«Eltsin presidente? Decidano i medici» di Foto Reuter

Un'altra giornata drammatica al Congresso, per il leader torna lo spettro dell'impeachment Un'altra giornata drammatica al Congresso, per il leader torna lo spettro dell'impeachment «Eltsin presidente? Decidano i medici» L'opposizione accusa-, è venuto ubriaco in Parlamento MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Scosso, nervoso, la voce bassa e il viso gonfio Boris Eltsin è salito ieri sera alla tribuna del Congresso per chiedere una pausa di una settimana e tentare di trovare insieme con i vertici di Parlamento, Corte Costituzionale e governo quell'intesa che mesi di scontri e di conflitti tra i poteri dell'incerto Stato russo hanno finora reso impossibile. Ma lo stato fisico del Presidente ha dominato il dopo Congresso più della politica: «Sembrava che avesse bevuto - ha detto Ghennadi Sayenko, deputato comunista - anche se non posso provarlo». L'opposizione chiederà una commissione d'inchiesta sullo stato di salute di Eltsin. Il suo portavoce Kostikov ha detto che il Presidente era affaticato «per una partita a tennis». Lui, poco dopo, è comparso in mezzo ai deputati che sciamavano verso l'uscita, forse per rassicurare: «Sono stanco, non dormo da tre notti. Per me sono giorni difficili, ho perso mia madre con la quale avevo vissuto per lungo tempo, anche dieci anni durissimi in una casupola. E' duro rassegnarsi alla sua scomparsa». Poi si è infilato il cappotto ed è uscito in strada a piedi. La televisione lo ha mostrato sorridente mentre stringeva le mani dei passanti. Forse oggi sarà alla manifestazione dei democratici. Una conclusione drammatica e imprevedibile di una giornata nervosa e confusa che pure in mattinata aveva assegnato al Presidente un punto importante in questa sfida politica mortale quando la richiesta di mettere all'ordine del giorno la sua destituzione aveva ottenuto la maggioranza dei voti (475 contro 337) non sufficiente però ad approvare la mozione. Nel pomeriggio la situazione si è rovesciata quando Nikolaj Riàbòv, vicepresidente-del Soviet Supremo, ha proposto al voto la risoluzione che avrebbe dovuto essere conclusiva. Essa prevedeva che il Presidente dovesse essere ritenuto personalmente responsabile dell'aggravamento del conflitto tra i poteri, la «liquidazione» del corpo dei rappresentanti di Eltsin nelle Regioni e nelle Repubbliche, il licenziamento dei funzionari dello staff che avevano partecipato alla stesura dell'appello pronunciato da Eltsin otto giorni fa alla tivù e dal quale è scaturì ta questa ultima fase della crisi. E' stato a questo punto che il Presidente ha chiesto la parola, raccogliendo anche qualche applauso dal calderone di un Con grosso dominato dalle emozioni più che dalle risoluzioni. «Vi chiedo di non adottare questa ri soluzione - ha detto Eltsin, con un tono che appariva più quello di una supplica che quello di una minaccia -: non eccitiamo il popolo, siamo sulla soglia di una contrapposizione». Eltsin ha così chiesto una set timana di tempo per se stesso, Khasbulatov, il presidente della Corte Costituzionale Zorkin (che lo ha applaudito a metà del suo intervento), il premier Cernomyrdin. Ha detto che il governo si può cambiare, non per farne un esecutivo «di coalizione» o di «fiducia nazionale» («Lo chiameremo così dopo, eventualmente»), ma un governo rafforzato con i rappresentanti di Regioni e associazioni sociali. L'intervento di Eltsin ha riacceso il fuoco in sala. La deputata Sorokina ha detto: «E' una ver- gogna» ed ha chiesto di votare per la sua destituzione; Vladimir Isakov ha gridato nel microfono: «Noi abbiamo fatto un passo verso il Presidente, lui è venuto ancora contro di noi». Nella confusione che Khasbulatov non riusciva più a controllare, si è votato di riprendere domani (oggi). Non c'è mai stata una seduta domenicale del Congresso. Inquietudine e tensione nei corridoi del Cremlino fino a sera. Con una strana decisione le guardie del Presidente hanno proibito l'uso dei telefonini all'interno del palazzo. Dalla Casa Bianca, sede del Soviet Supremo, arrivava la notizia che trecento uomini della divisione Dzerzhinskij (ministero dell'Interno) erano stati inviati nelle vie circostanti. I colpi di scena del pomeriggio hanno fatto passare in secondo piano le novità non piccole della mattinata. Innanzitutto l'appoggio dell'Unione Civica a Eltsin dichiarato da uno dei suoi leader, Nikolaij Travkin, che apriva la via al referendum voluto dal Presidente sulla fiducia a se stesso e alle elezioni anticipate del Parlamento in autunno. Le votazioni avrebbero dovuto chiarire le domande (su cui c'è dissenso) e il sistema elettorale da usare. Ma non s'è ancora votato. «Se perdo il referendum ha detto Eltsin - me ne vado». Cesare Martinetti Era terreo e gonfio e parlava a stento sulla tribuna Si è giustificato «Sono straziato dalla morte di mia madre» IhSS^hJ Fischi di manifestanti davanti al Parlamento Lo scontro fra i poteri sta disorientando la popolazione russa [FOTO REUTER]