Eltsin si è salvato per settanta voti di Cesare Martinetti

I deputati bocciano il patto tra i 2 leader e li mettono sotto accusa. Cortei contrapposti a Mosca I deputati bocciano il patto tra i 2 leader e li mettono sotto accusa. Cortei contrapposti a Mosca Eltsin si è salvato per settanta voti II Presidente e Khasbulatov sfuggono all'impeachment MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Boris Eltsin si salva dall'impeachment per soli settanta voti; Ruslan Khasbulatov evita la destituzione con un margine tranquillizzante. I deputati del popolo hanno deciso così a scrutinio segreto. I due grandi avversari della politica russa, imprevedibilmente accomunati dallo stesso destino in un Congresso che alla fine ha cercato di sbarazzarsi di entrambi, sono salvi. Non la Russia che da ieri sera si trova immersa ancor di più in un'inestricabile crisi politica e costituzionale. Il Congresso dei deputati riparte questa mattina da zero: hanno perso i conservatori che volevano licenziare Eltsin; non hanno vinto i sostenitori del presidente che si trova ora sulla testa il pesantissimo fardello di 617 deputati che vogliono la sua testa. Alla sua maniera Eltsin ha già impresso alla sua presidenza una svolta: ieri mattina alla piazza dei 50-60 mila democratici che hanno manifestato a suo favore, ha detto che ubbidirà al popolo e non al Congresso. La sterzata presidenzialista è compiuta, non in Parlamento, ma sulla Piazza Rossa, contro il parlamento. Alle 10 e mezzo di sera, dopo la lettura dei risultati, Eltsin è tornato in piazza dov'erano rimaste alcune migliaia di persone accanto al premier Cernomyrdin, ad altri ministri e a un cosacco in divisa: «Qualcuno ringrazia i deputati, io invece ringrazio voi. Grazie alla fiducia che mi avete dato, il golpe comunista organizzato dagli specialisti del pcus non si è concluso. Ha vinto il popolo». Sorride Cernomyrdin, il cosacco abbraccia il presidente, Eltsin ritrova lo smalto dei giorni delle barricate. La gente grida: «Sciogliete il Congresso». Lui alza le mani in segno di vittoria. Ma è una disfatta evitata, più che una vittoria, arrivata al fondo di un'altra giornata di un thriller politico senza fine. Uscito sabato sera dal Congresso inseguito dal sospetto di ubriachezza, Eltsin è comparso domenica mattina nella sala grande del Cremlino proponendo un ennesimo compromesso, elaborato nella notte con Khasbulatov, il premier Cernomyrdin e rappresentanti delle Repubbliche. Prevedeva elezioni anticipate di presidente e Parlamento per il 21 novembre; garantiva ai deputati anticipatamente rimandati a casa il mantenimento dello stipendio e delle prerogative fino al '95. Era un chiaro armistizio con il presidente Khasbulatov, che la sera prima aveva improvvisamente visto aleggiare sul suo capo il rischio di un ribaltamento di ruolo: da giustiziere a giustiziato. E infatti il presidente del Parlamento è subito diventato bersaglio dei deputati insieme a Eltsin. E' stato il presidente, però, a scatenare la bagarre. «Se approvate la risoluzione così com'è, sospendo la mia proposta di referendum. Prometto che manterrò la parola». Isakov, Unità russa, ha aperto il diluvio di interventi. A Eltsin: «E' anticostituzionale». A Khasbulatov: «Lei ieri ha detto che la Russia è stanca di noi parlamentari, anche noi siamo stanchi di lei e della sua mancanza di princìpi». Ogorodnikov, Unione operaia: «Il progetto è un complotto della nomenklatura del presidente e del Soviet Supremo». E riferendosi al mantenimento delle prerogative per i deputati: «Ci volete comprare con le bustarelle». Kasakov, di Rodina (Patria): «Ci offendete». E poi, riferendosi al malfermo stato di «salute» in cui era apparso Eltsin la sera prima: «La Costituzione dice che quando il presidente non è in grado di svolgere le sue funzioni, il potere passa al vice. Ieri abbiamo visto questo momento». Rincara Urazhezev, Unione Scudo (militari democratici): «Mi preoccupa l'imprevedibilità di Boris Nikolaevic. Ieri ha espresso un'idea molto sobria...». Risatefragorose. «... non mi piace quando fa troppe promesse». Cerca di salvare il salvabile Nikolaj Travkin, uno dei leader dell'Unione civica, il centro moderato: «Non abbiamo il diritto di mettere l'uno e l'altro con le spalle al muro: mi aggrapperei a qualsiasi chance per conquistare la stabilità». Ma Baburin, nazionalista di Rossija: «Dopo aver visto questo documento ho pensato che di nuovo il demonio li aveva portati fuori strada». Riforme? «Certo - dice Baburin -, ma sono possibili solo dopo le dimissioni di Eltsin. Quando ieri, per colpa di Khasbulatov, non abbiamo avuto abbastanza voti per l'impeachment, abbiamo fatto un passo verso il suicidio. Dobbiamo provarci anche se non raccogliamo abbastanza voti». Ci prova il comunista Rybkin: «Chiedo le dimissioni volontarie di tutti e due». Precisa Bekov della frazione Otcizna (militari «non democratici»): «Dimissioni volontarie dei due bancarottieri politici senza speranza. Ma per l'impeachment ci vuole il voto segreto». Varov, uno dei pochi democratici che va al microfono, cerca di difendere il presidente: «Cari miei, sono costretto a constatare che siamo alla quintessenza dell'illegalità. Il popolo ha il diritto di decidere...». E Surkov, di Russia democratica: «Un grande Paese dovrebbe essere fiero di avere un presidente eletto dal popolo». Si arriva così al voto contro Eltsin e Khasbulatov; una sola scheda, gialla, due quorum richiesti per licenziarli: 688 voti per il presidente, 517 per il leader del Soviet Supremo, apparso pàllido e nervoso. Alle 10 i risultati: 617 no e 268 sì a Eltsin; 339 no e 558 sì a Khasbulatov. Sono salvi, per ora. Cesare Martinetti É^J mmm Decine di migliaia di persone hanno acclamato Eltsin sulla Piazza Rossa [foto ansa)

Luoghi citati: Mosca, Russia