Milano
Enel, Bitetto torna in cella Milano Enel, Bitetto torna in cella MILANO. Aveva raccontato ai magistrati tutto il raccontabile sulle tangenti all'Enel. O meglio, non proprio tutto: «qualcosa» pare si sia scordato. E siccome queste dimenticanze non sono gradite, Valerio Bitetto è finito a San Vittore. Ex consigliere socialista all'Enel, aveva descritto l'ente energetico come enorme volano di contributi per quasi tutti i partiti: non c'era appalto su cui non fosse prevista tangente, e i consiglieri rispondevano direttamente alle segreterie nazionali. Lui almeno così si comportava per il psi e le sue dichiarazioni sono diventate così uno degli elementi portanti delle accuse contro Bettino Craxi (che ha ripagato Bitetto definendolo «un cretino»). Ma di una tangente Bitetto si era «dimenticato»: quattro miliardi pagati dal Nuovo Pignone, azienda del gruppo Eni, per poter partecipare a una commessa di turbine. Così adesso è finito in carcere (la prima volta se l'era cavata con gli arresti domiciliari) per corruzione e violazione della legge sul finanziamento ai partiti. Di concussione sono invece accusati altri due arrestati di ieri: Giancarlo Albini, ex presidente di Lombardia informatica, e il suo vice Antonio Tonali. E resta a San Vittore Gabriele Cagliari, presidente dell'Eni: il pm ha in fatti espresso parere negativo alla sua istanza di scarcerazione. Si sono apprese intanto le mo tivazioni con cui il tribunale di Milano ha condannato a due an ni Enzo Carra, l'ex portavoce di Forlani, considerato responsabile di aver fornito false dichiara zioni al pubblico ministero. Tutto parte dalle dichiarazio ni di Graziano Moro, già del di partimento economico della de, il quale raccontava, a proposito dell'affare Enimont, di un colloquio con Carra in cui quest'ultimo gli raccomandava di «stare vicino al consigliere Eni Alberto Grotti, perché aveva il merito di aver fatto pervenire alla de un contributo di 5 miliardi». Carra, ricordano i giudici, dapprincipio negava il colloquio, poi ammet teva che poteva esserci stato ma negava di aver mai parlato di un contributo di 5 miliardi. Secondo il tribunale le dichia razioni di Moro «appaiono pie namente credibili», mentre Car ra «ha taciuto dolosamente il merito del colloquio» e, con la sua reticenza, «ha impedito che gli mquirenti venissero in pos sesso di notizie che avrebbero consentito l'approfondimento delle indagini».
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