Coraggio on Vito un prete c'è sempre

r IL PALAZZO Coraggio, on. Vito un prete c'è sempre l'inizio o la fine di un processo storico, un cambio di regime, una svolta politica, un grande fatto di cronaca, una vicenda simbolica, un nuovo fenomeno, uno scandalo finanziario, una storia di spionaggio, bombe o raffiche di mitra, insomma c'è qualcosa che non preveda, a un certo punto, la comparsa di un prete? O di due, come nel caso dell'onorevole de di Napoli Alfredo Vito, che già vacillava nel suo intimo dinanzi alla vanitas vanitatum di quelle 100 mila preferenze (e nemmeno un posto di sottosegretario alle Poste); che già sentiva ora il rovello, ora la nausea per una politica fatta di minuscola azione popolare e di maiuscoli Appalti... Ed eccoteli là, zàcchete, al posto giusto, nel momento giusto, con la persona giusta, eccoteli «due religiosi che mi parlavano di onestà nella vita pubblica». Gli hanno detto: «Guarda in fondo al tuo cuore». Crisi e pentimento. Sette ore dai giudici. E le tonache entrano pure a Tangentopoli. " Non che sia un guaio, anzi, l'aspersorio anti-corruzione. Ai democristiani spaventati e in preda ai rimorsi è possibile che un prete possa strappare la stessa efficace collaborazione che dai socialisti ha ottenuto Di Pietro. Quel che sorprende è semmai la regolarità per cui, nelle loro varie sottospecie, buoni o cattivi che siano, più spesso come singoli che in gruppo, comunque ci sono sempre degli ecclesiastici ad accompagnare, se non a suscitare o a rettificare le cronache dell'Italia contemporanea. E quando non ci sono, allora bisogna quasi inventarseli e ficcarceli dentro a colpi di fantasia giornalistica, vedi il fratacchione laziale che avrebbe accolto Ciarrapico a Regina Coeli al grido di «Pentiti e torna in curva Sud!», straordinaria creatura a mezza strada fra un personaggio di Umberto Eco («Penitenziagite!») e Alberto Sordi in «Nell'anno del Signore». Preti perfino immaginari, dunque, non bastassero I quelli veri. Come lo strepitoI so prelato slovacco, una spe- eie di agente 007 del Vaticano, cinematografico a cominciare dal cognome, Paolo Hnilica, che l'altro giorno si è beccato tre anni e mezzo per aver cercato di recuperare con metodi un po' azzardati la famosa borsa di Calvi, in duello di furbizia e di assegni a vuoto (per 51 miliardi di lire, mica poco) con il faccendiere Carboni. . Preti, e ce ne sono sempre stati per tutti i gusti, sacerdoti eroici e miserabili, santi e traffichini, quasi a scandire il tempo, là dove succedevano le cose, ogni volta che la vita pubblica aveva un sussulto, uno spasmo. Padre Zucca e padre Parini alle prese con il doppio sacco gommato che conteneva la salma trafugata del Duce. Don Filippetto e padre Dall'Olio nei gorghi politico-scandalistici dell'affare Moritesi. E così sia, dai frati di Mazzarino, alfieri di una Sicilia arcaica e predatoria fino a «Don Piccone», il prete cossighiano amante dei mass media. E in mezzo si parte da «Frate Mitra», dalle prime Br, si passa per don Mennini, che forse confessò Moro prigioniero e si arriva a quell'altro anonimo sacerdote milanese che nel 1984 trova un vero e proprio arsenale nella sua chiesa. E così c'è un prete per i terroristi in fuga e un altro, don Prospero, per i piduisti che temono per la carriera politica; c'è una tonaca che si dedica ai drogati e un'altra tonaca, come da dossier Mi.Fo.biali, che fa contrabbando di petrolio. Don Baget Bozzo e il craxismo, padre Pintacuda e la Rete, monsignor Angelini e la conversione di Guttuso. Ora Vito. Anche i democristiani con 100 mila preferenze hanno un'anima. Filippo Cecca rolli Bill |

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