«le tangenti? Nel nostro sangue» di Giuseppe Tamburrano
«le tangenti? Nel nostro sangue» «le tangenti? Nel nostro sangue» Fellini accusa. Gallino: non generalizzare E CARATTERE ITALIANI sotto processo. La vocazione nazionale? La corruzione. Il loro carattere? Naturalmente portato all'intrallazzo. Tangentopoli? E' anche colpa dei cittadini. L'atto di accusa è di Federico Fellini. Da Los Angeles, dove ieri ha ritirato l'Oscar alla carriera, ha spiegato ai microfoni del Grl : «Tutti quanti dovremmo riflettere su che cos'è veramente l'italianità, cioè l'essere italiano e dovremmo riflettere che quanto succede è anche stato provocato da noi. Nel nostro quotidiano abbiamo anche noi creato complicità, compromessi, abbiamo preteso e tradito». Dunque Tangentopoli è colpa degli italiani, anzi del loro carattere, della loro tradizionale «arte di arrangiarsi» diventata famosa in tutto il mondo. Così Fellini invita i cittadini a riflettere, a ragionarci su, quasi un invito a non fare processi sommari. Ad aspettare le sentenze definitive. Ha ragione? Marcello Veneziani, direttore di Italia settimanale, periodico neo-gollista che esalta lo spirito nazionale, accetta l'invito alla riflessione ma evidenzia un rischio, quello dell'impunità dei colpevoli: «C'è il rischio che si arrivi al "tutti colpevoli, nessun colpevole". Si corre il pericolo, questo sì tipico italiano, di passare dal giacobinismo al fatalismo». Una preoccupazione condivisa anche dallo storico Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni: «La responsabilità è dei politici, degli industriali. Non si invochi l'italianità come alibi per assolvere il sistema». Ma esiste una propensione italiana alla corruzione? Veneziani è convinto di sì: «E' vero che esiste una complicità allargata ma bisogna fare una gerarchia delle responsabilità. Dunque si può anche due che il Paese reale è uguale a quello legale, ma quando la corruzione dilaga bisogna cominciare l'opera di pulizia dal vertice». Aggiunge Tamburrano: «Il primo impulso è quello di dire che Fellini ha ragione: l'italiano è il simbolo dell'arte di arrangiarsi, di trovare vie traverse per svicolare le leggi, i divieti, le code. Non credo che nelle altre lingue esista un verbo come arrangiarsi. Poi però reagisco. C'è un proverbio che dice: il pesce puzza dalla testa. E allora la classe dirigente a tutti i livelli se non ha causato ha sicuramente aggravato in modo criminale questa tradizione atavica ad arrangiarsi». Dunque la colpa è dei partiti? Secondo il regista Damiano Damiani sì perché «in Italia abbiamo vissuto una democrazia come messa in scena e adesso siamo alla resa dei conti. Questo è un periodo in cui si realizza una svolta storica nel nostro Paese. Credo che in Italia non si sia realizzata un'autentica rivoluzione democratica nonostante fatti episodici, una Costituzione sul modello francese. Realizzare una vera Costituzione democratica non è come andare al supermercato, bisogna fare un'opera¬ zione di ordine morale e culturale che i partiti non hanno voluto fare». «Fellini ha una crisi depressiva?», si chiede lo storico Luciano Canfora, vicino alle posizioni di Rifondazione Comunista. «Italiani complici perché molti hanno votato de? Ma lui l'ha fatto per primo - continua Canfora -. Non è giusto dire che ci sia un carattere specifico dell'italiano alla corruzione, tangentopoli c'è in Francia, in Germania, in Svizzera. Per me si tratta di un fenomeno generale: il mercato come meccanismo economico si tira dietro il mercato politico». Il grande maestro allora sbaglia? «Penso che Fellini abbia voluto riferirsi alla remissività degli italiani che con il voto hanno premiato una certa classe dirigente. Forse voleva dire "li dovevamo cacciare prima dal potere"», conclude Canfora. Anche il sociologo Luciano Gallino suggerisce di non fare «di ogni erba un fascio». «Secondo me - spiega - non si può gene- ratizzare e nemmeno fare una media. Quella dichiarazione non mi piace, a ognuno le sue responsabilità. Certo che questo intreccio di politica e malaffare è molto esteso, più di quanto si potesse immaginare. Bisogna riconoscere però che accanto a molti che si sono sporcati e che hanno tratto profitto, ci sono tanti che hanno pagato i costi di quel sistema e si sono opposti». Italiani assolti, allora? Adriano Zampini, faccendiere, imo dei protagonisti dello scandalo delle tangenti a Torino nei primi Anni Ottanta, è convinto della «non colpevolezza» perché «ho sempre detto pubblicamente che il 90 per cento degli appalti pubblici è sottoposto a corruzione, ma il difetto, il peccato, non è sicuramente uno specifico italiano, anzi. Quello del corruttore è, dopo la prostituzione, il mestiere più antico del mondo. Certo varia a seconda dei Paesi e delle loro condizioni economiche, in alcuni Paesi può bastare un pacchetto di Marlboro». Maurizio Tropea no Alato il regista Federico Fellini A sinistra lo storico Giuseppe Tamburrano
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