scuoia di empietà, e/o, e L'uso dell'uomo, Jaca Book, tradotti da Lionello Costantini). Visti alla luce di quanto accade oggi, i suoi libri appaiono come tante schegge premonitrici di un odio etnico latente, sonnacchioso, quasi fisiologico alla regione balcanica. Sapeva che si sarebbe arrivati a questo punto? «Sì, perché il livello culturale della Jugoslavia era bas¬