Rinchiuse nel recinto per rispettare Dio di Igor Man

Il Duce ordina: «Topolino chiamatelo Tuffolino» LE ALLEATE DI SATANA mmmmm. ■: . m. mmmmmmmmmi Rinchiuse nel recinto per rispettare Dio Fi ORTE uomo di spada e cammelliere infaticabile. Maometto rimase celibe fino a 25 anni. In I quel tempo ebbe l'incarico di recarsi in Siria come agente d'affari di una ricca e piacente signora di nome Kadijia, vedova. Ne curò tanto bene gli interessi che lei gli offrì di sposarla. Benché Kadijia fosse allora quasi quarantenne, gli diede quattro figlie e un figlio, Qasim, che però morì presto. Maometto fu monogamo ed ebbe gran rispetto, sempre, delle donne. Era bello e poderoso benché di giusta statura; amava profumarsi e adoperava a mo' di stuzzicadenti il siouak, un pezzo di radice che arrossando le gengive esaltava il candore dei denti. Ottimo marito e padre, in contrasto con la licenziosità imperante nell'Arabia preislamica, Maometto era uso trascorrere un mese in solitario ritiro dentro una caverna prossima alla Mecca, sua città natale. Un giorno lo raggiunse, nel ritiro, la Rivelazione. In preda a una emozione terribile corse da Kadijia e le confidò l'incontro con l'Arcangelo Gabriele. La testa posata sulle ginocchia della sua sposa. Maometto parlava squassato da un tremito convulso e Kadijia seppe confortarlo. Non soltanto con acconce parole ma carezzandolo, altresì, lo convinse a considerarsi rasul Allah: messaggero di Dio. La donna mediatrice fra l'uomo e Gabriele. Edificante. Ho viaggiato più volte nei Paesi del Golfo, dalla severa Arabia Saudita all'Oman dignitoso, mi sono seduto alla mensa di principi e politici potenti, ma mai una volta sono stato presentato alle loro mogli di cui avvertivo la presenza dietro eloquenti porte sbarrate e fitte musharabie, i graticciati di legno di sandalo fatti a mano. Ma a Parigi o a Roma, a New York, quelle invisibili - a casa loro - signore le ho conosciute. Serene, aperte, sagge eppur modeste mediatrici tra l'uomo e la società straniera. Apparentemente è in Arabia Saudita che la donna è più sacrificata. Non può uscire da sola né da sola viaggiare, non può guidare l'automobile, ha scuole separate e chi è medico può curare soltanto donne; deve, fuori del recinto casalingo, celare il volto. Assolutamente. Ma l'Arabia Saudita è il Vaticano del mondo islamico, un caso a parte: nasce dall'alleanza di un grande re guerriero, Ibn Saud, con i Wahabiti, custodi dell'ortodossia islamica più implacabile. In Arabia tutI to è regolato dalla sharia, il I codice islamico, ma quel Paese è tecnologicamente già nel Duemila. Epperò nel 1960 l'apertura delle prime scuole femminili portò a qualcosa di simile a una Intifada mentre nel 1965 la prima trasmissione televisiva (voluta da re Feisal) provocò veri e propri moti popolari istigati dagli ulema. Oggi i giornali scrivono che «occorre riflettere: la modestia (femminile, ndr) è una virtù, ma non si rischia, esasperandola, di farla sconfinare nella discriminazione?». I teologi andalusi ci hanno detto, nel XIII secolo, che Satana e la donna, «nella loro comune inferiorità sessuale», hanno concluso un'alleanza contro l'uomo, per perderlo. Codesto peso della libido, spiega Nicoletta Diasio {Leggere, marzo 1991) fa sì che tutta la cultura musulmana ruoti intorno alla questione dell'atto sessuale regolamentare (rakah) e della purificazione rituale: «L'imperativo dell'unione, il pericolo della confusione». Nell'universo coranico tutto è accoppiato, Dio soltanto è in sovrana solitudine. «Copulate perché non ci saranno celibi in Paradiso», soleva ripetere Maometto, poiché «di ogni cosa abbiam fatto una copia» (Corano: LI, 49). Nel cristianesimo l'unione, la coniugazione sono alla base dell'armonia, mentre nell'Islam l'armonia risiede nella demarcazione. Gli è che l'Islam ha orrore dell'ibrido, di tutto quel ch'è misto e quindi «causa di adulterazione, occasione di adulterio». Da qui il velo, Yhidjab, segno e strumento della separatezza femminile. «Vhidjab - scrive la Diasio - è il recinto, la tenda, l'imene»: occulta quel che al tempo stesso è il sole della vita e il furore del ciclone. «Se la claustrazione della donna è al centro della religione islamica, come segno della claustrazione di Satana e di rispetto dell'ordine di Dio, appare più comprensibile il fallimento di tutti quei tentativi di innovare la legge coranica abolendo il velo, e il successo di quanti tentano di ripristinarlo». A ben guardare il problema della donna musulmana (che in fatto è regina d'un principe consorte) è il rapporto amoroso, stretto «fra la norma (nikah) e la trasgressione (isfcg)». Sicché, per liberarsi, spesso l'atto d'amore viene scandito da parole francesi, inglesi. Sia da parte del maschio sia della femmina, in assoluta fusione. Dopo, l'uomo tornerà padrepadrone; la donna ritornerà sposa, el rahim (l'utero), la madre dei figli. Igor Man lan |

Persone citate: Arcangelo Gabriele, Diasio, Ibn Saud, Nicoletta Diasio, Qasim