Lo sfascio del regime straccia anche la velina

Lo sfascio del regime straccia anche la velina Lo sfascio del regime straccia anche la velina E SMENTITE ROMA. Li rovina, la velina. Velina bianca magnanimamente proscioglie il capo del governo, che pure gli ha sparato addosso. Velina rossa non si piega alle smentite di Occhetto, anzi gli insegna come si fa politica. E davvero pon c'è più religione, nella sala stampa di Montecitorio. Il governo contro la velina cosiddetta governativa. Il pds contro la velina del pds. Comunque: Vittorio Orefice, che l'altro giorno in pieno Transatlantico s'era sentito dare del «mestatore» dal presidente del Consiglio, ha ritenuto di concedere un plateale perdono: «Giuliano Amato ha evidentemente scherzato - si è letto in fondo alla nota del 18 marzo - non gliene voglio perché è una brava persona». Poi, giusto un po' pedagogico, come chi ha contribuito a fondare un genere: «Il mio compito non consiste nel mettere in giro le voci, ma nel registrarle come appunto ho fatto a conclusione della nota». Riassunto. Le voci, che in linea di massima buttano un po' sull'enfatico-drammatizzante e in questi mesi sul catastrofico-parossistico, davano Amato a un passo dall'abbandono. Orefice, che non è nato ieri, si era tenuto in bilico tra dimissioni sì e dimissioni no. Ma ecco che in quella raffigurazione di debolezza, piovuta alle sette di sera più o meno in tutte le redazioni e riverberatasi nella quasi generalità dei titoli del giorno seguente, Amato aveva sentito odore di manovra. Di qui l'ira funesta, la voglia di venire a Montecitorio per farsi scorciare il capello e il «mestatore» ad Orefice. Che gli aveva risposto, maliziosetto: «Si vede che lei, presidente, forse non ha orecchie in Parlamento». Come a dire: qui tutti ti danno per spacciato, e tu, benedetto Amato, neanche lo sai. Ora però, dopo il perdono, l'incidente pare chiuso. E magari con la bella stagione torneranno a giocare a tennis ad Ansedonia. Ma intanto ieri è stata la giornata di Pasquale Laurito, autore e inventore della velina rossa, voce ufficiosa del pds, assai ascoltato da una piccola tribù di giornalisti soprannominati «i lauritos». Bene, in mattinata l'ufficio stampa delle Botteghe Oscure ha smentito, anche se con l'aria di chi non ne conosce neanche l'esistenza, il secondo quarto della nota lauritiana del giorno precedente. Si trattava di un bizzarro, effettivamente, ma non per questo meno plausibile Occhetto che prometteva sfracelli e svolte più svolte delle svolte della Bolognina (due, per ora). Ma ecco l'imprevedibile. E cioè che di fronte alla smentita del pds, la voce ufficiosa del pds ha tenuto il punto. Quelle cose lì Occhetto le ha dette lunedì scorso, all'ingresso di Montecitorio, dopo un'intervista a Radio radicale. Ed ha fatto bene, Occhetto, e non ancora sazio Laurito cercava di fargli capire che c'era una logica in quella follia e che era stato un errore, la smentita. E va da sé che la rilevanza dei due episodi, assai più che la politica, riguarda la comunicazione, e soprattutto quel particolarissimo strumento, appunto la velina, che fa parte sì dell'informazione, ma anche nel senso di orientarla, influenzarla e condizionarla. E che, per superbia, o per la sua nascita nel cuore del cuore del potere, o per tutte e due le cose, non ha mai previsto di ospitare alcuna forma di rettifica. Anche se i cortocircuiti di questi giorni lasciano pensare che qualcosa stia cambiando, che si sta chiudendo una fase. E anche la velina, com'è ovvio, risente dell'atmosfera da fine regime, e sulla velina si divide Montecitorio. Dove, oltre a quelle di Orefice e Laurito, ne esistono altre, e dove la convivenza determina colorite rivalità e addirittura forme di strisciante ti- foseria, come testimoniano questi versi in lode della «Vittoria», cioè di quella di Vittorio Orefice, che una mano anonima ha infilato sotto il vetro della scrivania del sullodato. Dunque: «La velina che fa Benso/ dà notizie senza senso./ Poi Laurito fa la "rossa"/ e al pei scava la fossa./ Leggi quella di Carloni/ e ti rompi li cojoni./ Quando arriva la "Vittoria"/ leggi pagine di storia». E in realtà, più che pagine di storia, sono brandelli di cronaca, e mica tanto rassicurante: «Fiato sospeso», «forti turbolenze», «in una situazione di grande inquietudine», «il cupo tam tam dei "si dice"», «un'altra giornata di sussurri e grida». Filippo Cec carelli II giornalista televisivo Vittorio Orefice

Luoghi citati: Ansedonia, Roma