Manager sì ma della risata di Alain Elkann

Il comico: amo troppo il mio lavoro; continuerò finché vivo, anche se alla lunga far divertire è noioso Il comico: amo troppo il mio lavoro; continuerò finché vivo, anche se alla lunga far divertire è noioso Manager sì, ma della risata «Via dall'azienda di papà per il cabaret» ALESSANDRO BERGONZONI UNA domenica di chiacchiere con Alessandro Bergonzoni, cabarettista, comico e anche scrittore. Carlo Verdo-1 ne la defini-1 sce un vir-1 tuoso della parola, è d'accordo? «Sono d'accordo, ma non solo perché mi fa un po' paura il virtuosismo della parola se non è figlio del virtuosismo del pensiero». Perché le piacciono tanto le parole? «Perché sono i mattoni per costruire case che mi piace distruggere a colpi di mattone». Lei è figlio di un industriale di Bologna. Perché non ha seguito le orme paterne? «Perché lui era troppo bravo e perché io amo troppo il mio lavoro». E' vero che è sua moglie a mandare avanti l'azienda di famiglia? «Mia moglie Renata con mia sorella Alessandra, due geni di umanità e di organizzazione». Lei non si occupa affatto dell'azienda familiare. «Me ne occupo nel senso che la penso ogni sera prima di andare a letto e la vado a trovare ogni volta che mi sento ispirato». Come fa ad occuparsi dei suoi figli? «Cerco di non dargli certezze, di dare loro un sano disorientamento che li porti in alto mare cioè tra curiosità, desideri e passione. Poca educazione come esempio, molta invenzione come educazione». Li fa ridere i suoi figli? «Quel tanto che basta per credere che ridere sia una delle cose più belle del mondo, ma questo penso lo facciano tutti i padri, quelli che non lo fanno li sculaccerei». I suoi libri però non sono facili da leggere. Il linguaggio è molto elaborato. Come ne spiega il successo? «Innanzitutto la quantità non è sinonimo di qualità. Io più che la quantità di vendita di un libro, amo guardare la durata nel tem¬ po. Non deve essere obbligatoriamente un libro di moda. Intendo per moda comicità che parla di tutto a tutti. Si può scrivere un libro comico senza essere troppo diretti ed espliciti nei confronti della propria epoca. E poi un po' di fatica il lettore la deve fare. A volte la fatica è anche un piacere». Come si chiama l'ultimo suo spettacolo e di che tratta? «Si chiama Anghingò ed è un'avventura che non dura di personaggi mai esistiti ma che sicuramente non esisteranno. Non è solo un monologo perché la regia di Claudio Calabro e la scenografia di Mauro Bellei lo hanno portato ad essere un ring con un incontro tra domande e risposte che non finiscono mai». In quali città ha già recitato questo spettacolo? «Roma, Milano, Bologna, Genova, Napoli, Udine, Bellinzona, Modena e altre ancora». Dove ha avuto più successo? «Direi da un punto di vista di ordine di arrivo prima Milano poi Napoli poi Roma». Cosa pensa della Lega? «Ben poco e spero che quel poco che penso tra un po' riesca a dimenticarlo». E di Bossi? «E' un politico con tutto quello che concerne e secerne». E degli altri politici? «Sono dei politici e questo fatto mi porta a non farmi affezionare a loro». Nemmeno a Pannella? «A Pannella e ad Orlando sono più affezionato». E la televisione? «Non è così cattiva come la disegnano. Non è così importante come la fanno. Parliamone meno e facciamone meno». Cosa pensa di Beppe Grillo? «E' uno dei più grossi attori italiani con una forza inusitata che invece che regalare cose grandi come potrebbe fare ogni tanto si arrabbia e basta». E Paolo Rossi? «E' uno dei comici italiani più grandi anche se lui supera quello che dice». E Benigni? «E' un grande amore, ha schegge di genio e ha una delle più belle facce del mondo. Mi ricorda Vir- na Lisi: con quella bocca può dire ciò che vuole». E Paolo Poli? «Lo stimo, è una colonna portante, di un certo teatro. Mi piacerebbe che venisse a vedere un mio spettacolo». E Nanni Moretti? «Moretti ha la sua grande intelligenza che spesso non ferma alle mie stazioni». E Stefano Benni? «E' uno dei pochi satirici italiani che stimo con la testa e con il cuore pur non condividendo un sacco di cose». Pensa che farà il comico ancora per molto tempo? «Bisognerebbe chiederlo alla mia forza cardiaca e alla mia cartomante. Dalla risposta su quanto vivrò saprò per quanto tempo ancora sarò un comico». Non è noioso alla lunga far ridere la gente? «E' noioso come è noioso respirare, sentire il proprio battito». Da vecchio tornerà a lavorare nella sua fabbrica? «La cosa mi incuriosirebbe, ma credo di non avere il tempo perché starò lavorando in un'altra fabbrica per produrre l'immortalità». Alain Elkann II cabarettista Alessandro Bergonzoni, bolognese: farò ridere finché vivrò