L'Antimafia accusa Nicolazzi di Francesco Grignetti

Dagli archivi esce una vicenda di riciclaggio che coinvolge l'ex segretario psdi e l'on. Massari Dagli archivi esce una vicenda di riciclaggio che coinvolge l'ex segretario psdi e l'on. Massari L'Antimafia accusa Nicolazzi «Socio del boss, inchiesta depistata» ROMA. Mafia e politica, si aprono i primi capitoli. E subito vengono a galla vecchie storie di coinvolgimenti e depistaggi con nomi eccellenti in primo piano. Franco Nicolazzi, ad esempio, socialdemocratico di Novara, a lungo ministro e segretario del partito. Oppure Renato Massari, socialista milanese, già socialdemocratico, oggi coinvolto nell'inchiesta di Tangentopoli. Sono i primi due politici all'attenzione della commissione Antimafia. I loro nomi erano segnalati in un rapporto «riservato» della Criminalpol in quanto soci d'affari della mafia perdente di don Tano Badalamenti. Peccato che non si sia mai saputo nulla. Il rapporto fu manomesso, i riferimenti ai due socialdemocratici spariti. Con il giudice Falcone, che indagava sui riciclaggi della mafia, la polizia non collaborò lealmente. E la riscoperta del caso, oggi, è merito del leghista Mario Borghezio, che ha ricostruito le tracce di questo grande depistaggio scartabellando i documenti dell'Antimafia. E' una storia complicata e misteriosa, quella di Nicolazzi e Massari, come ogni intreccio politico-mafioso che si rispetti. Nel 1982 la polizia spagnola sgomina un'infiltrazione di mafiosi in trasferta, ad Alicante. Dalla lontana Sicilia il giudice Falcone invia indicazioni preziose. E così vengono alla luce gli investimenti immobiliari (alberghi, ville, negozi, appartamenti) dei mafiosi «perdenti» tra Nizza, Montecarlo e Alicante. Non solo. La polizia spagnola arresta il mafioso Rodolfo Azzoli. Poi fa irruzione in un appartamento di Benidorm (di proprietà di Salvatore Grado, cugino di Totuccio Contorno) e arresta un faccendiere milanese, tal Roberto Termini. I due parlano. Raccontano che si trovavano in Spagna per fare operazioni immobiliari con i soldi della mafia, in particolare del clan di Tano Badalamenti. Raccontano anche che sono interessati alla loro società anche i due onorevoli socialdemocratici Franco Nicolazzi e Renato Massari. Apriti cielo. Nicolazzi in quel momento è un ministro sulla cresta dell'onda. Comanda gli appalti in mezza Italia dalla poltrona dei Lavori Pubblici e si prepara al grande salto alla segreteria. Renato Massari è un altro socialdemocratico di rango, leader del psdi milanese, deputato senza interruzioni dal 1963. Una lunga carriera, macchiata per la prima volta l'anno prima quando il suo nome era stato scoperto tra le liste della P2. Insomma, si tratta di due personaggi eccellenti. Ed ecco che il rapporto della Criminalpol che ricostruisce tutta la vicenda spagnola diventa una patata bollente. Il povero maresciallo di Ps che lo redige viene sottoposto a non meglio precisate pressioni. Alla fine, al giudice Falcone arriva una seconda versione del rapporto, «ripulita» di ogni riferimento ai politici. Insomma, Falcone viene tenuto all'oscuro. E se i due nomi fanno capolino nella sua inchiesta, in mancanza di prove è obbligatoria l'archiviazione. La storia di Nicolazzi e di Massari a questo punto potrebbe restare sepolta nei cassetti per sempre, se il senatore pei Sergio Flamigni non avesse fatto un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno. Flamigni forse neppure sa chi sono i due politici in questione. Dice soltanto che c'è stata un'omissione. Gli risponde Oscar Luigi Scalfaro, all'epoca ministro dell'Interno: «La ringrazio per la segnalazione, senatore. Faremo un'approfondita indagine interna». Da allora - era il lontano 1984 - non se ne saprà più nulla. Neanche una parola fino al 28 gennaio di quest'anno, quando il capo della polizia Parisi si presentò all'Antimafia e consegnò il rapporto originale (quello completo con tutti i nomi e cognomi) più il risultato dell'inchiesta amministrativa. E si sa come andò a finire soltanto perché il ministero sospettò Bruno Contrada di essere l'insabbiatore. La storia di Nicolazzi e di Massari, infatti, è tornata alla luce grazie a un paradosso. Con l'arresto di Contrada - che si trova ancora nel carcere militare di Forte Boccea - la commissione Antimafia ha potuto leggere tutti i documenti che riguardano lo 007 accusato di essere mafioso. E tra le varie carte, ci sono anche le tracce del «processo» interno che Contrada subì nel 1985. Negli anni intorno al 1982, infatti, Contrada era un dirigente della Criminalpol di Palermo. Era accusato sottovoce di essere «troppo» amico di Badalamenti. Insomma, pensarono che fosse lui l'insabbiatore. Il Viminale lo richiamò a Roma e indagò. Diciamo subito che Contrada fu assolto con formula piena. Il prefetto Pollio, che nel 1985 comandava la Criminalpol, lo scagionò da ogni accusa. E così Contrada potè uscire a testa alta da tutta la vicenda e anzi venne promosso. Restano in archivio, però, le tracce del «processo» interno. Ed ecco che quel vago riferimento diventa una sorta di spia luminosa. E' un «leggimi-leggimi» che al deputato leghista Borghezio non passa inosservato. Che storia è questa, di un rapporto mai inoltrato alla magistratura? Chi sono i politici coinvolti? Il 28 gennaio Borghezio chiede informazioni al governo. Il pomeriggio stesso, Parisi si presenta all'Antimafia e racconta tutta la vicenda. Allega i documenti originali. Per la prima volta, così, i parlamentari possono leggere che un ministro della Repubbblica e un suo collega di partito avevano fondato con i malavitosi Azzoli e Termini una «società per la costruzione di ville nella zona costiera tra Alicante e Benidorm». Che il Termini, arrestato dalla polizia spagnola in dolce compagnia, «attendeva una telefonata dai due uomini politici, ai quali doveva riferire come andavano le trattative». E che in un altro appartamento, sempre nella cittadina spagnola, dove viveva l'Azzoli, era stata scoperta la «documentazione». Tutto questo, a Giovanni Falcone, non fu mai riferito. Qualcosa gli fu detto, forse, dalle autorità spagnole che invece erano contentissime della collaborazione. Piaceva molto, agli spagnoli, quel giudice che da Palermo lottava contro le infiltrazioni mafiose in casa loro. Il mese scorso gli hanno anche dedicato una strada e un monumento, in segno di «ringraziamento». Francesco Grignetti Intreccio scoperto da Falcone Mai verbali furono manomessi L'onorevole Renato Massari, del psi Il giudice Giovanni Falcone (sotto) Bruno Contrada (a sinistra) e in alto a destra Franco Nicolazzi, ex segretario del psdi