Il tam-tam dal Quirinale ipnotizza la Borsa di Valeria Sacchi

Il tam-tam dal Quirinale ipnotizza la Borsa Clima di attesa per le vicende di governo e lira, le blue chips in picchiata, il listino perde il 2,17% Il tam-tam dal Quirinale ipnotizza la Borsa E chi ha scommesso sui «gioielli» di Stato comincia a vendere MILANO. Piazza Affari apre i battenti all'ora solita, gli operatori arrivano e prendono posto, ma la mente di tutti è altrove. Né riesce a fissarsi sul tabellone e sul parterre. Passano le ore e l'atmosfera non muta. Girano pochi, svogliati, affari, il discorso verte sul marco a mille lire, sulle consultazioni in corso al Quirinale. Semiabbandonato, il listino scivola indietro. E a fine mattina le lancette dell'indice Comit puntano al ribasso del 2,17%, a quota 476,91. Il ministro delle Finanze, Franco Reviglio, si sta presentando spontaneamente ai giudici di Milano, l'avviso di garanzia viene dato per dieci a uno. La notizia arriva e dà un colpo finale alle possibilità di sopravvivenza di Amato. Insospettisce la Borsa l'ipotesi che un governo istituzionale possa essere affidato a Giorgio Napolitano. Presidente della Camera, ma pur sempre comunista. Potrebbe deprimere la quota, invertendo il trend che la vede da qualche tempo alla riscossa. Gli ottimisti puntano sul candidato Romano Prodi. «Se Prodi arriva a Palazzo Chigi, qui facciamo subito un rialzo del 5% come minimo». Sognano, e intanto gli scambi si fanno ancor più fiacchi. Gli stranieri non chiamano, se non per dire di vendere qualcosa, e, naturalmente, per sapere cosa succede. Intendiamoci, il ciclone dei nuovi avvisi non dispiace. «Era ora di fare pulizia», è il commento che gira. Del resto, nessuno dei governi degli ultimi anni, nessuno dei partiti di governo ha poi fatto molto per piazza Affari. Promesse sì, ma quasi sempre distratte, o disattese, o fatte sospirare troppo a lungo. Quindi non si rimpiange nessuno. Ma la gravità del momento politico sì, quella incide sui prezzi e crea un certo allarme. «C'è una situazione di attesa. Lo stato aspetta, e noi aspettiamo con lui» dice Leonida Gaudenzi appoggiato alla transenna, gli occhi che scorrono distrattamente le cifre del tabellone «Oggi ci sono fatti più importanti, come la lira, come la politica. Al confronto, la Borsa non è niente». In questo clima attendista scivolano via le ore di una riunione che vede, una dopo l'altra, le blue chips perdere colpi su colpi. Una sorta di arretramento di massa, in un quadro di «mal comune mezzo gaudio» che tuttavia non aiuta, né conforta. Le prime a crollare sono le società privatizzande, che con la crisi di governo vedono bloccarsi il processo di avvicinamento al mercato. Chi le ha comperate, comincia prudentemente a disfarsene. Il Credit perde il 5,32%, la Comit il 5,52%, Sme l'I,85%, Nuovo Pignone il 2,91%. Anche le telecomunicazioni subiscono il loro salasso: -3,22% per Stet, -2,82% per Sip. La Fiat, uno dei pochi titoli acquistati (il mercato non crede alle smentite, è convinto che gli accordi siano in corso), dopo aver guadagnato a listino lo 0,86%, è ben presto contagiata dal pessimismo im¬ perante, e scivola all'indietro fino a 5750 lire, mentre Snia perde addirittura il 7,27%. L'estero si affretta a liberarsi di un po' di assicurativi. Cosicché Generali scende sia in chiusura che nel dopolistino, dove tocca quota 32.700. Ribassi consistenti anche per Latina (-6%), Assitalia (-3,6%), Fondiaria (-4,84%), Ras (-2,7%) e Toro 4,46%). Mediobanca lascia sul campo un bel 2,62%, e non va meglio per gli industriali, come Montedison e Olivetti, anche se il loro ribasso è assai più contenuto. Ma le finanziarie di gruppo fano peggio: Ferfin via via cede il 3%, Cir il 2,71%, Cofide quasi il 2%. Insomma, una giornata decisamente «no», che tuttavia non è indicativa, dal momento che il vento che raggela e immobilizza la Borsa nasce dalla crisi politica, E dunque da fattori estranei al mercato stesso. Valeria Sacchi

Persone citate: Franco Reviglio, Giorgio Napolitano, Leonida Gaudenzi, Olivetti, Romano Prodi

Luoghi citati: Latina, Milano