KANDINSKIJ le mie visioni

LA STAMPA KANDINSKIJ le mie visioni A teoria è grigia, la vita verde e oro». Lo disse per primo Goethe, lo hanno ripetuto in molti. Si attaglia, questo detto, a Vassilij Kandinskij, teorico e padre dell'arte astratta (che lui però amava definire «concreta»): «L'ultimo e supremo giudice nella scelta delle forme, dei colori, nell'uso di una formula - scrisse -, resta sempre il sentire». Ritroviamo questo passo in una delle lettere indirizzate da Kandinskij al suo traduttore italiano, il critico G. A. Colonna di Casaro, che si stava impegnando presso l'editore Hoepli per ottenere la pubblicazione in Italia del trattato Sullo spirituale nell'arte, composto dall'artista tra il 1910 e il 1911 e pubblicato in Germania nel 1912. Siamo negli Anni 30: Kandinskij, con la seconda, giovane moglie Nina, ha lasciato Berlino ormai nazificata per Neuilly-sur-Seine e vorrebbe che la sua opera teorica fosse conosciuta anche in Italia. Nasce così una corrispondenza, metà in francese e metà in tedesco: sono in tutto 45 lettere, ritrovate di recente. Saranno pubblicate per la prima volta da Artificio nel catalogo che accompagnerà la mostra «Vassilij Kandinskij tra Oriente e Occidente. Capolavori dei musei russi», dal 23 aprile al 18 luglio nelle sale di Palazzo Strozzi a Firenze. Insieme con questo carteggio, Artificio ripropone, dopo 53 anni, il trattato Sullo spirituale nell'arte, con le note dello stesso Kandinskij, il testo inedito di una conferenza dell'artista del 1921, saggi di John Bowl e Nicoletta Misler. Nelle sue lettere Kandinskij spiega in maniera sintetica e illuminante la sua idea dell'arte, il suo modo di concepire e costruire un quadro, le sue stesse sensazioni durante il lavoro: un breviario d'artista, indispensabile a chiunque voglia avvicinarsi al pittore russo, ma anche a chi si ponga davanti a un cavalletto e rifletta sul proprio impegno artistico. Kandinskij prende anche posizione sulla mostra «Arte degenerata» che i nazisti inscenarono a Monaco nel 1937. Non trascura particolari della vita quotidiana, osservazioni sul costume, consigli sulla salute, compreso l'uso terapeutico dell'agopuntura di cui era convinto sostenitore. Gli anni russi dell'artista - attraverso i quali ci accompagnano i 49 dipinti che saranno esposti a Palazzo Strozzi, provenienti dal Museo Russo e dall'Ermitage di San Pietroburgo, dalla galleria Tretyakov di Mosca e da nume- La secondaanni fa dNeu«Elan temp rosi musei di provincia - furono in realtà interrotti da alcuni anni tedeschi: dal 1896 al 1914 Kandinskij visse a Monaco, dove, abbandonati gli studi giuridici (era laureato in legge e etnologia), si fece allievo di Anton Azbé, fondò il gruppo Phalanx, si unì agli artisti del Cavaliere Azzurro, lasciò la moglie Anja e andò a vivere con la pittrice Gabriele Miinter. Poi tornò in Russia e visse con impegno gli anni della rivoluzione, per tornare in Germania a insegnare alla Bauhaus quando in Unione Sovietica l'autoritarismo cominciò a minacciare la libera espressione dell'arte. Ma nel 1933, dopo che Hitler ebbe preso il potere, dovette emigrare una seconda volta, accompagnato dalla seconda moglie Nina. Gli artigli dell'aquila nazista arrivavano fin dentro i musei. Nel libro autobiografico Kandinskij und Ich (Kandinskij e io), pubblicato a Monaco da Kindler nel 1976, Nina racconta: «Nel 1936 ricevemmo un ritaglio del National Zeitung di Essen che ci spaventò. Vi trovammo per la prima volta l'espressione, tremenda, di "arte degenerata". Venimmo così a sapere che il Folkwang Museum di Essen aveva venduto un quadro di Kandinskij del periodo monacense a 9 mila marchi del Reich. L'alto prezzo fu l'unica cosa che ci rallegrò e ci convinse che l'arte di Kandinskij continuava a essere apprezzata dagli intenditori. Il direttore del museo, conte Baudissin, colonnello delle SS, vi pubblicava, il 18 agosto, un articolo con questo titolo: "Il Folkwang Museum di Essen espelle un corpo estraneo"». Kandinskij - racconta Nina - soffriva molto vedendo le sue opere bandite dai musei di Berlino, Dresda, Hannover, Mannheim, ma più ancora lo addolorava assistere alla caccia alle streghe che perseguitava tutta l'arte moderna e giungeva sino al rogo. Il destino dei quadri rimasti in Russia non fu molto migliore: sparirono per decenni nei depositi dei musei, e solo adesso tornano alla luce, Dopo la morte di Vassilij, nel 1944, Nina si dedicò alla cura delle oltre settecento opere del maestro sparse in tutto il mondo, e si fece molti nemici fra i galleristi troppo dediti agli affari e gli editori poco scrupolosi. Fece una fine atroce: fu trovata morta assassinata - nel suo appartamento a Neuilly, alcuni anni fa. A ucciderla furono forse quei ladri che volevano impossessarsi dei quadri di Kandinskij conservati nella sua casa. Nina aveva commesso un'imprudenza fatale: nell'autobiografia aveva elencato ogni pezzo del suo tesoro privato, collocazione compresa. Lela Gatteschi Tra un mese grande mostra a Firenze Ritrovate le lettere all'amico italiano Segreti della pittura, guai quotidiani Il maestro russo si confida «Il supremo giudice nella scelta dei colon è sempre il "sentire"» «Lotte acerrime non peri princìpi ma per il denaro. Eia famosa politica dell'arte!» I La seconda moglie di Kandinskij, Nina, uccisa pochi anni fa dai ladri penetrati nel suo appartamento a Neuilly-sur-Seine per rubare quadri. A destra «Elan tempere», dipinto dal maestro russo nel 1944 In alto Vassilij Kandinskij: I negli Anni 30 le sue opere furono espulse dai musei tedeschi; in quelli sovietici finirono nei depositi