Gava e Pomicino indagati per camorra

Gli avvisi di garanzia ai parlamentari (4 de e un psi) inviati dai giudici della sezione antimafia Gli avvisi di garanzia ai parlamentari (4 de e un psi) inviati dai giudici della sezione antimafia Cava e Pomicino indagati per camorra Coinvolti Vito, Meo e Mastrantuono NAPOLI. Un sospetto che pesa come un macigno: concorso in associazione a delinquere di stampo camorristico. Per questa ipotesi di reato è finito sotto inchiesta un leader indiscusso della de, Antonio Gava, ex ministro dell'Interno, che ha immediatamente rassegnato le dimissioni da presidente dei senatori de e da membro della Commissione bicamerale, annunciando il suo ritiro «da ogni attività politica fino a quando questa ignobile vicenda non verrà chiarita». Stessa sorte ad altri quattro parlamentari: due «colonnelli» dorotei, Vincenzo Meo e Alfredo Vito, Paolo Cirino Pomicino, responsabile del dicastero del Bilancio fino all'ultima legislatura, e il socialista Raffaele Mastrantuono, ex vicepresidente della Commissione giustizia della Camera, fedelissimo di Giulio Di Donato. I cinque nomi compaiono in altrettanti avvisi di garanzia firmati ieri mattina dai giudici della sezione distrettuale antimafia di Napoli Paolo Mancuso, Luigi Gay e Antonio Laudati. Ad accusarli è l'imprenditore camorrista Pasquale Galasso, mente economico-finanziaria di Carmine Alfieri, il padrino più ricco d'Italia. Rinchiuso in un carcere supersicuro, sta svelando da oltre otto mesi i segreti più reconditi e inconfessabili della malavita organizzata ai piedi del Vesuvio. Ha parlato e parla di intrecci fra politica e malavita, di appalti pilotati, di alleanze tra clan per la militarizzazione e la divisione in zone di influenza dell'intera regione, di omicidi «politici» rimasti impuniti. Una confessionefiume che coinvolge malavitosi, amministratori, imprenditori ritenuti fino a ieri al di sopra di ogni sospetto, professionisti, perfino magistrati, e che potrebbe portare ad un centinaio di arresti. „ Camorra e politica. E' il capitolo più esplosivo e delicato delle rivelazioni di Pasquale Galasso. Nel suo rifugio in Piemonte, il pentito ha svelato un complicato intreccio di interessi tra Carmine Alfieri, la primula rossa della camorra arrestato sette mesi fa dopo una latitanza durata dieci anni, e politici di alto livello. Il finanziere della mala vesuviana ha raccontato con dovizia di particolari di incontri clandestini in alberghi della provincia di Napoli e di Roma: lì Alfieri, braccato dalle polizie di mezza Europa, avrebbe parlato con alcuni big della politica. L'argomento in discussione sarebbero stati gli appalti per la costruzione di opere faraoniche nella provincia a Sud di Napoli: superstrade, ponti, interi tratti di autostrade. Ma Galasso non racconta solo di Alfieri. Chiama in causa un altro capo camorrista, Lorenzo Nuvoletta, che con «don» Carmine avrebbe stretto un patto d'acciaio. Lo cita ancora una volta a proposito di appalti, come quello per la realizzazione di Monteruscello, la nuova cittadella progettata nella metà degli Anni Ottanta per accogliere i senzatetto sfollati-da Pozzuoli, il Comune sconvolto dal bradisismo. Ha parlato, il pentito, di un'altra opera imponente, la bonifica dei Regi Lagni, un intrico di canali che si estendono a Nord del capoluogo: un affare da centinaia di miliardi. Durante quei colloqui segretissimi, camorristi e politici si sarebbero accordati dividendosi compiti e quote sugli importi dei lavori. Non basta: nel patto d'acciaio sarebbero stati inclusi anche gli espropri dei suoli individuati per la realizzazione delle opere. I proprietari sarebbero stati costretti a vendere a prezzi stracciati con intimidazioni. Una volta liberate le aree, gli enti locali avrebbero provveduto a dare il via libera ai lavori che sarebbero stati affidati in concessione a consorzi «vicini» agli esponenti politici. La fase esecutiva, dello sbancamento e della edificazione, sarebbe stata infine affidata in subappalto a ditte collegate alla camorra. Voti e omicidi. Anche le elezioni sono un capitolo importante delle confessioni di Galasso. Si parla di interi Comuni che avrebbero votato secondo i voleri dei clan, i quali avrebbero favorito esponenti locali della de e del psi, con il solito sistema delle minacce e dei ricatti. Chi si è opposto alle violenze ha spesso pagato con la vita. L'esempio più clamoroso al quale il pentito ha fatto riferimento è il delitto di Marcello Torre, sindaco di Pagani, in provincia di Salerno, ucciso nell'80. Gli investigatori liquidarono la sua morte come un omicidio di camorra. Ma Galasso ha rivelato che il movente fu molto più complesso: Torre, ha spiegato ai giudici, era un democristiano onesto, un uomo che non si sarebbe mai piegato al ricatto. I mandanti, ha concluso Galasso, non furono solo camorristi ma anche politici. Le reazioni. La notizia del presunto coinvolgimento di Gava, Pomicino, Vito, Meo e Mastrantuono in alcuni dei tanti affari del clan Alfieri si è diffusa in un baleno nel pomeriggio di ieri, squassando ancora una volta le fondamenta dei Palazzi di Napoli e di Roma che già rischiano di I crollare sotto il peso degli scan¬ dali sulle tangenti. Antonio Gava, che si è visto recapitare un provvedimento analogo a quello inviato il giorno prima dai giudici di Palermo al senatore Giulio Andreotti, è indignato: «Ho sempre lottato contro mafia e camorra a tutti i livelli di responsabilità, sia istituzionale che politica. Respingo un'accusa così assurda e infamante fondata sulle presunte rivelazioni di un "pentito" della camorra, e sono a completa disposizione dei magistrati». Anche Pomicino reagisce con rabbia: «Ieri è toccato a Giulio Andreotti, oggi a me. E' un'altra perfida calunnia costruita dai poteri malavitosi, l'unica vendetta possibile da parte della camorra che è stata messa in ginocchio da una legislazione effice e dura». Alfredo Vito: «Non conosco con precisione i termini della vicenda, ma confido nell'operato della magistratura». Raffaele Mastrantuono parla per bocca della moglie: «Posso dire solo che mio marito è ferito». Fulvio Milone Intrecci tra politica e malavita sarebbero imminenti cento arresti Qui a fianco Alfredo Vito: «Ho sempre combattuto la camorra» A destra: il deputato socialista Raffaele Mastrantuono L'ex ministro Paolo Cirino Pomicino ha respinto tutte le accuse