I big, accusa per accusa

I big, accusa per accusa I big, accusa per accusa Dal terremoto al Mondiale '90 27 informazioni di garanzia NAPOLI. Sono quattro le inchieste condotte dai magistrati che indagano sullo scandalo delle tangenti a Napoli. Riguardano gli appalti concessi per la privatizzazione della nettezza urbana, il censimento e la gestione del patrimonio immobiliare del Comune, i lavori per i Mondiali '90, la ricostruzione post-terremoto. Le informazioni di garanzia emesse dai magistrati sono 27, e riguardano diciassette parlamentari e un ex deputato. I più noti, come i democristiani Enzo Scotti e Paolo Cirino Pomicino e il liberale Francesco De Lorenzo, hanno collezionato tre provvedimenti in sole 24 ore. Li segue di stretta misura il socialista Giulio Di Donato, con due «avvisi». Ma di cosa sono sospettati i nostri politici, e chi li accusa? SCOTTI. Le ipotesi di reato per lui sono di corruzione, concussione e abuso d'ufficio. Il primo ad accusarlo è stato un re del mattone, Bruno Brancaccio, che in tutte e quattro le inchieste veste i panni dell'imprenditore pentito. Dice il costruttore: «Ho dato soldi a un uomo della sua corrente, Aldo Boffa, in cambio dei lavori per la Linea tranviaria rapida». Poi c'è la confessione di Antonio Cigliano, ex assessore socialista alla Nettezza urbana arrestato per concussione: Vincenzo Scotti avrebbe stretto un patto con Giulio Di Donato per la spartizione degli appalti per la rimozione dei rifiuti. L'ex ministro degli Esteri è chiamato in causa anche da Silvano Masciari, socialista napoletano molto vicino a Di Donato: «Il leader de faceva parte del comitato d'affari che controllava da Roma il giro delle mazzette napoletane». Anche Alfredo Vito, il deputato doroteo che con una mossa a sorpresa ha deciso di collaborare con i magistrati, cita l'ex titolare della Farnesina: «Ho dato parte di una tangente da quattro miliardi e mezzo ad amici dell'area Scotti». Infine c'è la storia degli appalti per la ricostruzione del dopo-terremoto: Scotti, con Cirino Pomicino, Citaristi, Di Donato, De Lorenzo e Fantini, avrebbe incassato una bustarella da poco meno di due miliardi. Dopo le smentite dei giorni scorsi, l'ex ministro ha fatto sapere ieri di aver chiesto al procuratore della Repubblica di Napoli di essere ascoltato al più presto. DI DONATO. E' sospettato di corruzione, concussione e ricettazione. Lo accusa un suo compagno di partito, il deputato Raffaele Mastrantuono: «Gli ho consegnato soldi versati dal titolare del consorzio che ha vinto l'appalto per la raccolta dei rifiuti». Di Donato è inoltre accusato da un altro pentito, Silvano Masciari, di aver fatto parte del comitato d'affari che si sarebbe riunito a Roma e di aver stabilito, in un documento autografo, le quote spettanti alle componenti del partito. Anche l'ex vicesegretario del psi, infine, è indiziato per lo scandalo del dopo-terremoto. CIRINO POMICINO. Tre avvisi di garanzia per concussione, corruzione e ricettazione. Alfredo Vito e alcuni imprenditori dicono che ha incassato 1 miliardo e 100 milioni. Poi c'è la vicenda della ricostruzione, in cui l'ex ministro de è coinvolto con Scotti, Di Donato e gli altri parlamentari. DE LORENZO. Tre «avvisi» per abuso di ufficio, corruzione, concussione e ricettazione. A fare il nome dell'ex ministro della Sanità sono il suo segretario, Gianni Marone, e il costruttore Bruno Brancaccio: avrebbe ricevuto settanta milioni per il partito per i lavori della Linea tranviaria rapida. C'è dell'altro: anche il leader liberale avrebbe partecipato alle riunioni a Roma per la spartizione delle tangenti. GALASSO. Secondo Silvano Masciari, l'esponente repubblicano avrebbe fatto anche lui parte del comitato d'affari romano. Un consigliere napoletano suo buon amico, Vincenzo Molisso, avrebbe intascato altre tangenti. Galasso ha immediatamente annunciato le sue dimissioni da capogruppo del pri alla Camera, e si è autosospeso dal partito. IMPEGNO. Anche Berardino Impegno, deputato del pds, destinatario di un avviso di garanzia nell'ambito dell'inchiesta sui Mondiali '90, è chiamato in causa dagli imprenditori Brancaccio e Romeo. Dopo avere smentito, si è autosospeso dal pds. [f. mil.l

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