I dubbi della Rossanda di R. I.

I dubbi della Rossanda I dubbi della Rossanda «Manifesto» fra vecchio e nuovo «Non sappiamo non dirci comunisti» ROMA. «Chi siamo, dove andiamo e preferibilmente con chi?». Se lo chiede Rossana Rossanda, sul e a proposito del «manifesto», al termine di ben nove giorni di fitto dibattito in redazione. E ammette: lo storico quotidiano comunista patisce molti dubbi e attraversa «qualche tempesta». Il che, sottolinea la Rossanda, è abbastanza naturale «dopo 22 anni di vita». Le domande del «manifesto» sono due, riconducibili a uno scontro tra vecchio e nuovo: l'una, se abbia ancora senso dirsi comunisti; l'altra, quale sia la figura di riferimento del quotidiano. «La faccenda del vecchio e del nuovo spiega la Rossanda -, dalla quale tutti hanno tentato di divincolarsi, agisce anche da noi come ovunque». Da una parte i padri fondatori del giornale: il direttore Luigi Pintor, Valentino Parlato e la stessa Rossanda, «i meno giovani, dato anagraficamente indiscutibile ma sommamente fastidioso». Dall'altra la fronda di Giorgio Moltedo, vicina a Occhetto. Questione n. 1. «Per quelli di noi che si dicono comunisti - spiega la Rossanda - i cambiamenti mondiali implicano una rivisitazione molto aspra del passato e delle sue categorie e una verifica della griglia marxista sul presente. Per altri non è così, non serve: al giornale comunista sarebbe meglio sostituire un foglio che si dia come finalità l'essere un "luogo di voci diverse"». Questione n. 2. «E' ancora il salariato la figura sociale su cui si forma il soggetto che non accetta le regole della nostra società?». Sì, dicono i padri fondatori, e tentano «di riaggregare un blocco sociale». No, dice la fronda, e «sposta l'interesse sulle "vie di fuga" e lo "stato nummo"». La questione, come si vede, non è da poco: qualora vincesse il nuovo, il «manifesto» cambierebbe completamente, diventando da strumento politico di intervento, un giornale di qualità per un pubblico non connotato ma «aperto e intelligente». La Rossanda si rivolge ai lettori: «Vogliamo attraversare la tempesta senza guerre, senza l'idiozia delle "pulizie etniche". Aiutateci». [r. i. ]

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