Un boato scuole Francoforte, è tornato il terrorismo di Emanuele Novazio

Un boato scuole Francoforte, è tornato il terrorismo GERMANIA Dopo due anni di tregua la Baader-Meinhof si rifa viva e minaccia: fuori i compagni dalle galere o sarà guerra totale Un boato scuole Francoforte, è tornato il terrorismo Raso al suolo da una bomba «Raf» un supercarcere modello quasi completato BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dopo due anni di silenzio irrequieto, la «Rote Armee Fraktion» torna a colpire, e in Germania riaffiora l'incubo del terrorismo: è stato attribuito alla «Raf» l'attentato che nella notte fra venerdì e sabato ha semidistrutto, senza far feriti, il nuovo carcere di Weiterstadt, pochi chilometri a Sud di Francoforte. Il procuratore generale Alexander von Stahl - responsabile di tutte le inchieste sul terrorismo - ha subito avocato l'indagine: sul posto dell'esplosione sono stati ritrovati volantini di rivendicazione con la stella a cinque punte e il mitra emblema tradizionale dei terroristi della Raf - considerati autentici «sia nella forma che nel contenuto». Sono la firma del «commando Katharina Hammerschmidt», un'anarchica che appartenne alla prima generazione della Raf, morta di cancro nel 1975 a 31 anni. Altri elementi sembrano confermare la paternità Raf. Gli autori dell'attentato, secondo il ministro della Giustizia dell'Assia, Christine HohmannDennhardt, hanno agito «in modo molto deciso e professionale». L'obiettivo, inoltre, è un simbolo ricorrente nella strategia della Rote Armee Fraktion: il carcere quale luogo di repressione anche politica. Quello di Weiterstadt, vicino a Darmstadt, avrebbe dovuto accogliere i primi detenuti il mese prossimo e avrebbe dovuto essere il più moderno dell'Assia. Adesso «tutto ritorna indietro di almeno sei anni», ha detto il ministro. I danni sono gravissimi, almeno cento milioni di marchi. Secondo le prime testimonianze, del commando facevano parte cinque persone armate, il volto coperto da collant scuri. Verso l'una del mattino hanno aggredito dieci guardie e le hanno rinchiuse in un minibus. Hanno quindi collocato l'esplosivo in alcuni punti dell'edifìcio ancora in costruzione, prima di portare le guardie legate al di fuori del recinto. L'esplosione è avvenuta alcune ore più tardi, poco dopo le 5, ed è stata udita a molti chilometri di distanza. L'auto usata dal commando è stata ritrovata nel pomeriggio vicino a Francoforte. Era dal primo aprile del 1991 che la Raf" rispettava una tregua con lo Stato: dall'assassinio, nella sua casa di Dusseldorf, di Detlev Rohewedder, il presidente dell'ente responsabile della privatizzazione nell'ex Ddr, la «Treuhand». Da allora, la Raf aveva inviato messaggi contraddittori, segno pro¬ babile di contrasti in seno all'organizzazione: offerte di disarmo, smentite, nuove pro¬ poste di «pace». Anche di recente: alcuni giorni fa uno dei suoi capi storici, Brigitte Mohnhaupt, condannata all'ergastolo per alcuni omicidi e da tredici anni in carcere, è stata il primo dirigente del «nucleo duro» a pronunciarsi, dalle colonne della «Bild», in favore della rinuncia alla violenza. Le autorità tedesche hanno tuttavia manifestato timori d'attentato, dopo la decisione del tribunale di Duesseldorf di mantenere in carcere tre membri della Rote Armee Fraktion condannati all'ergastolo per l'assalto all'ambasciata tedesca di Stoccolma, nel 1975. Proprio sull'atteggiamento da tenere nei confronti delle «offerte di disarmo», si era sviluppata l'anno scorso una vivace polemica all'interno del governo. In una lettera di cinque pagine, la Raf annunciavano l'intenzione di sospendere «gli attacchi contro personalità economiche e politiche»; ma chiedeva in cambio la liberazione immediata «dei compagni che si trovano in precarie condizioni di salute o che da più tempo sono in carcere», compresi quelli riconosciuti colpevoli di omicidio e condannate a pene comprese fra i dodici anni e l'ergastolo. Gli altri avrebbero dovuto essere «raggruppati» in un solo carcere e per loro avrebbe dovuto finire l'isolamento. Altrimenti, minacciava il documento, «sarà la guerra». L'allora ministro della Giusti: zia Kinkel, oggi responsabile degli Esteri, aveva mostrato disponibilità alla trattativa, sollevando aspre proteste. Erano seguiti altri messaggi, aggressivi e concilianti; ma, finora almeno, nessuna «guerra». Sembrava finita: all'improvviso, ieri, a Bonn si è tornati ad aver paura. Emanuele Novazio

Luoghi citati: Assia, Bonn, Ddr, Francoforte, Germania, Stoccolma