Con la testa nella bocca del leone

Vi siete ricordati dell'ora legale? LA STORIA Con la testa nella bocca del leone L j ULTIMA persona che si dice abbia messo la testa nella bocca del leone è Daniele. E aveva i suoi motivi. Un giovane londinese, Ben Silcock, ha tentato di fare la stessa cosa, sebbene il suo scopo dichiarato avesse poco a che fare con Dio e molto invece con la sua passione per i gattini. Per ogni genere di gattino. Passione un briciolo folle. Non pensava ad altro, la casa piena di gatti, veri e finti. Anzi, per quel che si sa, potrebbe aver pensato di essere lui stesso un gatto. Un commerciante di ferrivecchi che vive nell'appartamento sopra di lui ha detto: «Credo nutra il suo gatto meglio di se stesso. E quando non è dietro il gatto è lì che fa sculture di gatti in stile africano». Il fatto è che, allo zoo di Londra, ha gettato due polli crudi appena spennati nella fossa dei leoni e poi ha scalato una palizzata alta otto metri. Ha impiegato un po' di tempo a scalare la recinzione, mentre un sacco di gente stava a guardare. Quando è saltato al di là delle sbarre, forse qualcuno si è messo a strillare, ma la maggior parte dei passanti, in sintonia col tradizionale sangue freddo inglese, si è limitata a osservare pietrificata, come se stesse davanti al televisore. Magari il giovane era a caccia di pubblicità, e allora avrebbe trovato quello che cercava. O forse stava girando un carosello, e allora sarebbe stato ben pagato per affrontare il rischio. Un sorvegliante conosce la verità e si mette a urlare. Ben sorride accanto ai leoni. Purtroppo per lui, un leone asiatico di 160 chili, che si chiama Arfer, non soltanto apprezza la sua offerta votiva, ma anche lui stesso. E' un attimo. Ben, con la testa stretta tra le fauci, viene trascinato qua e là come un qualsiasi gradito bocconcino. Scatta l'allarme, le guardie agiscono senza esitazione, sparano in aria, il leone molla la presa. Ben viene portato in salvo: lo attende un'operazione di otto ore. Si sa poi che il giovane, figlio di uno stimato giornalista del Sunday Times, è stato da tempo riconosciuto schizofrenico. Passato da un ricovero all'altro per almeno cinque anni, ora viveva da solo, lontano dalla famiglia, in uno squallido monolocale arredato. «Un tipo timido e tranquillo - ricordano i suoi vicini -. Gli animali erano la sua vita, tutto quello che gli importava». I servizi sociali che dovrebbero prendersi cura dei malati di mente lo avevano abbandonato. Era affidato alla solidarietà della gente. Cioè lasciato a se stesso. Come previsto, quando la sua storia - un miscuglio di inettitudine, disperazione e Charles Dickens - rimbalzò sulla stampa inglese si levò un coro di proteste, messaggi ardenti e compassionevoli arrivarono da ogni parte. L'opinione pubblica si spaccò in due, assumendo altrettante posizioni: una inverosimile, sui diritti degli animali (il diritto di mangiare la gente?); l'altra prevedibile, sui diritti dei malati di mente. II tono della prima è stato dato da una lettera della signora Morris all'Independent. «Caro direttore - scrisse -, onore all'uomo che scavalcando il Ketth Botsford CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA

Persone citate: Botsford, Charles Dickens

Luoghi citati: Londra