Bonsignore lascio la politica di G. P.
La Loren: potrei fare 81 sindaco Il leader andreottiano a Torino: devo difendermi dalle accuse in due inchieste Bonsignore; lascio la politica «Imbecille chi approfitta delle disgrazie altrui» TORINO. «Lascio la politica, sarò occupato a difendermi dalle accuse». Vito Bonsignore, sottosegretario al Bilancio e proconsole andreottiano a Torino, getta la spugna. Non si candiderà alle prossime elezioni, abbandonerà «appena possibile» la poltrona di viceministro, non si occuperà di vicende torinesi o piemontesi. Al secondo avviso di garanzia della Procura torinese, affretta un ritiro nell'aria da mesi: «Pensavo di andarmene nel '94, le vicende giudiziarie che mi riguardano hanno accelerato i tempi». Indagato per corruzione e concussione, afferma di voler «offrire ai giudici tutta la collaborazione possibile» per dimostrare la sua estraneità alle accuse. Non fa polemiche Bonsignore. Non con i giudici, almeno. I messaggi li riserva al partito: «Chi vuole ancora occuparsi della de deve trovare la capa¬ cità di stare con gli altri. E' imbecille chi pensa di approfittare delle altrui difficoltà per assumere posizioni di potere. Personalmente darò una mano agli amici, sostenendo la nuova politica di Martinazzoli». Ma nella vecchia sede democristiana di via Carlo Alberto si recherà di rado, e come semplice iscritto. Per sempre, dice lui. Sconsolato il segretario cittadino Francesco Bruno: «Pare di essere a Sarajevo, ogni giorno crolla qualcosa, una casa, un monumento». Bruno, ex assessore comunale, è andreottiano, come il suo predecessore, come il predecessore del predecessore. A Torino il gruppo conta più dei dorotei vicini al conte Calleri, più della corrente dell'ex vicesegretario nazionale Silvio Lega, più della sinistra di Bodrato, Goria, Marini. Più di tutti, insomma, con quel 40 per cento che il nuovo tesseramento di Martinazzoli ha confer¬ mato. Squadra compatta, sorta a metà degli Anni Settanta all'ombra di Franco Evangelisti, e poi sempre in crescita, sempre più forte. Fino al 1990, quando sotto le sue bandiere s'erano arruolati uomini del Movimento Popolare, della Col diretti, orfani di Donat-Cattin ( del vecchio pattuglione doro teo. Ma ancora robusto dopo le prime defezioni del '92 e quelle massicce di quest'anno. La corrente è sciolta: «Giudi cherei sbagliato se dentro la de si continuasse a dar vita a gruppi, sottogruppi e correnti - dice adesso Bonsignore -. Ma è un consiglio per il futuro. Io devo occuparmi di altro: vicende giudiziarie a parte, ho i miei af fari da riorganizzare, in questi anni li ho trascurati». E An dreotti, il vecchio capo in di sgrazia? «Non credo alle accuse che gli sono rivolte. La verità finirà per emergere». [g. p.]
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