FILM contro Tv lotta per la vita

Nei nuovi lavori di Stone, Almodóvar e Frears una vera dichiarazione di guerra. E gli italiani stanno a guardare Nei nuovi lavori di Stone, Almodóvar e Frears una vera dichiarazione di guerra. E gli italiani stanno a guardare FILM controTy lotta per la vita ROMA. Il prossimo film di Oliver Stone, il regista di «Platoon» e «Nato il quattro luglio», si chiamerà «Naturai Born Killer» e affronterà il tema della potenza del mezzo televisivo. Interpretata da Woody Harrelson, Robert Downey Jr„ Juliette Lewis e Jack Pai ance, la pellicola racconterà la storia di due assassini particolarmente fotogenici che diventano i beniamini del pubblico televisivo. «Sarà una riflessione - ha spiegato il regista - sul ruolo della violenza nella società americana». Il prossimo film di Pedro Almodóvar, il regista di «Donne sull'orlo di una crisi di nervi» e di «Legami», si chiamerà «Le unghie dell'assassino» e sarà un violento atto d'accusa contro la televisione e i suoi programmiverità. Recitato da Victoria Abril, Peter Coyote, Veronica Forqué è Alex Casanovas, «Le unghie dell'assassino» ruoterà intorno al personaggio di una giornalista televisiva rapace e senza scrupoli, dominata dalla fame di «audience» e pronta a usare con disprezzo, in nome dello scoop, le più drammatiche storie umane. Ma non basta: in questi giorni sui nostri schermi è arrivato il nuovo film di Stephen Frears, l'autóre di «Relazioni pericolose», che in «Eroe per caso», protagonista ■ Dustin Hoffman, racconta la vicenda grottesca di un barbone bugiardo trasforma-, to in eroe dai mass media. Anche qui c'è una giornalista disposta a tutto pur di arrivare per prima sul luogo della disgrazia. Insomma, tra il cinema e la televisione è guerra aperta: più la tv accresce il suo potere e si insinua negli anfratti più privati della vita delle persone, più il grande schermo ne mette in luce i vizi, le manie, le distorsioni, le responsabilità nella manipolazione delle coscienze. E' una vendetta? Un modo in cui il cinema rende la pariglia al potentissimo mezzo che attenta alla sua sopravvivenza? Forse. Stephen Frears, che ha lavorato per lunghi anni alla Bbc prima di passare al cinema, dice: «Ho scelto di dirigere "Eroe per caso" perché mi è molto piaciuto il soggetto. La storia parla delle invenzioni giornalistiche capaci di drammatizzare avvenimenti che la gente comune non si sognerebbe mai di drammatizzare. Questo continuo tormento arriva in tutte le case del mondo attraverso tutte le tv del mondo». Lo sdegno è stato invece la molla principale che ha spinto Fedro Almodóvar a trasformare il suo nuovo film in una critica serrata alla televisione: «Mi trovavo negli Stati Uniti e mi colpirono le immagini delle televisioni americane. Guardavo le riprese del processo contro William Kennedy jr. accusato di stupro. E trovai incredibile la scena in cui si mostravano in primo piano il reggiseno e le mutandine della ragazza che aveva chiamato in giudizio il giovane Kennedy. Rimasi colpito da quel modo di fare tv, da quell'atteggiamento predatorio: su quell'episodio cominciai a lavorare e ne nacque questa nuova storia». La serie dei film d'accusa sul mondo televisivo è lunghissima e parte da lontano: si va da «Quinto potere» di Sidney Lumet, in cui il cinismo della regista tv Faye Dunaway non si ferma neanche davanti all'omicidio, a «Diritto di cronaca» di Sidney Pollack con Sally Field nelle vesti di una reporter odiosamente ostinata che mette nei guai Paul Newman. In «Dentro la notizia» di James L. Brooks la categoria dei giornalisti tv è dipinta senza pietà: basti ricordare il personaggio di William Hurt, un mascalzone azzimato quanto incompetente; in «Videodrome» le immagini tv sono addirittura capaci di trasmettere un pericoloso virus. E il cinema italiano, che con la televisione avrebbe non pochi conti aperti, come ha affrontato questi temi? A parte «Ginger e Fred» di Fellini, è difficile trovare esempi di cinema contro la tv. Qualche anno fa Francesco Massaro tentò, con «Ti presento un'amica», la descrizione di un mondo della tv avvelenato da ipocrisie, compromessi, principi calpestati in nome del successo. Nel film Giuliana De Sio era una contrattista Rai alla ricerca di sistemazione stabile, che riusciva a raggiungere l'agognato successo sul piccolo schermo solo dopo essere andata a letto con il «capo» di turno. Ma chi ha preso di petto il mondo della nostra televisione, raccontandone in chiave marcatamente grottesca «i ricatti sessuali, le minacce professionali, i sogni irrealizzati, le umiliazioni, i drammi, gli scandali veri e quelli gonfiati, gli imbrogli, le perversioni, le eclissi più o meno brutali» è stato due anni fa Roberto D'Agostino con il suo «Mutande pazze». «Il film aveva spiegato il regista presentando la pellicola - è lo specchio dei nostri peccati, uno specchio deformato in favore dello spettatore che, con il suo perbenismo da vagone ferroviario, s'aspetta che sui divani dei capistruttura Rai o alle cene dei dirigenti berlusconiani, succeda esattamente quello che si vede sullo schermo». Una critica a metà, insomma, e comunque una delle rarissime voci anti-tv del nostro cinema. Ma come mai tanta compostezza? Come mai nessun altro ambienta storie nel nostro rutilante mondo televisivo? Eppure* in «Puerto Escondido» di Salvatores, la scena in cui Abatantuono sferra un calcio contro la tv che trasmette l'ennesimo show della Carré viene accolta nelle sale con grande divertimento. Avrebbero successo, forse, anche interi film sulla tv. Ma c'è un problema, che forse spiega tutto: in Italia è proprio la televisione, sia pubblica che privata, a coprodurre molto del nostro cinema. Senza quell'aiuto molte pellicole non vedrebbero la luce. Fulvia Caprera FILM colotta pe ontroTy r la vita

Luoghi citati: Italia, Roma, Stati Uniti