«Carnevale la toga di Cosa Nostra»

y i pentiti accusano il «presidente ammazzasentenze»: era la nostra massima garanzia i pentiti accusano il «presidente ammazzasentenze»: era la nostra massima garanzia «Carnevale, la tega di Cosa Nostra» 77 nome del giudice nella lista degli indagati per mafia «Cordata con Lima e Andreotti per annullare i processi» PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Adesso toccherà a Corrado Carnevale. L'inchiesta sulla mafia è diventata un fiume che non si ferma più, una storia incredibile dentro un'altra storia, questa crudele, fatta di morti, di stragi, di soldi. Sembra il racconto di un film, a sfogliare le pagine di un dossier che svela 15 anni di tragedie, attorno a noi, vicino a noi. Colletti bianchi, giudici, grandi politici, che aiutano e proteggono boss e assassini. E' inutile chiedersi se sia vero. Per ora magari potrà sembrarlo. Adesso Corrado Carnevale è nella lista degli indagati per attività mafiose. Però da Palermo hanno spedito a Roma un fascicolo ancora più ampio. Forse si dovrà decidere anche per altri reati. Giudice della Cassazione, ex presidente della prima sezione, «l'Ammazzasentenze», come lo chiamavano i suoi nemici, oppure, pensate un po', «la massima garanzia», come lo definivano i signori della mafia. Certo, tutto questo non fa accusa. Però, è vero che nel voluminoso dossier inviato al Senato dalla Procura di Palermo, alcune pagine dedicate al giudice lasciano tracce inquietanti. E lui, Corrado Carnevale, da Roma si difende così: «Non penso nulla, perché io quello che ho pensato sul processo penale l'ho fatto scrivere nelle sentenze». Poi, due battute. Una, a chi gli chiedeva se aspettava fiducioso il corso della giustizia: «Non ritengo che debba fare nessun corso». E l'altra sui pentiti: «Io credo nello stato di diritto e nel processo». Di questi tempi, è difficile credere a qualcosa. Le carte di Palermo, però, lanciano davvero brutte ombre. Parole di pentiti, soprattutto. Ma non solo. Il teorema è sempre lo stesso, avvalorato da confessioni e da strane coincidenze, in qualche caso, come in quello della sentenza per l'omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile. Una linea Lima-Andreotti-Carnevale: «Vi erano precise garanzie che il maxiprocesso si sarebbe risolto in una cazzata e che tali garanzie provenivano dall'on. Lima, dall'on. Andreotti e dal presidente della Cassazione Carnevale», racconta Leonardo Messina. Gaspare Mutolo è ancora più dettagliato: «Secondo quanto assicuravano molti esponenti di Cosa Nostra, con il presidente Carnevale non ci sarebbe stato alcun problema per più motivi. Da un lato, secondo quanto riferivano alcuni avvocati che avevano con lui un rapporto di particolare dimestichezza, il presidente Carnevale poteva essere manovrato. Per altro verso, poi, per arrivare al dottore Carnevale vi era il canale politico, ben distinto dal primo. Questo canale era rappresentato dal senatore Andreotti, il quale avrebbe dovuto interessarlo per il buon esito del maxiprocesso. Si diceva, infatti, che Andreotti aveva uno speciale rapporto personale con Carnevale». Così, nelle carceri, in attesa del maxiprocesso, raccontano i pentiti «gli uomini d'onore erano fiduciosi e tranquilli». Il presidente della prima sezione, precisa Mutolo, «aveva già annullato numerose sentenze di condanna nei confronti di appartenenti alla mafia, alla 'ndrangheta e alla camorra, e aveva trovato la formula per annullare cercando il pelo nell'uovo la sentenza di condanna per l'omicidio di Basile, nonostante l'esistenza di prove giudicate schiaccianti dagli uomini d'onore di Cosa Nostra». Quella volta furono condannati Vincenzo Puccio, Armando Bonanno, Giuseppe Madonia. E la sezione di Carnevale dichiarò la nullità del giudizio davvero per un cavillo: perché i difensori dei tre imputati non avevano ricevuto l'avviso del giorno fissato per l'estrazione dei giudici popolari. Il fatto è, spiegano i magistrati, che «secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione fino a quel momento dominante, quella omissione costituiva una semplice irregolarità e non determinava affatto la nullità del processo». Queste informazioni, dice Gaspare Mutolo, gli venivano da Giuseppe Bono, Salvatore Montalto, Giacomo Giuseppe Gambi- no, Giuseppe Leggio, Leoluca Bagarella. Quest'ultimo gli disse, nel carcere di Spoleto, che l'ordinanza di rinvio a giudizio del giudice Falcone per il maxiprocesso «sarebbe stata annullata per vizi di forma, per cui il processo sarebbe tornato in istruzione con l'effetto anche di demolire la figura professionale di Falcone». Invece, le cose non andarono così. «A partire dalla seconda metà del 1991 erano accaduti dei fatti assolutamente imprevisti. A causa del decreto Martelli i mafiosi agli arresti domiciliari erano tornati in carcere. E proprio allora Cambino disse a Mutolo che tutto sarebbe andato male, al contrario di quello che si sapeva fino a poco prima». Secondo Gambino, Carnevale, «che costituiva per Cosa Nostra la massima garanzia, era stato costretto a rinunciare a presiedere la Corte, soprattutto a causa delle pressioni di Falcone che con l'appoggio di Martelli voleva salvare il suo processo». E difatti il processo è «una mazzata», come commentano i mafiosi. Falcone e Martelli hanno vinto. E pensare che fino a poco prima, molti uomini di Cosa Nostra se ne stavano tranquilli, perché, racconta Messina, «se le cose fossero andate male, sarebbe intervenuta la Cassazione ad annullare tutto». Pierangelo Sa pegno «Riuscì anche a far assolvere i killer del capitano Basile» H ' Il pentito Leonardo Messina che accusa Corrado Carnevale II luogo dove venne assassinato dalla mafia il capitano dei carabinieri Emanuele Basile y

Luoghi citati: Falcone, Lima, Messina, Palermo, Roma, Spoleto