Fucilazione per i due stupratori serbi

A Sarajevo prima sentenza sui crimini di guerra, un imputato: confessione estorta con torture A Sarajevo prima sentenza sui crimini di guerra, un imputato: confessione estorta con torture Fucilazione per i due stupratori serbi L'altro miliziano ha confessato di aver ucciso 30persone «Merito la pena di morte. Vorrei poter vedere mio padre» SARAJEVO. Si è concluso ieri a Sarajevo il primo processo per crimini di guerra con la condanna a morte per due miliziani serbi, riconosciuti di colpevoli di massacro c violenza carnale. Borislav Herak, 22 anni, e Sretko Damjanovic, 31 anni, sono stati condannati per «genocidio e crimini contro la popolazione civile in tempo di guerra». Per il primo, ai due capi di imputazione si è aggiunto anche quello di «crimini contro prigionieri di guerra». Insieme ai due miliziani, è stata processata e condannata a tre anni di reclusione la compagna di Damjanovic, Nadia Tomic, 46 anni, accusata di ricettazione di beni provenienti dai saccheggi delle case musulmane. Herak aveva confessato di aver ucciso 30 persone, sia prigionieri di guerra sia civili, tra le quali una decina di donne musulmane che aveva precedentemente stuprato. Damjanovic, invece, aveva ritrattato la sua confessione - cinque omicidi e due stupri sostenendo che gli era stata estorta con la tortura. Mentre il giudice del tribunale militare leggeva la sentenza di condanna a morte per fucilazione, Herak ha chinato la testa e quando gli è stato concesso di parlare ha detto: «Merito la pena di morte. Vorrei soltanto poter vedere mio padre per l'ultima volta e avere qualche sigaretta». «Voglio soltanto ringraziare la corte», è stato il sarcastico commento di Damjanovic. Poi, incalzato dal giudice Zlatan Teftedarija a chiarire il senso della sua affermazione, ha aggiunto: «Questo non è stato un processo giusto. Non sono colpevole. E anch'io vorrei delle sigarette». I due soldati serbi sono stati condannati sulla base della confessione agghiacciante resa dal più giovane degli imputati nel corso del processo, cominciato il 12 marzo davanti a un tribunale militare composto da cinque giudici. Herak iniziò la sua deposizione raccontando di essere stato addestrato a uccidere, sgozzando maiali. Herak e Damjanovic furono arrestati 1' 11 novembre dell'anno scorso, quando incapparono in un posto di blocco dell'esercito bosniaco. Il processo che si è svolto a loro carico è stato il primo tentativo del governo bosniaco, a maggioranza musulmana, di raccogliere e rendere note alla comunità internazionale le prove delle atrocità perpetrate dai nazionalisti serbi nel corso della guerra. Nella sua testimonianza resa alla corte per due giorni, il giovane Herak, con sguardo assente, aveva mostrato come sgozzava i prigionieri di guerra, descrivendo i massacri perpetrati in 150 villaggi. In particolare, ha desta- to emozione il resoconto della sorte di 12 donne musulmane, tenute prigioniere in un caffè della cittadina di Vogosca e stuprate per giorni dai miliziani serbi. Le donne furono portate una notte nel vicino villaggio di Zuc e trucidate con un colpo alla nuca sull'orlo di una fossa comune. Più volte, Herak aveva parlato di ufficiali superiori che gli ordinarono di uccidere e stuprare e del fatto che avrebbe pagato la disobbedienza agli ordini con la morte. Il giovane miliziano ha anche raccontato di come è cresciuto senza problemi a Sarajevo insieme alla comunità musulmana, fino al momento in cui scoppiò la guerra civile nell'agosto del 1992. Non passò molto che in famiglia ebbe inizio il «lavaggio del cervello» del giovane. I genitori ha raccontato - lo convinsero che i musulmani avevano intenzione di uccidere tutti i serbi, mentre uno zio gli assicurò che se si fosse arruolato avrebbe avuto una casa, un televisore e altri beni. «Mi dissero che mio padre era stato preso in casa e ucciso per il solo fatto di essere serbo - dichiarò Herak ai giudici - ma non era affatto vero, perché mio padre è ancora vivo a Sarajevo: lo scoprii quando mi catturarono». Il giovane aggiunse poi che il primo rapporto sessuale con una donna lo ha avuto in guerra, quando fu costretto, insieme con i suoi commilitoni, a stuprare una ragazza nel villaggio di Bioca. Ammise che l'esperienza non gli piacque, perché si sentiva osservato. Poi riferì di una serie di stupri con i suoi compagni d'arme ai danni di una detenuta musulmana che, alla fine, fu condotta su una montagna e uccisa a sangue freddo. L'aspetto giuridico del processo, comunque, non ha mancato di lasciare perplessi gli osservatori: nel dibattimento, basato principalmente sulle confessioni di Herak, i difensori hanno sottolineato l'impossibilità di ottenere riscontri materiali alle accuse. E, ieri, il generale dell'Orni Philippe Morillon, nel commentare la condanna a morte, ha sottolineato l'opportunità che sia «un tribunale militare internazionale a giudicare i criminali di guerra»: «Ritengo sia il momento che in Bosnia ciascuna componente voti una legge di amnistia», [e. st.] Il generale dell'Orni Morillon non è d'accordo «Questi delitti vanno giudicati da un tribunale internazionale» Borislav Herak, 22 anni, a destra e Sretko Damjanovic, 31 anni a sinistra sono stati condannati «per crimini contro i civili»

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